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Italia > Opinioni e dibattiti

Referendum costituzionale sulla magistratura, andare oltre gli slogan

di Massimo Niro

- Fonte: Città Nuova

La separazione delle carriere dei magistrati è una  misura  inutile  nell’attuale  contesto  normativo  e  istituzionale,  della  quale  non  si  ravvisa  affatto  la  necessità. Più seri alcuni effetti della riforma. Il sorteggio alle cariche del CSM, invece, sacrifica  il  valore  del  pluralismo  culturale  che  pure  le  correnti  in  passato  hanno  rappresentato  all’interno  dell’organo  di  auto-governo  della  magistratura che occorre ricordare è  un  organo  dello  Stato  cui  è  affidata  una  funzione  importante  e  delicata,  non  una  contro-parte  politica  di  chicchessia. Contributo al dibattito per il Focus promosso su cittanuova.it in vista della scadenza referendaria della Primavera 2026

Inaugurazione dell’anno giudiziario a Napoli con il ministro Carlo Nordio contestato dai magistrati che hanno . mostrato la costituzione 25 GENNAIO 2025 ANSA / CIRO FUSCO

“ La  riforma  costituzionale  della  magistratura  non  è  solo  separazione  delle  carriere  tra  giudici  e  pubblici  ministeri “

 La  discussione  pubblica  sui  temi  della  giustizia  e  dell’assetto  della  magistratura  è  sovente  viziata, nel  nostro  Paese, da  atteggiamenti  polemici  e  faziosi, che  non  consentono  di  esaminare  questi  temi  con  la  necessaria  ponderazione  e  con  il  necessario  equilibrio :  si  tratta  di  un  vizio  risalente  nel  tempo, in  conseguenza  del  quale  molti  dibattiti  intorno al  funzionamento  della  giustizia  e  ai  comportamenti  della  magistratura  sono  caratterizzati  da  posizioni  preconcette  e  polarizzate  in  senso  politico.

È  comprensibile  che  ogni  schieramento  politico  abbia  le  sue  idee  e  le  sue  convinzioni  sul  sistema  giudiziario  e  sul  ruolo  dei  magistrati,  ma  ciò  non  dovrebbe  alterare  i  termini  reali  delle  questioni  e  soprattutto  non  dovrebbe  impedire  un  confronto  effettivo  sul  merito  dei  problemi,  senza  sovrastrutture  e  condizionamenti  ideologici.

Questa  premessa  appare  necessaria  di  fronte  alla  riforma  costituzionale  della  magistratura  approvata  definitivamente  dalle  Camere  il  30  ottobre  scorso, con  le  procedure  e  le  tempistiche  stabilite  dall’art.138  della  Costituzione,  che  appunto  riguarda  l’approvazione  delle  leggi  di  revisione  della  Costituzione  e  delle  altre  leggi  costituzionali,  approvazione  che  segue  ovviamente  un  percorso  più  lungo  e  più  complicato  di  quello  previsto  per  le  leggi  ordinarie.  Infatti, anche  in  questo  caso,  di  fronte  ad  una  modifica  di  alcune  norme  costituzionali  sulla  magistratura,  lo  spirito  di  faziosità  e  di  contrapposizione  aprioristica  sembra  connotare  molte  delle  posizioni  assunte  dalle  forze  politiche, sia  di  maggioranza  che  di  opposizione.

Ora, poiché  questa  riforma  costituzionale  è  stata  approvata  con  la  maggioranza  assoluta  dei  componenti  di  ciascuna  Camera  nella  seconda  votazione,  ma  non  con  la  maggioranza  di  due  terzi,  si  farà  luogo  a  referendum  sulla  stessa, dal  momento  che  sono  già  state  depositate  ben  quattro  richieste  da  parte  di  parlamentari ( v. art.138, 2° e  3° comma, Cost. ) :  dunque, sarà  necessario  che  i  cittadini  chiamati  a  votare  nel  referendum  vengano  informati  in  modo  esauriente  e  corretto  sui  contenuti  della  riforma  e  sul  significato  delle  modifiche  apportate  ad  alcuni  articoli  della  Costituzione.

