Ravenna, la luce dei mosaici

Bellezze e armonie senza tempo in una città con 8 siti Patrimonio mondiale dell’Unesco

«Ravenna può esibire avvenimenti e situazioni unici e irripetibili, tali da far schiattare di meraviglia ogni abitante di questo mondo». Così scrive Dario Fo ne La vera storia di Ravenna. Una grande armonia che nasce dal ricco patrimonio artistico e dai suoi mosaici famosi in tutto il mondo. Sono ben 8 i monumenti dichiarati Patrimonio dell’umanità: la Basilica di San Vitale, il Mausoleo di Galla Placidia, i Battisteri degli Ariani e degli Ortodossi, la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo e in Classe, la Cappella Arcivescovile e il Mausoleo di Teodorico. Questa è la motivazione: «L’insieme dei monumenti religiosi paleocristiani e bizantini di Ravenna è d’importanza straordinaria in ragione della suprema maestria artistica dell’arte del mosaico. Essi sono inoltre la prova delle relazioni e dei contatti artistici e religiosi di un periodo importante della storia della cultura europea».

Mausoleo di Galla Placidia

E il nostro viaggio comincia dal Mausoleo di Galla Placidia che ha ispirato autori nei più diversi campi artistici, il pittore Klimt, il cantante Cole Porter e il sommo poeta Dante Alighieri che proprio a Ravenna completa il Paradiso, la terza cantica della Divina Commedia. Arriva nel 1318 con tutta la famiglia, trova asilo presso la corte di Guido Novello da Polenta e qui viene sepolto nel settembre del 1321. «Dante parla di Ravenna come il luogo della pace che gli permise di completare il poema sacro – ci spiega, nei pressi della tomba di Dante, Francesca Masi, responsabile dell’Ufficio Cultura per le attività dantesche del Comune di Ravenna –. Rifiuta l’offerta di trasferirsi a Bologna per ricevere il lauro poetico perché ha trovato il locus amoenus, il paradiso terrestre, il luogo della felicità che trasuda da quei versi immortali con cui chiude il Paradiso, con quelle stelle che richiamano Galla Placidia».

570 stelle d’oro immerse nel blu intenso del cielo dove al centro della cupola spicca la croce gloriosa, il signum cristiano della risurrezione, la stessa che si trova in Sant’Apollinare in Classe e nella Cappella Arcivescovile. Il Cristo sofferente sulla croce non era ancora stato rappresentato nell’iconografia cristiana. Il Gesù di una Chiesa ancora indivisa, è solo il Risorto. Rispetto all’edificio esterno semplice e modesto, entrando si rimane senza fiato. «Tutto parla di vita eterna – spiega don Lorenzo Rossini, direttore dell’Ufficio Beni culturali ecclesiastici della diocesi di Ravenna –, la cupola trapuntata di stelle, i 4 esseri viventi alati dell’Apocalisse, la croce gloriosa nel braccio lungo orientata verso il sole che sorge».

L’atmosfera notturna vuole esprimere il viaggio dentro il Paradiso per far risaltare i colori sgargianti, i tocchi d’oro e vermiglio, la luce calda dell’alabastro. Le pietre sono vive, in movimento, non sono statiche. San Lorenzo corre verso la graticola, le sue vesti svolazzano, le fiamme del fuoco si agitano, le colombine si abbeverano, l’acqua zampilla, Cristo accarezza le pecore. Torno per un attimo al 450 d.C. e immagino il Mausoleo illuminato dalla luce tremolante delle fiaccole. La scena è in movimento, comunica una vita che non passa, sempre nuova. Come se ci fosse una luce, un sole interno che avvolge ogni cosa. Ogni piccola tessera riflette il suo colore, ha un legame con ogni altra e un suo perché che è chiaro solo nell’insieme. Mi riecheggiano le parole scritte da Chiara Lubich nel Paradiso ’49: «Vedevo le cose, i fiumi, le piante, i prati, le erbe tra loro legati da un legame d’amore nel quale ognuno aveva un perché d’amore verso gli altri».

Dal 402 d.C. Ravenna è capitale dell’Impero romano d’Occidente. Galla Placidia non è una donna qualsiasi. Figlia di Teodosio, moglie e mamma di un imperatore, reggente dell’Impero. Vuole una tomba di famiglia che esprima la scoperta che ha fatto con il cristianesimo: la croce gloriosa come via della risurrezione nella vita eterna, ma nel Mausoleo che porta il suo nome non sarà mai sepolta. Muore a Roma nel 450.

