Quel caffè dai Pierobon

Come indirizzare un figlio e dare un parere, peraltro non richiesto, senza incrinare l’amore e la fiducia reciproca o compromettere il dialogo? L’autorevolezza impone che un genitore non abdichi al suo compito, ma come? Fare considerazioni psicologiche può aiutare, ma avverto il bisogno di sostenere la prassi con un’esperienza più profonda. Di fede. Oggi sulla strada della mia ricerca m’imbatto nell’esperienza di una coppia non più giovane: 82 anni lui, 75 lei. Sono ancora adesso innamorati, come 60 anni fa, quando la giovanissima Fulvia si fidanzò con Bepi. Un fidanzamento fatto di rispetto e anche di piccole rinunce. Fulvia sorride tenera e divertita rivolgendosi al marito: Bepi, ti ricordi che nella quaresima neppure un bacio ci scambiavamo, anche se era permesso?. Lui mi parla della purezza vissuta nel fidanzamento come aiuto a crescere nell’amore che ancora adesso, in tutta la sua concretezza, traspare dai loro sguardi, dalle premure, dai gesti discreti e dalle frasi che si srotolano come un fiume ricco di vita in una campagna assolata e rigogliosa, come quella in cui vivono. A Cittadella, presso Padova, Fulvia e Bepi Pierobon hanno sempre condotto un’esistenza assolutamente normale. Ed è una coppia serena quella che incontro, dal sorriso limpido, che si prepara alle mie domande con pazienza cordiale, pervasa da una certa dose d’incredulità: Niente nella nostra vita è così particolare da meritare d’essere raccontato sembrano farmi notare. Non mi fermo a spiegare che la normalità mi affascina, perché la vita è composta essenzialmente da accadimenti di tutti i giorni, da azioni ripetute magari con la stessa successione, da frasi consuete, da sorrisi o risposte prevedibili; dalla stessa sofferenza, dal consueto respiro dei rapporti con il mondo… Ma quante volte scopriamo che questa normalità, appunto, si veste di sublime e il suo segreto rende significativa l’esistenza stessa, introducendola all’eroismo, alla straordinarietà che contagia gli altri attorno, come in una reazione a catena! Per questo che sono qui: è in questa normalità che per tanti anni ha composto la propria melodia, giorno dopo giorno, due coniugi che hanno creduto nel valore della famiglia e educato con intelligenza e generosità i loro figli. Mi piacerebbe quindi trovare anche le conferme di fari sicuri per l’approdo, in questi tempi così complessi ed incerti, dove la vita di coppia è un’avventura e il mestiere più difficile è quello del genitore. Io sono stato sempre un duro, Fulvia invece era più buona di me. Bepi è chiaramente il capitano di questa nave, ma non perde occasione per valorizzare o farsi sostenere dalla moglie. Appena sposati ci siamo detti: capiterà di sbagliare, vorrà dire che il primo che chiede perdono all’altro sarà il più intelligente. E non era facile per me fare il primo passo, ma un giorno… Lina, la nostra prima figlia, frequentava i giovani dei Focolari, e così ci siamo interessati a quest’esperienza. Ad un raduno a Bassano del Grappa nel 1968, mi sono ritrovato faccia a faccia con un Dio che mi diceva: Se dunque presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia il tuo dono e vai prima a riconciliarti con tuo fratello…. Come abbagliato, all’improvviso avevo capito che quella era la mia strada; ho provato una gioia profondissima e nel giro di un mese ho ricostruito rapporti fraterni con persone con le quali c’erano stati dei malintesi. Anche nostra figlia Annamaria è stata coinvolta in questo modo di vivere il vangelo. Dopo quell’incontro, ho voluto approfondire la spiritualità dell’unità insieme a Fulvia, con cui l’intesa era diventata anche più forte. La parola di vita, il Vangelo, era nostra stella polare. Nella loro grande cucina non posso fare a meno di notare la lunghezza del loro tavolo: la giusta misura per dieci figli che avevano bisogno di spazio. Bepi e Fulvia mi fanno notare che c’è stato posto anche per i nonni anziani e malati: in tutto quattordici persone stabili. propriamente la famiglia media in quegli anni Cinquanta-Sessanta di particolare sviluppo e di ripresa dopo la guerra! E ad ogni nascita annunciata, ecco la risposta di entrambi: Doniamo anche questo figlio a Dio. Gioivano di questo dono che ogni volta andava ad aggiungersi ad una schiera piena di vita, dove ciascuno veniva educato a dare il meglio di sé collaborando anche all’andamento della famiglia. Noi abbiamo cercato di rendere i nostri bambini responsabili, capaci di sacrificio e perciò forti. È stato così importante per loro