Il  tempo  per  informarsi  adeguatamente  non  manca, visto  che  il  referendum  si  svolgerà  non  prima  di  marzo  2026,  ma  la  complessità – e  il  tecnicismo  giuridico – dei  temi  affrontati  dalla  riforma  richiede  da  subito  un  impegno  fattivo  e  costruttivo  per  una  informazione  completa  e  tendenzialmente  obiettiva  della  cittadinanza ( si  spera  che  anche  il  servizio  pubblico  radiotelevisivo  farà  la  sua  parte ).   Il  pericolo  da  evitare  è  che  il  voto  popolare  nel  referendum  non  sia  espresso  sul  merito  delle  modifiche  apportate  dalla  riforma,  ma  sulla  appartenenza  politica  e  sugli  slogan  elaborati  da  ciascuno  schieramento.

1.L’iter  parlamentare  e  il  testo  della  riforma  approvato  in via  definitiva  il  30  ottobre  2025.

Prima  di  analizzare  il  testo  degli  articoli  della  riforma, è  opportuno  precisare  qualcosa  sull’iter  parlamentare  della  stessa :  diversi  commentatori  hanno  sottolineato  in  senso  negativo  la  circostanza  che  il  testo  della  riforma  proposto  inizialmente  dal  Governo  non  sia  stato  minimamente  modificato  nel  corso  dei  lavori  parlamentari,  così  da  dar  luogo  a  una  vera e  propria  “blindatura “ del  testo ( cfr. l’intervista  di  Francesco  Grignetti  all’ex  magistrato  Edmondo  Bruti Liberati  dal  titolo  “ Vogliono  riformare  i  magistrati, non  la  giustizia – L’obiettivo  è  cambiare  gli  equilibri  tra  i  poteri “,  La  Stampa  dell’11  novembre  2025 ).

In  questo  modo, tra  l’altro, non  si  è  dato  ascolto  a  rilievi  formulati  anche  da  esperti  vicini  all’attuale  maggioranza  di  governo, come  il  consigliere  laico  del  C.S.M.  Felice  Giuffrè,  il  quale  proponeva  correzioni  del  testo  per  smussare  o  risolvere  alcune  delle  sue  principali  criticità :  rilievi  che, invece, non  sono  stati  presi  in  considerazione,  « perché  bisognava  fare  tutto  in  gran  fretta, senza  che  il  Parlamento  toccasse  una  virgola  dell’unica  riforma  istituzionale  che  il  governo  sarà  in  grado  di  varare  entro la  fine  della  legislatura » ( così  il  giornalista  Giovanni  Bianconi  nell’editoriale  “ Errori  e  slogan  sulla  giustizia “Corriere   della  Sera  del  31  ottobre  2025 ).

È  evidente  che  la  fretta  nell’approvare  una  legge  di  revisione  costituzionale  sia  fuori  luogo, laddove  è  molto  opportuno  consentire  un  ampio  dibattito  in  Parlamento  per  permettere  correzioni  e  miglioramenti  del  testo  di  una  legge  che  modifica  in  alcune  parti  la  Costituzione  vigente.

 

  1. I punti salienti  della  riforma  e  le  sue  principali  criticità.

Il  testo  della  legge  costituzionale  approvato  definitivamente  dal  Senato  il  30  ottobre  2025  reca  “ Norme  in  materia  di  ordinamento  giurisdizionale  e  di  istituzione  della  Corte  disciplinare “ :  di  fatto, però, è  conosciuto  quasi  da  tutti  come  legge  costituzionale  sulla  separazione  delle  carriere  tra  giudici ( magistrati  giudicanti ) e  pubblici  ministeri ( magistrati  requirenti ).   Partiamo  da  qui :  è  corretto  qualificare  questa  riforma  come  la  riforma  che  ha  introdotto la  separazione  delle  carriere  in  magistratura ?

Sì e no, a  parere  di  chi  scrive :  nel  senso  che  la  riforma  si  occupa  sì  di  separazione  delle  carriere  tra  giudici  e  pubblici  ministeri,  ma  non  solo  di  questo  e  gli  altri  contenuti  della  riforma  sono  quelli  più  qualificanti  e  nel  contempo  più  preoccupanti, dal  punto  di  vista  costituzionale.  Quindi, non  è  casuale  che  il  titolo  della  legge  costituzionale  in  esame  non  accenni  alla  separazione  delle  carriere,  bensì – più  in  generale –  alla  disciplina  dell’ordinamento  giurisdizionale  e, nello  specifico, alla  istituzione  della  Corte  disciplinare.