 

Basilica di San Vitale

Nella stessa area – basta spostarsi alcuni metri –, troviamo la Basilica di San Vitale. Progettata dal vescovo Ecclesio e portata a termine dall’arcivescovo Massimiano nel 547 d.C. Il protostorico Andrea Agnello nel IX secolo scrive: «In Italia non c’è alcuna chiesa simile per costruzione e opere artistiche». Della stessa pianta ottagonale di Santa Sofia a Istanbul, è stata probabilmente progettata da un architetto di Costantinopoli da dove proviene via mare anche il materiale lapideo, colonne e capitelli, dopo che i Bizantini, cacciati gli Ostrogoti che avevano decretato la fine dell’Impero romano d’Occidente nel 476, si erano ripresi Ravenna e l’Italia intera nel 540. Il nome deriva da san Vitale, un soldato romano martirizzato con tutta la sua famiglia, dopo la conversione al cristianesimo. La basilica è un autentico capolavoro. Celebra in tutti i suoi mosaici la centralità di Cristo e dell’Eucarestia, vero Dio e vero uomo, contro l’eresia ariana che negava la divinità del Cristo, eresia abbracciata anche da Teodorico, re, ora sconfitto, degli Ostrogoti. Nel ciclo dei mosaici luminosissimi e colorati, troviamo l’Agnello mistico, Il sacrificio di Isacco che anticipa l’ultima cena, la raffigurazione di Mosè che nella veste di liberatore del popolo ebraico in Egitto allude alla missione del Messia. Tutto è legato, Antico e Nuovo Testamento, per arrivare alla raffigurazione centrale nell’abside di Cristo Cosmocrator sul globo azzurro con gli arcangeli Michele e Gabriele, san Vitale e il vescovo Ecclesio. «L’ordine concettuale e spirituale bizantino – ci spiega Christian D’Angiò, dei Beni culturali diocesani – che sottende a tale figurazione è fuori dal tempo e dallo spazio umano e si ispira ai canoni destinati a durare nell’arte medievale». L’abside presenta anche i celebri cortei di Teodora e di suo marito, l’imperatore Giustiniano: sono due pannelli complementari, simbolo dell’armonia tra storia civile ed ecclesiastica.

 

Il Battistero Neoniano

Il più antico dei monumenti ravennati risale al 396 d.C., fu costruito prima del trasferimento della capitale dell’Impero romano d’Occidente da Milano a Ravenna e deve il suo nome al vescovo Neone che lo completò. Il battesimo di Cristo nel medaglione centrale della cupola, la simbologia dei seggi vuoti in uno splendido giardino dove trionfano piante, uccelli e fiori disposti con raffinata sensibilità artistica, i 4 Vangeli spiegano per immagini che per accedere alla vita vera del Paradiso bisogna seguire il Vangelo e l’esempio degli apostoli. I neofiti, i novelli credenti battezzati, con un solo sguardo d’insieme rivedevano il senso del loro viaggio nella vita. Sono mosaici di non immediata comprensione, con sotteso un discorso iconografico e teologico. Erano il catechismo di un tempo. «Durante i battesimi celebrati nella notte di Pasqua – chiosa Beatrice Minnotta, guida di Pietre vive –, alla luce delle fiaccole, la raffigurazione nella cupola del battesimo di Gesù si rifletteva nell’acqua del fonte battesimale. Era come se il catecumeno entrasse nella stessa scelta di vita di Gesù».

Sant’Apollinare Nuovo

Completiamo il nostro breve viaggio, solo in alcuni dei siti Patrimonio mondiale dell’Unesco di Ravenna, a Sant’Apollinare Nuovo. In principio fu la basilica personale del re Teodorico, ariano, dedicata al nome di Gesù. Una volta tornata cristiana, s’intitolò a San Martino e, nel IX secolo, a Sant’Apollinare Nuovo perché qui furono trasferite da Sant’Apollinare in Classe le sue spoglie. Le pareti delle navate centrali sono completamente ricoperte da splendidi mosaici su tre registri. Una delle particolarità  è la direzione dei mosaici. Il terzo registro, quello più in alto, narra la vita e la passione di Gesù e procede dall’abside verso l’esterno. Le processioni dei martiri e delle vergini sono dirette dalla porta centrale verso l’abside. Indicano che è Gesù a fare il primo passo e a venirci incontro.

Italo Calvino scrive ne Le città invisibili: «D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda». Risposta che lo scrittore francese André Frossard descrive nel suo Il Vangelo secondo Ravenna: «Il Vangelo è qui, preso alla fonte, splendente di luce anteriore» perché «il mosaico è un diluvio di pietre preziose cadute dal settimo cielo». Secondo Frossard, Ravenna è «una visione profetica di ciò che sarà il mondo quando il Cristo avrà finito di salvarlo, un mondo riconciliato, trasfigurato dalla luce, che è il colore della carità divina. Se il vostro destino eterno vi interessa, andate a Ravenna. Esso sta scritto sui suoi muri».

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