Quanta vita in quei classici

Il dibattito sulle lingue latina e greca, cibo per il cuore e la mente. A scuola e non solo…

Ogni tanto i media tornano su certi argomenti, di politica, di costume o altro. Uno dei temi “ciclici” che tengono banco al momento è la crisi che attraverserebbe la cultura classica, e specialmente lo studio del latino e del greco, nella scuola e nel sociale. A leggere certe previsioni “cassandresche” (ci si passi il neologismo “classicista”!) oggi le lingue di Tucidide e Cicerone, già “morte” per definizione secondo i necrofori di turno, rischierebbero l’estinzione anche dalla scuola, bersagliate senza rimedio non solo dall’antica concorrenza delle lingue parlate, ma ora pure dalla cultura digitale, dall’invadenza dell’informazione economica e insomma da tutto-il-nuovo-che-avanza. Analisi corretta, in apparenza; ma smentita dai fatti. Forse per i nemici di Platone e gli amici di Catullo non è ancora il momento, rispettivamente, di esultare e di abbattersi. Vediamo perché.

Iniziamo dalla scuola e dalle cifre. Secondo fonti del Ministero della Pubblica istruzione gli studenti medi che si preparano a frequentare i licei in genere e il liceo classico in particolare, dopo una flessione registrata fino a pochi anni fa, ora sono in netto aumento. A iscrizioni ormai chiuse per l’anno scolastico 2017-18, nelle domande per il classico c’è un incremento di mezzo punto rispetto al 2016-17. Non è gran che, si dirà, ma è comunque significativo, anche perché si tratta di una risalita che dura da qualche anno. Le domande crescono pure per il liceo scientifico, anche se meno rispetto al classico. Si è constatato parallelamente un calo di simpatie verso gli istituti tecnico- professionali.

Ma lasciamo scuola e numeri, per tuffarci nei libri. Qui troviamo l’altra ragione dell’odierno risveglio d’interesse dei media per le due lingue madri della nostra civiltà. Parliamo del successone che da alcuni mesi stanno riscuotendo 3 libri made in Italy sull’argomento, con tanto di ristampe da noi, traduzioni all’estero e buone posizioni fra i top ten. Un titolo è dedicato al greco, La lingua geniale: 9 ragioni per amare il greco (Laterza). Gli altri 2 sono sul latino: Viva il latino: storia e bellezza di una lingua inutile (Garzanti: superfluo notare l’ironia di quell’inutile!) e Il presente non basta: la lezione del latino (Mondadori). Si tratta di contributi preziosi e singolari, a iniziare dagli autori, che rappresentano tutti i generi e tutte le età: il libro sul greco è di una ragazza 30enne, una precaria della scuola (!): Andrea Marcolongo. I 2 titoli sul latino si devono a Nicola Gardini (Viva il latino), un 50enne che ha studiato e insegnato le lingue classiche negli Usa e attualmente a Oxford, e a Ivano Dionigi, ultra60enne che è stato rettore dell’Università di Bologna fino al 2015. Nella loro distanza anagrafica, di formazione e di percorsi, superata dal comune amore per il latino e il greco, i 3 autori ci spiegano perché lo studio delle lingue “morte” oggi sia ancora vivo, utile e benefico per la nostra società, per il mondo, per i giovani, per tutti. E anche per la smarrita e disunita Europa, ci piace aggiungere! Il latino e il greco sono organismi più vitali che mai. Quella dei nostri saggisti è una grande passione, una “cotta” che dura da 20-40-60 anni, e che cercano di trasmettere ai lettori non solo con il cuore in mano, ma anche con le loro conoscenze linguistiche e letterarie. Ai greci e ai latini dobbiamo tutto, ci spiegano: la civiltà, la cultura, le leggi, il nostro modo di vedere la vita e il mondo. Il latino e il greco, se ben studiati – e insegnati, pure col web e le app giuste, e soprattutto leggendo i classici –, divertono, appassionano, riempiono il cuore e sviluppano la mente, maturano e raffinano più di ogni altra lettura o disciplina. Ridurli troppo nei programmi scolastici, o addirittura abolirli, sarebbe da barbari e da incoscienti. Si parla tanto di memoria storica per costruire un futuro degno: niente e nessuno ce la può fornire quanto le lingue classiche.

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