Si  condivide, al  riguardo, l’opinione  di  chi  ha  osservato  che  « Nella  legge  c’è  anche  la  separazione  delle  carriere, ma  il  piatto  forte  è  lo  sdoppiamento  del  Csm, il  sorteggio  tra  i  magistrati, lo  scorporo  della  funzione  disciplinare  a  favore  di  una  Alta  corte  di  disciplina». (E. Bruti  Liberati  nell’intervista  a  F. Grignetti  sopra  citata ).

Quanto  alla  separazione  delle  carriere  in  sé  considerata,  va  detto  che  l’idea  di  introdurla  nel  nostro  sistema  è  antica  ed  è  stata  corroborata  dall’approvazione  del  codice  di  procedura  penale  di cui  al  D.P.R. 22  settembre  1988, n. 447,  noto  come  codice  Vassalli  dal  nome  del  Guardasigilli  che  lo  ha  proposto :  codice  di  stampo  accusatorio  fondato  sulla  parità  delle  armi  tra  accusa ( impersonata  dal  pubblico  ministero ) e  difesa, sul  contraddittorio  come  principio  regolatore  del  processo, sulla  formazione  della  prova  nel  dibattimento.

Questi  princìpi  recepiti  dal  codice  del  1988  sono  stati  poi  rinforzati  e  introdotti  in  Costituzione  con  la  legge  costituzionale  23  novembre  1999, n. 2,  nota  come  legge  sul  “giusto  processo “,  che  ha  modificato  l’art.111  Cost.  aggiungendovi  i  primi  cinque  commi. 

Proprio  dal  secondo  comma  dell’art.111,  così  come  modificato  dalla  legge  costituzionale  n.2 del 1999,  secondo  il  quale  ogni  processo  si  deve  svolgere  nel  contraddittorio  tra  le  parti, in  condizioni  di  parità, davanti  a  “ giudice  terzo  e  imparziale “,  alcuni  interpreti  hanno  desunto  la  necessità  che  il  giudice  abbia  un  differente  status  ordinamentale  rispetto  al  pubblico  ministero :  anche  se, invece, «L’attuale  assetto  normativo  ha  optato  per  una  soluzione  di  compromesso – di  separazione  non  delle  carriere, ma  delle  funzioni –  nel  limitato  senso  di  rendere  eccezionali  e  presidiati  da  garanzie  i  passaggi  dalla  magistratura  giudicante  a  quella  inquirente  e  viceversa» ( così  il  giurista  Glauco  Giostra  nel  libro  “ Prima  lezione  sulla  giustizia  penale “,  nuova  edizione, 2025,  pag. 60 ).

Ecco  affacciarsi  la  distinzione  tra  separazione  delle  carriere, introdotta  con  la  riforma  del  30  ottobre  2025,  e  separazione  delle  funzioni  :  ma  quest’ultima, come  accennato  da  Giostra, esiste  già  nel  nostro  ordinamento, in quanto  con  la  c.d. riforma  Cartabia  dell’ordinamento  giudiziario, approvata  con  legge 17 giugno  2022, n.71, è  stata  molto  limitata  la  possibilità  per  un  magistrato  di  passare  dalle  funzioni  giudicanti  a  quelle  requirenti ( e  viceversa ), passaggio  consentito  una  sola  volta  nell’arco  della  carriera  nei  primi  nove  anni  di  esercizio  delle  funzioni  e, solo  in  casi  eccezionali, anche  successivamente ( art.12  della  legge  71/2022 ).

Quindi, già  oggi  il  passaggio  da  giudice  a  pubblico  ministero  o  da  pubblico  ministero  a  giudice  è  drasticamente  limitato : infatti, i   mutamenti  di  funzioni  si  attestano  su  percentuali  molto  esigue ( intorno  all’1% ).  Allora, se  già  è  operante  una  separazione  delle  funzioni  giudicanti  e  requirenti  piuttosto  stringente,  è  proprio  necessario  introdurre  due  “distinte  carriere “,  quella  dei  magistrati  giudicanti  e  quella  dei  magistrati  requirenti, come  fa  la  legge  costituzionale  da  poco  approvata  dal  nostro  Parlamento ?

