Parliamo dell’operazione di raddoppio del Canale di Suez, che era iniziata nel 2014 e ci sono voluti quasi 10 anni per arrivare a completarla o quasi. Va detto, però, che dall’inaugurazione nel 1869 i lavori di ampliamento e adeguamento del Canale non si sono in pratica mai fermati. Oggi la doppia via d’acqua che collega Mediterraneo e Mar Rosso è lunga poco meno di 200 km, e potenzialmente potrebbe riguardare oltre il 12% del traffico navale mondiale, con un transito, sempre potenziale, di 90-100 navi al giorno, che ovviamente pagano un pedaggio per percorrere il collegamento marittimo che fa risparmiare tempo e denaro sulla direttrice Asia-Europa e viceversa.
Sulla carta il mega investimento iniziale da 1,5 miliardi di dollari per il raddoppio e l’adeguamento del Canale di Suez sembrava più che giustificato se pensiamo, per esempio, che una nave commerciale di modeste dimensioni (35 mila tonnellate) paga per il transito nel Canale una tariffa che si aggira fra 250 mila e 400 mila dollari. Le più grandi evidentemente pagano di più. In un anno (nel 2022-2023) lo Stato egiziano ha ricavato dai transiti circa 9 miliardi di dollari, dai quali vanno evidentemente detratte le enormi spese di gestione oltre al costo dell’investimento. Ma, come sempre in queste imprese faraoniche, gli imprevisti (anche se non imprevedibili) sono all’ordine del giorno. E non mi riferisco solo ad incidenti come quello del 2021 della Ever Given (portacontainer taiwanese lunga 400 metri, oltre 200 mila tonnellate di stazza) che si incagliò nel bel mezzo al canale bloccando tutto per 6 giorni con enormi spese di disincagliamento e danni nell’ordine di una decina di milioni di dollari al giorno.
In seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 con la successiva risposta israeliana, la guerra di Gaza ha poi coinvolto direttamente, com’è noto, buona parte del Medio Oriente: Libano, Siria, Iran, Yemen, ecc. Per quanto riguarda il Canale di Suez, gli Houthi dello Yemen dalla fine del 2023 hanno minacciato e attaccato qualche centinaio di navi in transito nello stretto di Bab el-Mandeb, la porta meridionale per arrivare a Suez provenendo dall’Asia, o per uscire dal Mar Rosso verso l’Asia. Questa situazione aveva indotto le compagnie di navigazione ad optare per la circumnavigazione dell’Africa, rotta più lunga e costosa ma meno rischiosa rispetto alla perdita di navi bersagliate dagli Houthi. Con un crollo del 50-60% di ricavi dai pedaggi per l’attraversamento del Canale. Con la tregua mediata da Trump per Gaza, gli attacchi degli Houthi, che i bombardamenti israeliani e statunitensi non avevano fermato, sono stati sospesi dagli stessi miliziani yemeniti.
Per il Canale di Suez, percorso da relativamente poche navi dalla fine del 2023, la tregua ha segnato una sensibile ripresa: ottobre 2025 ha registrato il più alto flusso dall’inizio della crisi, con 229 imbarcazioni che sono tornate a percorrere la via d’acqua. I dati sul traffico da luglio a ottobre 2025 hanno registrato 4.405 navi in transito (per 185 milioni di tonnellate). Non sono molte, certamente molto meno delle possibilità offerte dal raddoppio, ma la ripresa sembrava incoraggiante. Tanto che l’Autorità del Canale di Suez (Sca) da ottobre aveva intensificato gli sforzi per riportare grandi navi portacontainer a percorrere il Canale. Il presidente della Sca, l’ammiraglio egiziano Osama Rabie ha personalmente visitato, in ottobre, la portacontainer CMA CGM Julies Verne, di 176 mila tonnellate, durante il transito della nave da Suez a Port Said, in rotta da Singapore al Libano.
È dell’11 novembre scorso una lettera di Yusuf Hassan al-Madani, capo di stato maggiore della milizia Houthi alle Brigate Qassam di Hamas. Al-Madani afferma che gli Houthi stanno monitorando gli sviluppi nella Striscia di Gaza dopo l’avvio della tregua (che non ha mai raggiunto la fase 2), e in sostanza afferma che, se le truppe israeliane continueranno a non rispettare il cessate il fuoco e ad attaccare Hamas e la popolazione palestinese, gli Houthi ripristineranno il divieto di navigazione alle navi dirette in Israele (israeliane, ma anche statunitensi, britanniche, ecc.) nel Mar Rosso e nel Mar Arabico. In pratica questo significa il ritorno al blocco che era stato revocato.
Per le compagnie di navigazione, che dalla fine del 2023 avevano optato per la circumnavigazione dell’Africa, queste non sono evidentemente notizie rassicuranti. E nel dubbio la maggior parte delle grandi compagnie continua a preferire la rotta più lunga intorno all’Africa, che evita il Canale di Suez. Per il commercio mondiale, per le compagnie di navigazione, e in particolare per l’Egitto e il Canale di Suez, queste non sono affatto buone notizie.