Q.R. Quoziente di relazionalità

Varie lettere mi sono giunte dopo un recente articolo (n° 21/2004) dedicato ai tre tipi di intelligenza: razionale, emotiva e spirituale; e ogni lettera poneva qualche domanda. Il lettore Pierluigi di Roma mi chiedeva, ad esempio, quale fosse, tra questi tre tipi, quello che da più garanzie di salute mentale. Colgo l’occasione per precisare che nessuno dei tre tipi di intelligenza succitati, presi singolarmente, può dare garanzie certe di salute mentale; ma se vissuti tutte e tre insieme, si realizzerebbe un certo tipo di intelligenza che avrebbe a che fare con il nostro livello di socializzazione: una sorta di intelligenza relazionale, misurabile da un ipotetico Q.R., il quoziente di relazionalità. Come è noto, la salute mentale dipende fortemente dalla elevata capacità di relazionarci con gli altri. Non a caso il grande ipnotista Milton Erikson diceva: La malattia mentale nasce quando crolla la comunicazione umana ; e lo psicanalista pediatra Winnicott: La salute psichica si definisce in base alla capacità di una persona di impegnarsi nella mutualità delle relazioni . Nello stesso senso argomentava un altro grande della psicoanalisi come Balint: quando diceva che il paziente era portatore di un difetto fondamentale intendeva dire che era portatore di una carenza di tutte le strategie relazionali. Se prendiamo un contesto qualsiasi, ad esempio quello lavorativo, l’obiettivo strategico dell’intelligenza relazionale è di trasformare i colleghi in amici e i clienti in alleati, creando con loro uno status di rapporto speciale. In sostanza si tratta di entusiasmare, conquistare o motivare il prossimo, tenendo presente che è sempre meglio instaurare buoni rapporti prima di averne bisogno. Perché allora potrebbe essere tardi rimediare. Ma quali sono le cose da fare? Innanzitutto rispettare la personalità dell’interlocutore, considerarlo non come uno dei tanti, ma come una persona speciale, in grado di arricchire il vostro rapporto. E questo perché con più entusiasmo otteniamo un più alto rendimento professionale, dato che per il vostro interlocutore non conta solo cosa fate per lui, ma anche come lo fate. La stima però deve essere costante e non altalenante, oggi sì e domani no. Un consiglio: evitate di dare giudizi sugli altri, perché i guai si sprecano per chi fa osservazioni negative! Ricordate sempre che ciò che dite al vostro interlocutore sul conto di altri gli fa capire che tipo di commenti può aspettarsi da voi sul proprio conto. Quindi non lesinate elogi: è un’esigenza umana tanto sentita quanto trascurata. Imparate l’arte di fare complimenti: avere intuito e sensibilità per i valori dell’interlocutore. Chiedetevi: Di che cosa è orgoglioso? Per quale traguardo raggiunto non ha ancora ricevuto un adeguato riconoscimento?. Far sì che l’altro arrivi a dire: Lei è il primo che me lo dice, che se ne accorge. Teniamo presente che l’arroganza è il colmo della stupidità, perché essa significa offendere la dignità altrui, incrinare i rapporti, farsi volontariamente dei nemici. Guardiamoci da qualsiasi forma di superbia, esaminiamoci sui nostri comportamenti che l’interlocutore può trovare sprezzanti, umilianti, offensivi. Chiediamoci che effetto facciamo alla persona che ci sta di fronte, quale immagine diamo di noi con quello che diciamo e facciamo. E quindi, cerchiamo di essere sempre cordiali. Ma la vera cordialità non è una tattica, bensì un tratto positivo del carattere, che si può costruire se si ha una effettiva volontà di rispettare gli altri. C’è una formula magica? È ripetere senza mai stancarsi: per favore; ma anche ringraziare sempre, perché ciò mantiene aperti i contatti; e farlo subito, non rimandare fino a quando un gesto cordiale diventerà un fastidioso dovere, perché chi ringrazia subito lo fa due volte. Ancora, cercare di dare emanazioni positive essendo sereni e non preoccupati, rilassati e non inquieti, sicuri e non esitanti. Tali atteggiamenti possono sembrare difficilmente memorizzabili soltanto se le si interpreta come una tecnica per ottenere successo con gli altri, senza che ci sia una vera, positiva apertura del cuore.Vengono spontanei, invece, se il nostro interesse per le persone che avviciniamo è sincero. In questo caso, si può sintetizzare il tutto con la seguente espressione, che reputo di una straordinaria efficacia psico-relazionale: Fa’ in modo che gli altri si sentano più importanti di te.

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