A  parere  di  chi  scrive  ciò  non  è  necessario :  e  questa  opinione  è  condivisa  da  un  autorevole  costituzionalista,  secondo  il  quale  la  “separazione  delle  funzioni “  realizzata  dal  citato  intervento  legislativo  del  2022  «appare  ragionevole  attuazione  del  principio  della  parità  tra  accusa  e  difesa  nel  processo» ( Marco  Ruotolo, “ Separazione  delle  carriere – È possibile  un  confronto  pacato ? “,  Quotidiano  del  Sud  del  16  novembre  2025 ).

Ciò  premesso  e  rilevato  che  «Separare  le  carriere  di  giudice  e  di  PM  può  voler  dire  caratterizzare  professionalmente  quest’ultimo  come  una  sorta  di  ‘avvocato dell’accusa’, non  portatore  dell’interesse  pubblico  alla  ricerca  della  verità…, ma  strenuo  sostenitore  delle  ragioni  dell’imputazione  prima  e  della  condanna  poi»  ( ancora  M. Ruotolo, articolo  cit.), va  pur  detto  che  la  separazione  delle  carriere  in  sé  e  per  sé  non  è  una  misura  anti-democratica  e  diretta  univocamente  a  compromettere  l’autonomia  e  l’indipendenza  della  magistratura :  è  semmai, come  già  anticipato, una  misura  inutile  nell’attuale  contesto  normativo  e  istituzionale,  della  quale  non  si  ravvisa  affatto  la  necessità.

Inoltre, ci  sono  gli  altri  aspetti  della  riforma  in  discussione  che  suscitano  non  poche  perplessità, a  cominciare  dallo  sdoppiamento  del  Consiglio  superiore  della  magistratura  in  due,  quello  giudicante  e  quello  requirente ( art.104, secondo  comma, Cost., come  modificato  dall’art. 3  della  nuova  legge ).  In  questo  modo  si  rischia  che  il  pubblico  ministero, separato  dai  giudici  anche  nell’organo  di  auto-governo, diventi  un  organismo  auto-referenziale  e  lontano  dalla  cultura  comune  della  giurisdizione ( così  Gian Carlo  Caselli  e  Vittorio  Barosio  nell’articolo  “ Se la  riforma  dimentica  la  durata  dei  processi “,  La  Stampa  dell’11  novembre  2025,  ove  gli  autori  prevedono  che  i  P.M. diventeranno  “ una  sorta  di  ‘corpo  separato’,  senza  contrappesi  e  libero  da  vincoli…” ).

Ancora, lo  sdoppiamento  del  C.S.M. in  due  distinti  organismi, uno  per  i  giudici  e  uno  per  i  pubblici  ministeri,  rischia  di  indebolirne  il  ruolo  e  la  funzionalità  complessiva,  con  l’effetto  che  si  mantiene  sì  la  proclamazione  dell’indipendenza  della  magistratura, sia  di  quella  giudicante  che  di  quella  requirente,  ma  si  riduce  la  tutela  della  stessa  indipendenza  da  parte  dell’organo, quale  il  Consiglio  superiore  della  magistratura, che  è  chiamato  a  garantirla, la  cui  voce, a  seguito  dello  sdoppiamento, risulterebbe  ridimensionata ( in  questo  senso  E. Bruti  Liberati  nell’intervista  cit. ).

Questi  pericoli  ci  sono  e  vanno – a  mio  parere – sottolineati,  ma  nel  contempo  si  ribadisce  che, allo  stato, la  riforma  costituzionale  in  esame  non  colloca  i  pubblici  ministeri  fuori  dalla  giurisdizione  e  sotto  il  controllo  del  potere  esecutivo :  per  giungere  a  questa  nefasta  conseguenza, essa  sì  in  frontale  contrasto  con  la  garanzia  di  indipendenza  dell’ordine  giudiziario, occorrono  altri  interventi  e  altre  modifiche  costituzionali, ad  esempio  sul  principio  di  obbligatorietà  dell’azione  penale ( art.112  Cost. :  “ Il  pubblico  ministero  ha  l’obbligo  di  esercitare  l’azione  penale. “ ).

