Reddito di dignità. Una legge entro 100 giorni

Libera (associazioni, persone e numeri contro le mafie) compie 20 anni e lancia una forte pressione sul Parlamento a partire dalla grande manifestazione di Bologna del 21 marzo. La necessità di un vero dibattito sulla povertà in Italia
Ciotti

È stato evidente il 21 marzo, nel primo sabato di primavera del 2015, il legame, nelle priorità affrontate, tra l’accoglienza tributata da Napoli a papa Francesco e l’appuntamento di Libera a Bologna nella giornata dedicata alla memoria delle vittime innocenti di mafia. Ciò che colpisce in ogni intervento del papa che “arriva dalla fine del mondo”, non è solo la denuncia del problema ma la necessità di risolverlo.

Servirebbe a poco gridare contro lo sfruttamento del lavoro e la povertà senza l’invito esplicito a “lottare” per cambiare le condizioni che producono la “inequità”. Così, a 20 anni dalla sua fondazione, la rete di associazioni e persone contro le mafie che ha riconosciuto in don Luigi Ciotti il proprio punto di riferimento,  ha lanciato un forte appello al Parlamento perché adotti, entro cento giorni, una legge sul “reddito di dignità”. 

Sono tempi brevi su un argomento che attira sempre una grande discussione tra esperti di opposto parere, uno scetticismo rassegnato tra la popolazione e l’indifferenza di gran parte di politici eletti che se la cavano, di solito, con provvedimenti parziali, insufficienti e provvisori.

Ormai i numeri sulla povertà, come ricorda Libera, «sono drammatici: dal 2008 al 2014 la crisi in Italia secondo i dati Istat, ha raddoppiato e quasi triplicato i numeri della povertà relativa ed assoluta. Sono infatti 10 milioni quelli in povertà relativa, il 16,6 per cento della popolazione complessiva, ed oltre 6 milioni, il 9,9 per cento della popolazione, in povertà assoluta».

Nell’appello, Libera precisa la definizione del “Reddito minimo o di cittadinanza” come il «supporto al reddito che garantisce una rete di sicurezza per coloro che non possono lavorare o accedere ad un lavoro in grado di garantire un reddito dignitoso o non possono accedere ai sistemi di sicurezza sociale (ammortizzatori socio-economici) perché li hanno esauriti (esodati, mobilità) o non ne hanno titolo o vi accedono in misura tale da non superare la soglia di rischio di povertà».

Si tratta di una misura che ovviamente non è considerata come la soluzione del problema ma un provvedimento «indispensabile nel breve periodo per contrastare la povertà assoluta, l'esclusione sociale e il ricatto delle mafie» proprio perché «toglie ossigeno a chi sfrutta il bisogno di lavoro trasformandolo in ricatto economico, per alimentare circuiti criminali che approfittano della povertà o per fare dei posti di lavoro merce per il voto di scambio. E impone, al contrario, un diritto che rende le persone meno deboli anche di fronte a chi ne vuole sfruttare i bisogni e le fragilità». 

La proposta risente dell’impostazione ed è infatti appoggiata da due reti europee: Bin (Basic encome network) e Eapn (European antipoverty network). Da ultimo, anche il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha iniziato a parlare di reddito minimo per i disoccupati della fascia 55-65 anni. Negli ultimi giorni anche il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Graziano Delrio, si è incontrato con i rappresentanti dell’Alleanza contro la povertà, promossa da Acli e Caritas per contrastare la povertà assoluta, manifestando un nuovo interesse tutto fa verificare. Sono discussioni che mettono sul piatto miliardi di euro e quindi richiedono un vero ampio dibattito democratico necessario se si vuole intervenire in maniera strutturale.

Il reddito di cittadinanza nella versione Bin-Libera produce simulazioni variabili tra 16 e 25 miliardi di euro. Il governo Renzi ha operato interventi che si aggirano su tali valori. Dieci miliardi di euro annuali è il costo degli 80 euro in busta paga mentre l’incentivo contributivo alle assunzioni a tempo indeterminato, nella nuova versione, comporta un impegno triennale di 15 miliardi di euro secondo le previsioni della Cgia di Mestre.

La petizione on line di Libera (“Contro mafie e povertà non possiamo più aspettare”) ha superato, in pochi giorni, le 51 mila firme. Sarebbe molto se questa pressione servisse almeno a mettere nel calendario di discussione di uno dei rami del Parlamento una delle tante proposte di legge in attesa. Ma la discussione dovrebbe essere pubblica, approfondita e partecipata da gran parte della popolazione.

«Bisogna fare in fretta», come propone il forum sulla povertà promosso da Città Nuova con il contributo anche di Libera e Acli.

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