prendersi cura l’uno dell’altro, condividere, giocare insieme…. E già mi perdo appresso alle foto che mi mostrano con pudore, ma anche con orgoglio. Ecco i bambini in fila, ordinati e sorridenti, da Lina a Renato, Annamaria, Luciana, Gabriella, Luisella, Bertilla, Alberto, Roberta, Fabio. E per ciascuno una nota affettuosa, un ricordo, qualche notizia sulle loro scelte di vita. Non abbiamo imposto le nostre idee, però abbiamo cercato di testimoniare, attraverso la nostra vita quotidiana, i valori civili e cristiani. Abbiamo consegnato loro questo passaporto per tutte le scelte. Maestre, ragionieri, periti, laureati… tutti hanno studiato. Bepi confida: Avrei voluto poter studiare per fare meglio, perciò ho sempre sostenuto il loro desiderio di proseguire gli studi. Però, quando pregavamo per i loro esami, chiedevamo a Dio che riuscissero a superarli solo se ciò poteva servire al bene. Altrimenti a cosa sarebbe servito diventare sapienti? . Ma come! In un mondo dove, a dirla con il dottor Andreoli, tutti vogliono il figlio intelligente, di successo e non accettano alcuna limitazione , questi genitori chiedono che i loro figli possano fare solo il bene e non che raggiungano il massimo dei voti o le mete più ambite, magari scavalchino furbescamente gli altri! Prosegue con tono assorto Fulvia: Di un tessuto di continuo amore, generosità solida e tanta attenzione hanno bisogno i figli per crescere bene; di solidarietà e comprensione, ciascuno secondo la propria personalità e sensibilità…. Spesso – spiega Bepi – avevo difficoltà a comprendere questa necessità dei figli di sentirsi accolti e avvolti dall’amore che attende, promuove e sostiene, e avrei voluto essere più autoritario. Con l’aiuto di Fulvia, invece, capivo che dovevo perdere il mio punto di vista per amarli davvero, non solo come padre, ma con quel qualcosa in più che trasformava tutto, qualificando anche la mia autorevolezza. Come in un flash ripercorro il nocciolo centrale dell’educazione preventiva di don Bosco e della pedagogia di padre Pavoni… Quando chiedo loro cos’è questo qualcosa di più, i due si guardano. Capisco che con questa richiesta sto invitandoli ad aprire la loro esperienza più intima. La casa è avvolta in un silenzio un po’ anomalo, a pensarci bene, visto che per anni queste mura cresciute fra di loro, riempiendo stanze e corridoi di grida, risa, pianti e litigi infantili, tra ore di studio e di lavoro, sogni e progetti, gesti e parole di comprensione e di correzione. Ora invece il silenzio è riempito dalla tranquilla voce di Bepi: Gesù è la mia certezza, la mia serenità. Mi fido di lui e del grande amore che ha per me, così come sono, magari distratto e lontano, con tutte le mie mancanze. Lo dico sempre: non ho fretta di raggiungere il Paradiso, perché lo trovo già qui sulla terra, quando sento che fra i figli regna la pace, che l’amore viene perseguito, ricercato: questo abbiamo loro dato, come il respiro, come il pane quotidiano. E tante sono le esperienze che hanno visto l’intervento della Provvidenza nella vita di tutti i componenti della famiglia. Sorride Fulvia e si concentra quando chiedo loro di raccontare la loro esperienza con generi e nuore. Mai un giudizio o una osservazione nei loro riguadi – riprende -, perché giudicare scoraggia, impedisce di tirar fuori il meglio di sé. Una cosa che mi sta a cuore è anche saper dare l’aiuto adeguato, al momento opportuno: vorrei avere occhi e cuore capaci di vedere il bisogno reale, e saper dare nell’ombra, non quello che io credo necessario, per non imporre nulla, per non creare dipendenze o trascurare questi che per me sono assolutamente come figli. Se sono serene le famiglie poi, saranno sereni anche i nostri nipoti. Ne abbiamo tredici, dai due ai venticinque anni. Aggiunge serio Bepi: Nella nostra società il compito dei genitori è molto più difficile, perché i bambini respirano la cultura dell’avere. Sono spinti ad avere tutto e a non assaporare la ricompensa che si ottiene mediante il sacrificio e lo sforzo. Per questo credo che oggi i bambini abbiano molte più difficoltà a crescere forti nel carattere, capaci di donare, di accontentarsi, di vivere nella semplicità. I genitori di oggi devono essere molto coraggiosi . Bepi prepara un caffè e assaporandolo mi pare così buono, mentre penso: è solo un normale caffè… In effetti, aver trovato risposta alle mie iniziali perplessità mi faceva gustare ogni cosa di questa famiglia. Anche un semplicissimo caffè.

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