Un  altro  punto  critico, certamente  opinabile, della  legge  costituzionale  in  questione  è  costituito  dalla  previsione  del  sorteggio  come  metodo  per  la  selezione  dei  magistrati, sia  giudicanti  che  requirenti, chiamati  a  far  parte  dei  due  Consigli  superiori  della  magistratura  di  nuova  istituzione.   Ora, è  opportuno  ricordare  che  in  base  al  testo  attualmente  vigente  dell’art.104  Cost.  i  componenti  “togati” ( cioè  provenienti  dalla  magistratura )  del  C.S.M., nella  proporzione  di  due  terzi  dell’organo,  sono  “ eletti “  da  tutti  i  magistrati  ordinari  tra  gli  appartenenti  alle  varie  categorie,  mentre  i  componenti  “laici”  del  Consiglio, nella  proporzione  residua  di  un  terzo,  sono  eletti  dal  Parlamento  in  seduta  comune  tra  professori  ordinari  di  università  in  materie  giuridiche  e  avvocati  dopo  quindici  anni  di  esercizio ( art.104, quarto comma ).

Con  la  nuova  legge  costituzionale, invece, la  predetta  disposizione  è  modificata  nel  senso  che  i  componenti  togati  di  ciascun  Consiglio, sempre  nella  proporzione  di  due  terzi,  sono “estratti  a  sorte “  tra  i  magistrati  giudicanti  e  tra  i  magistrati  requirenti,  nel  numero  e  secondo  le  procedure  previsti  dalla  legge ;  mentre  i  componenti  laici  di  ciascun  organismo, sempre  nella  proporzione  di  un  terzo,  sono  sì  estratti  a  sorte,  ma  «da  un  elenco  di  professori  ordinari  di  università  in  materie  giuridiche  e  di  avvocati  con  almeno  quindici  anni  di  esercizio, che  il  Parlamento  in  seduta  comune, entro  sei  mesi  dall’insediamento, compila  mediante  elezione» ( art. 3  della  riforma, che  così  modifica  il  quarto  comma  dell’art.104  della  Costituzione ).

Questa  distinzione  nella  selezione  dei  membri  laici  e  dei  membri  togati  dei  due  C.S.M.  non  ha  molto  senso  né  giustificazione  ed  è  stata  evidenziata  criticamente  dai  commentatori  più  attenti  della  riforma ( cfr. Michele  Filippelli  e  Cataldo  Intrieri,  “ Una  riforma  per  cancellare  Montesquieu “,  Domani  dell’11  novembre  2025 ).

Più  in  generale  il  metodo  del  sorteggio,  giustificato  con  la  necessità  di  superare  il  sistema  delle  “correnti “  dei  magistrati  e  le  sue  recenti  degenerazioni  in  seno  al  C.S.M. (come  disvelato  dall’affaire  Palamara,  magistrato  componente  del  Consiglio  condannato  in  sede  disciplinare  alla  sanzione  più  grave  per  una  serie  di  comportamenti  legati  al  conferimento  di  incarichi  direttivi ),  presta  però  il  fianco  a  critiche  ed  obiezioni :  ci  si  è  domandati  se  per  colpire  le  degenerazioni  del  sistema  delle  correnti, indubbiamente  verificatesi  nel  periodo  più  recente, sia  necessario  sacrificare  il  valore  del  pluralismo  culturale  che  pure  le  correnti  in  passato  hanno  rappresentato  all’interno  dell’organo  di  auto-governo  della  magistratura, o  se  invece  questo  valore  possa  essere  salvaguardato  con  appropriati  interventi  legislativi  volti  a  scongiurare  le  suddette  degenerazioni  patologiche  delle  correnti  giudiziarie ( così  M. Ruotolo  nell’articolo  cit. ).

Del  resto, è  pur  vero  che  il  sorteggio  per  designare  i  componenti  togati  del  C.S.M.  equivale  a  «un  atto  di  sfiducia  nelle  capacità  di  autogestione  dei  magistrati»  e  che  le  correnti  dei  magistrati  «sono  state  invece, storicamente, il  principale  fattore  di  democratizzazione  della  magistratura» ( così  il  giurista  Luigi  Ferrajoli,  “ Il  senso  perverso  della  controriforma  costituzionale “,  Il  Manifesto  del  7  novembre  2025 ).  Senza  con  questo  voler  sminuire  la  gravità  dei  fatti  emersi  negli  ultimi  anni  riguardo  alla  “lottizzazione”  tra  le  principali  correnti  di  alcuni  incarichi  direttivi, in  spregio  delle  regole  e  delle  competenze  dei  candidati,  è  opinabile  che  il  metodo  del  sorteggio  sia  l’unico  strumento  per  evitare  le  degenerazioni  del  sistema  delle  correnti  e  che  non  sia  invece  possibile  una  “rigenerazione”  del  ruolo  e  dei  compiti  delle  correnti  medesime,  che  nel  passato  e  per  non  breve  tempo  hanno  assicurato  all’interno  del  Consiglio  superiore  della  magistratura  una  dialettica  sana  di  posizioni  e  di  atteggiamenti  culturali.

