Quale sistema?

A proposito dell’articolo “Riformare la legge elettorale” apparso sul n. 22/2011.
In un seggio elettorale

Campagna nazionale
 
«Riguardo alla riforma del sistema elettorale, oltremodo urgente, proporrei che Città Nuova si mettesse a capo di una grande campagna nazionale per convincere l’opinione pubblica e il Palazzo della assoluta necessità di ridare ai cittadini il controllo del Parlamento».

Chiara Duse – Pontremoli

 
Il famigerato art. 67
 
«Sulla tanto dibattuta questio della riforma elettorale, non vedo tra le varie proposte nessuna vera innovazione in senso democratico. A nulla vale infatti scegliere nomi e facce di persone se queste non assumono alcun preciso impegno coi loro elettori, come pare si vuole continuare a fare e come consente di fare il famigerato art. 67 della Costituzione, che attribuisce al deputato la libertà da ogni vincolo di mandato.
«Un articolo questo che, legittimando i ribaltoni e i cambi di casacca, di fatto espropria il popolo del suo potere di decidere non solo la linea politica del Paese, ma anche e soprattutto le scelte legislative in campo etico. Scelte che oggi rivestono fondamentale importanza a causa dell’odierno imperante relativismo. Infatti, a questo vuoto di valori occorre supplire mediante una legislazione di sostegno. E piuttosto che fare esercitare tale indispensabile funzione a lobby più o meno occulte, è meglio affidarla al popolo, almeno per una sua legittimazione democratica secondo lo spirito dei tempi.
«Che sia quindi reso possibile indicare tramite il voto oltre che i partiti politici, anche le aggregazioni etiche cui affidare il governo del Paese. In tale ottica, più dei dati anagrafici dei candidati al Parlamento e dei loro informali e verbali impegni, interessa acquisire una loro pubblica e formale dichiarazione di adesione, per tutta la durata del mandato elettorale, a un partito politico e a una aggregazione apartitica scelta tra le tante esistenti nella galassia dell’associazionismo di carattere etico-culturale, connotate cioè da una determinata visione di vita e da chiare scelte in campo etico.
«Ora è questa una prassi introducibile anche senza riformare l’art. 67 e fare nuove leggi elettorali. Basta che i partiti limitino di fatto la loro sfera di azione e indirizzo alla politica intesa nel suo senso proprio di organizzazione della macchina pubblica e lascino piena libertà di coscienza e di voto in materia etica (una strada già intrapresa dal Pdl ma non dal Pd né dall’Udc). Questo copernicano cambio di visuale dei partiti consentirebbe di fatto l’ingresso in Parlamento di larghi e vitali settori della società civile, impegnati nella difesa dei valori pre-politici e che in atto non hanno una rappresentanza parlamentare».

Giuseppe Maria Sesta

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