Quale Chiesa in Asia

Si è appena concluso in Thailandia l’incontro della Federazione delle Conferenze Episcolpali dell’Asia (Fabc), che è coinciso anche con la celebrazione dei 50 anni dalla costituzione di questo importante organismo collegiale. Per guardare al futuro e alle prospettive della Chiesa cattolica in Asia, ma non solo
Il cardinale Luis Antonio Tagle, a destra, durante la celebrazione eucaristica in occasione dei 500 anni di cristianesimo nelle Filippine. Basilica di San Pietro, domenica 14 marzo 2021. Foto: Pool via AP/Tiziana Fabi

In genere non sono molto attratto dalla partecipazione a grandi celebrazioni liturgiche, lo confesso sinceramente. Ma stavolta era diverso, trattandosi di una celebrazione significativa, asiatica e internazionale. Così ho aderito volentieri all’invito. Un’atmosfera speciale, quella della conclusione dell’incontro della Fabc che segnava anche il 50esimo dalla sua nascita, un evento importante dopo la pandemia. Già entrando nella sacrestia dove i vescovi si preparavano alla celebrazione, sono rimasto colpito dalle indicazioni relative ai Paesi di provenienza e ai diversi paramenti a seconda del rito (già questa diversità mi è molto piaciuta): lingue diverse, modi di salutarsi, età dei presenti, ecc. Una grande varietà. Erano rappresentati Paesi anche lontani, come Vietnam e Kazakhistan, Mongolia e Tajikistan giusto per citarne alcuni. Paesi con differenti numeri di fedeli cattolici: da milioni a poche centinaia. Eppure, tutti presenti, tutti importanti. Alcuni vescovi provenivano da Paesi in guerra, come il Myanmar dove i militari sparano senza problemi sulle chiese, in barba al diritto internazionale. Una Chiesa cattolica che riceve in Asia persecuzione da alcune parti e stima, riconoscenza e onore in altre, come in Thailandia.

Rappresentanti di 29 Paesi asiatici, più di 200 persone tra vescovi, sacerdoti e laici, si sono ritrovati ed hanno lavorato insieme per 3 settimane. E domenica 30 ottobre hanno concluso i lavori, intensi e proficui, svoltisi a Baan Phu Wan (il seminatore), ovvero il Centro diocesano cattolico situato poco fuori Bangkok. Dopo 2 anni di pandemia, era la prima volta che si organizzava un incontro presenziale: i lavori sono iniziati tre settimane fa con grande impegno costruttivo, affrontando temi scottanti oggi nel continente asiatico. L’atmosfera nella cattedrale dell’Assunzione, a Bangkok, domenica 30 ottobre era molto diversa da quella che si potrebbe respirare in Europa in una celebrazione analoga; e nell’omelia, il cardinale Louis Antonio Tagle, inviato speciale di papa Francesco, ha usato parole semplici, esempi all’asiatica molto azzeccati, che esprimevano bene il clima di quest’incontro importante per i popoli dell’Asia, dove la Chiesa cattolica continua ad aumentare la sua presenza e la sua importanza, anche se in modo discreto e spesso quasi nascosto. I problemi che i popoli dell’Asia stanno affrontando, e che la Chiesa si è presa sulle spalle, sono grandi e complessi. Ma si potrebbe forse dire che la Chiesa cattolica è qui l’unica organizzazione religiosa che accoglie in certo modo la totalità dei problemi dell’umanità che si incontra nelle strade d’Asia e che, al tempo stesso, è cosciente dei propri limiti e problemi. Traffico di esseri umani, pericolo di utilizzo senza regole alle risorse della natura, sfruttamento dei poveri e della mano d’opera a basso costo, ruolo della donna nella società e nella famiglia. E poi il grave problema della droga, che ormai ha pochi argini, e l’onnipresente pericolo di regimi totalitari che usano i moderni (e antichi) mezzi tecnologici per controllare tutto e tutti. Eppure, anche in questi scenari sociali e politici, la Chiesa opera e aiuta.

Un esempio che si riferisce ad un problema diffuso, quello della droga: è notizia di questi giorni che il Myanmar si sta apprestando a produrre 16 miliardi di pasticche di anfetamine. Ma la Thailandia non sembra estranea a questa produzione: la Thailandia ha infatti recentemente importato 1.150 tonnellate di cianuro di sodio per usi industriali, ma ne ha esportate 810 tonnellate verso il Myanmar. Una quantità, cioè, sufficiente per la produzione dei 16 miliardi di pasticche di anfetamine: un vero allarme sociale e un pericolo gravissimo.

La Chiesa in Asia si sporca le mani anche con queste cose, lavorando nelle carceri, nei centri di riabilitazione, con le donne vittime della tratta, con i tossicodipendenti. E insime a queste piaghe della società, la Chiesa affronta coraggiosamente anche i suoi problemi interni di sostenibilità, di vocazioni, di abusi, senza distogliere lo sguardo dalla sua missione: donare speranza ad una società, e a tanta gente che cerca un motivo valido per continuare a vivere e a sperare.

I lavori a Baan Phu Wan per il 50esimo della Fabc, sono stati questo: parlare al mondo asiatico, e farlo insieme, in modo sinodale, con un’unica voce. Il Cardinal Tagle lo ha ribadito: «Potremmo anche fare tutto questo da soli, ma scegliamo di farlo insieme. Forse per assomigliare sempre di più al buon pastore che va in cerca di chi era perduto, dei traditori, dei vari Matteo e Zaccheo. Dio vuole che noi viaggiamo con coloro che sono nella notte, nel dolore, con gli esclusi. Dio vuole che viaggiamo con i militari, con i potenti, con gli indigeni, i giovani, le donne, le famiglie, con tutti coloro che sono nelle prove della vita: insieme con le altre religioni». E questo cammino condiviso con le altre religioni la Chiesa lo desidera e lo vuole fare con empatia, solidarietà, disinteresse, anche di fronte ad estremismi che cercano di dilagare e farsi spazio con violenza in mezzo alle società asiatiche. La Fabc ha mostrato una cosa importante: che la fratellanza all’interno della Chiesa cattolica è una realtà palpabile. E questa è la più grande testimonianza che poteva dare. L’essere una famiglia, camminare con tutti, anche avendo cura dei nonni e degli ultimi. Con speranza e respiro verso il futuro pur in mezzo a guerre, carestie, malattie, persecuzioni. È questo il grande nessaggio che arriva a tutti i popoli dell’Asia attraverso la Fabc. È nel raccogliere questo grido dei poveri che la Chiesa trova la sua missione: ridare speranza al mondo.

Perché è qui in Asia che, in un certo senso, si gioca il futuro dell’umanità. E se la Chiesa fallisse qui, rischierebbe di fallire anche altrove. «Non dimentichiamo che Cristo aveva sangue asiatico: era un orientale», ha umilmente fatto notare il Card. Tagle.

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