La  terza  principale  criticità  del  testo  di  legge  costituzionale  in  esame  è  costituita  dalla  modifica  dell’art.105  della  Costituzione  con  l’attribuzione  della  giurisdizione  disciplinare  nei  riguardi  dei  magistrati  ordinari  ad  un  organo  nuovo  e  diverso  dal  CSM,  ossia  l’Alta  Corte  disciplinare ( art. 4  della  legge ).  La  formulazione  dell’art.105  ante-riforma  è  la  seguente : «Spettano  al  Consiglio  superiore  della  magistratura, secondo  le  norme  dell’ordinamento  giudiziario, le  assunzioni, le  assegnazioni  ed  i  trasferimenti, le  promozioni  e  i  provvedimenti  disciplinari  nei  riguardi  dei  magistrati».

Con  la  riforma, invece, le  competenze  di  ciascuno  dei  due  Consigli  superiori  sono  private  della  materia  disciplinare  nei  confronti  dei  magistrati,  materia  che  è  attribuita  ad  un  organo  di  nuova  istituzione,  denominato  Alta  Corte  disciplinare,  composto  da  15  giudici, dei  quali  3  sono  nominati  dal  Presidente  della  Repubblica  tra  professori  ordinari  di  università  in  materie  giuridiche  e  avvocati  con  almeno  venti  anni  di  esercizio,  3  sono  “estratti  a  sorte “  da  un  elenco  di  soggetti  con  i  medesimi  requisiti  che  il  Parlamento  in  seduta  comune, entro  sei  mesi  dall’insediamento, compila  mediante  elezione,  mentre  6  magistrati  giudicanti  e  3  magistrati  requirenti  sono  “estratti  a  sorte “  tra  gli  appartenenti  alle  rispettive  categorie  con  almeno  venti  anni  di  esercizio  delle  funzioni  giudiziarie  e  che  svolgano o abbiano  svolto  funzioni  di  legittimità ( art.105  Cost., secondo e  terzo  comma,  come  modificato  dalla  legge  costituzionale  in  esame ).

Le  critiche  nei  confronti  di  questo  nuovo  sistema  disciplinare  si  possono  rivolgere – ancora – al  metodo  del  sorteggio  adottato  per  la  selezione  dei  nove  magistrati, giudicanti  e  requirenti, e  dei  tre  componenti  laici, estratti  a  sorte  da  un  elenco  di  soggetti  formato  però  dal  Parlamento,  dubitandosi  che  esso  sia  il  più  idoneo, senza  alcun  correttivo, ad  assicurare  la  bontà  delle  decisioni  disciplinari  rimesse  all’Alta  Corte ( in  questo  senso  G.C. Caselli  e  V. Barosio  nell’articolo  già  citato ).

Un’altra  incongruenza, abbastanza  evidente, del  nuovo  sistema  riguarda  l’impugnabilità  delle  decisioni  adottate  dall’Alta  Corte  disciplinare :  si  prevede, infatti, che  le  sentenze  emesse  dall’Alta  Corte  in  prima  istanza  siano  impugnabili, anche  per  motivi  di  merito, “ soltanto  dinanzi  alla  stessa  Alta  Corte, che  giudica  senza  la  partecipazione  dei  componenti  che  hanno  concorso  a  pronunciare  la  decisione  impugnata “ ( art.105, settimo comma, Cost. ).

In  questo  modo, però,  è  assai  dubbia  l’imparzialità  del  giudice  di  appello,  trattandosi  sempre  del  medesimo  organo  giudicante  che  ha  deciso  in  primo  grado, seppure  in  diversa  composizione ( cfr. l’articolo  cit.  di  G.C. Caselli  e  V. Barosio ).

Si  rammenta  che  nel  sistema  vigente  le  sentenze  emesse  dalla  Sezione  disciplinare  del  CSM  sono  impugnabili  dinanzi  alle  Sezioni  unite  della  Corte  di  Cassazione, quindi  con  un  sindacato  di  legittimità  delle  decisioni  di  prima  istanza.

