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Cultura > Itinerari letterari

Racconti al faro

di Oreste Paliotti

Proseguendo la sua rassegna di fari bretoni, Susy Zappa ci consegna il racconto di un’esperienza solitaria e di un viaggio onirico: ne è protagonista Yannick, il guardiano del faro di Batz

L’isola di Batz con il suo faro (Daniel Vaulot, CC BY-SA 2.5 , via Wikimedia Commons)

Batz! Questo nome mi ha ricordato Testa di Pietra, il pittoresco marinaio della corvetta Tuonante del ciclo salgariano dei Corsari delle Bermude, e il suo frequente intercalare «Per il borgo di Batz!». Già, ma dove si trova di preciso questo borgo che Salgari non ha mai pensato di descriverci, pur collocandolo in Bretagna, la terra delle “dure cervici”? È appunto l’argomento del presente itinerario, che prende le mosse dall’ultimo libro di Susy Zappa: Racconti al faro (Il Frangente ed.).

L’autrice, nota come “cacciatrice di fari” per testi come Sein, una virgola sull’acqua, Fari di Bretagna, Ar-Men: un faro leggendario e La magia del faro, tutti pubblicati dalla stessa editrice, stavolta ci guida alla scoperta del faro di Batz, un piccolo lembo di Francia a nord-ovest del porto di Roscoff nel Finistère bretone.

Con i suoi circa seicento abitanti, per lo più agricoltori e pescatori, è isola dal clima mite, grazie alla Corrente del Golfo che, sfiorandola, ha consentito alla fine dell’Ottocento la creazione addirittura di un giardino esotico; isola dei piaceri semplici, dove al posto dell’auto domina la bicicletta, che conserva ancora tutto il fascino del rustico (non vi sono villaggi-vacanze, club, cinema).

In questo stupefacente microcosmo punteggiato dal giallo cangiante delle ginestre e impregnato dell’aroma selvatico del finocchio marino, si intrecciano storie di misteri, miti e leggende della cultura celtica, che Yannick, il guardiano del faro, rivisita ogni notte sfogliando le pagine ingiallite dei libri della sua piccola biblioteca. Così l’autrice ce lo presenta nel libro:

Il faro sembra il luogo ideale dove uno scrittore può attingere contemporaneamente a un universo di solitudine, alla violenza degli elementi, a misteri e storie singolari, al fascino dell’avventura: un luogo dove le leggende aboliscono la frontiera tra fantasia e realtà.

Questo è il racconto della quotidianità di un guardiano del faro che ogni giorno vive un viaggio immobile, rimanendo seduto nella stanza della veglia o accanto alla lanterna. All’ombra di un alone di luce, dove il tempo può sembrare lunghissimo, solo la lettura permette l’evasione da uno spazio, all’apparenza, limitato dai confini del mare.

I racconti del faro attraversano il tempo, le generazioni, secoli di storie e leggende, svelano i segreti dell’isola di Batz, divengono un viaggio tra gli avventurieri del mare e compongono un mosaico di ricordi che il guardiano rievoca attraverso la lettura. Protagonisti sono i pescatori di Terranova e i corsari di Roscoff, i capitani coraggiosi e i contrabbandieri, i filibustieri che partivano per l’agognata conquista del Mar dei Caraibi o dell’Oceano Indiano, ma anche semplici compaesani che sull’isola hanno lasciato un’impronta indelebile.

Il guardiano è accompagnato da un piccolo amico a quattro zampe che il destino gli ha fatto incontrare, con il quale, giorno dopo giorno, ha instaurato una profonda intesa che si affida agli sguardi. Le loro lunghe passeggiate sull’isola si snodano tra le rovine di una cappella e le piante esotiche di un incredibile giardino, divenendo lo spunto per nuove storie.

Elegante torre troncoconica in granito rosa alta 44 metri sopra una base quadrata di due piani, da oltre 150 anni il faro di Batz guida i marinai verso il porto. In posizione panoramica sul borgo antico costituito da case anch’esse in granito, sulle colture alternate a brughiere, coste rocciose e dune di sabbia, svetta a 70 metri sul livello del mare con una portata luminosa di 23 miglia. 189 gradini della scala a chiocciola conducono alla stanza di guardia, più su una decina di scalini in ghisa danno accesso alla lanterna.

Farista esperto con ancora diversi anni davanti prima del pensionamento, da questo suo regno dove unico suddito è il cagnolino Tom, Yannick dovrà poi mollare gli ormeggi verso altri lidi, all’altro capo del mondo. Gli verrà infatti affidato un altro faro, un’altra sentinella del mare, dove sarà istruttore di giovani faristi: quello di Amédée in Nuova Caledonia, il gemello del faro bretone di Roches-Douvres sull’omonimo altopiano roccioso nel canale della Manica, a circa un’ora da Roscoff.

La coincidenza – commenta Susy Zappa – in qualche modo lo rassicura, soprattutto l’isolamento a cui i guardiani erano sottoposti a Roches-Douvres: quante volte ha letto e riletto Les travailleurs de la mer di Victor Hugo: «A Roches-Douvres, nessuno,/gli uccelli marini sono di casa,/tale è l’isolamento di questa roccia./Da Roches-Douvres non si vede nulla,/tutt’intorno, l’immenso tormento delle onde. Il vento, l’acqua, la notte, l’infinito, il deserto…».

Costruito nel 1832 secondo un progetto molto innovativo – era interamente in metallo – il faro bretone venne fatto esplodere nel 1944 dalle truppe tedesche in ritirata, e in seguito sostituito da un grande edificio in muratura. Quello di Amédée rimane quindi l’unico grande faro di metallo rimasto sul territorio francese e il secondo più alto al mondo nel suo genere.

Meditando su questa prossima destinazione dopo la consueta passeggiata nei luoghi consueti di Batz. come a voler prendere commiato da essi, Yannick commenta: «Ecco, sono diventato il naufrago di me stesso! Forse dovrei accettare il trasferimento…». La fiamma del faro dà il via libera all’ennesima notte di racconti, forse gli ultimi, in attesa del sorgere del sole, ma stanotte il guardiano legge senza sentire il suono della propria voce.

Poco dopo la conclusione: «Tutto sommato un mare del Nord assomiglia a un mare del Sud, tempeste incluse. Dopo qualche tempo tutto riprenderà il suo corso, giorni sempre uguali, come d’abitudine, e la formazione dei ragazzi potrebbe essere una nuova sfida. E poi posso sempre rintanarmi nel mio faro con il mio Tom, vero Tom?». Per tutta risposta il cane gli dà una leccatina alla mano come segno di approvazione. «Forse abbiamo altre vite da vivere!».

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