Anche  sul  fronte  della  giurisdizione  disciplinare, pertanto, è  discutibile  che  il  nuovo  sistema, imperniato  sulla  istituzione  di  un  nuovo  organo  come  l’Alta  Corte  disciplinare, sia  preferibile  e  migliore  del  precedente  e  attuale  sistema, in  cui  al  Consiglio  superiore  della  magistratura  è  attribuita  anche  la  competenza  in  materia  di  disciplina  dei  magistrati :  sistema  quest’ultimo  non  privo  di  difetti, certamente, ma  che  non  può  liquidarsi  come  esempio  di  “giustizia  domestica”,  perché  invece  risulta  caratterizzato  da  un  tasso  di  severità  inusuale  nel  settore  dell’Amministrazione dello  Stato.

  1. La campagna referendaria e  il  pericolo  di  una  discussione  a  colpi  di  slogan.

Ciò  detto  sul  contenuto  della  riforma  e  sui  suoi  punti  critici,  resta  solo  da  accennare  alla  campagna  referendaria  che  si  sta  già  aprendo,  dato  che  l’Ufficio  centrale  per  il  referendum  presso  la  Corte  di  Cassazione  ha  proprio  in  questi  giorni  deliberato  l’ammissibilità  della  richiesta  di  referendum  presentata  da  vari  parlamentari  di  diversa  estrazione  politica.

D’ora  in  avanti  la  discussione  sarà  focalizzata  sul  “sì”  o  sul  “no”  all’approvazione  della  legge  costituzionale  di cui  si  tratta  e  già  si  stanno  formando  diversi  Comitati  per  il  sì  e  per  il  no,  con  la  partecipazione  anche  della  magistratura  associata ( Associazione  Nazionale  Magistrati ), schierata  per  il  no,  e  degli  avvocati  penalisti  delle  Camere  Penali,  schierati  invece  per  il  sì.    Lo  schieramento  è  inevitabile, oltre  che  per  le  forze  politiche,  per  i  cosiddetti  addetti  ai  lavori,  cioè  per  i  magistrati, gli  avvocati  e  gli  studiosi  di  materie  giuridiche.

Questo  va  bene, ovviamente, ed  è  auspicabile  che  gli  esperti  dell’uno  e  dell’altro  schieramento  informino  adeguatamente  i  cittadini  sul  vero  contenuto  della  legge  sottoposta  a  referendum,  affinché  questi  ultimi  si  possano  orientare  e  votare  in  maniera  consapevole.

Non  è  auspicabile, invece, che  si  discuta  a  colpi  di  slogan  o  di  fake  news,  in  modo  da  manipolare  il  quesito  e  i  termini  reali  delle  questioni  oggetto  di  esame.

Non  si  vota, infatti,  a  favore o contro  il  Governo  in  carica  né  a  favore o contro  la  magistratura :  anche  perché  la  magistratura  è  un  organo  dello  Stato  cui  è  affidata  una  funzione  importante  e  delicata,  non  una  contro-parte  politica  di  chicchessia, e  al  suo  interno  ci  sono  magistrati, giudici  e  pubblici  ministeri, di  diverso  orientamento  culturale  e  politico,  accomunati  però  dal  compito  di  amministrare  la  giustizia  in  nome  del  popolo  restando  “soggetti  soltanto  alla  legge” ( art.101  Cost. ).   Legge  che  essi  possono  e  devono  interpretare  con  gli  strumenti  tecnici  del  diritto,  ma  non  possono  creare  né  manipolare  per  fini  politici.

Dall’altro  lato, il  Governo  e  il  Parlamento  devono  sempre  rispettare  l’autonomia  e  l’indipendenza  della  magistratura,  anche  quando  questa  adotta  decisioni  sgradite  al  governo  e  alla  maggioranza  parlamentare  di  turno.

Questi  sono  i  lineamenti  essenziali  del  nostro  sistema  democratico  disegnato  dalla  Costituzione  repubblicana  del  1948,  che  vanno  sempre  rammentati  e  tenuti  in  gran  conto, anche  nell’infuocata  discussione  del  prossimo  referendum,  proprio  per  riportarla  nell’alveo  di  una  discussione  pacata  e  civile,  in  cui  valgono  gli  argomenti  e  non  gli  slogan, dell’uno o dell’altro  schieramento.

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