Prove tecniche di elezioni in Turchia

La data per le elezioni in Turchia, fissata per domenica 14 maggio, si sta avvicinando. Si voterà per il presidente della Repubblica e per rinnovare il Parlamento. Ovviamente non è in gioco solo la più o meno discussa democrazia turca e la possibilità per i turchi di cercare nuove prospettive politiche, ma la collocazione del Paese nel complicato quadro geopolitico regionale e internazionale
Elezioni Turchia
Cartelloni che mostrano il presidente turco e candidato presidenziale dell'Alleanza popolare Recep Tayyip Erdogan, a Istanbul, Turchia, mercoledì 19 aprile 2023. I cartelloni recitano in turco: "Per il secolo turco, il momento giusto, l'uomo giusto". (Foto AP/Francisco Seco)

La campagna elettorale presidenziale in Turchia, in vista delle elezioni del 14 maggio 2023, è partita a fine marzo con l’ammissione di 4 candidati alla presidenza della Repubblica che hanno raccolto le 100 mila firme previste dalla legge. Chi sono e da chi sono sostenuti? Il primo è inevitabilmente il 69enne presidente Recep Tayyip Erdogan, in sella alla politica turca da 20 anni (dal 2003 al 2014 come premier e poi come presidente della Repubblica), sostenuto dal suo partito, di destra conservatrice, Giustizia e Sviluppo (Akp) e dall’alleato partito di destra-destra, Movimento nazionalista (Mhp), che si presentano insieme nella coalizione “Alleanza del popolo”.

Ci sono i due candidati di contorno che corrrono al di fuori di ogni coalizione: Muharrem Ince del Partito della Patria (Mp) e Sinan Ogan del Movimento nazionalista (Ata), un gruppo di destra-destra con radici tra i Lupi Grigi. Ma il reale concorrente di Erdogan è il 74enne Kemal Kilicdaroglu, leader da 15 anni del Partito popolare repubblicano, Chp, kemalista di area socialdemocratica (centrosinistra), che ha trovato l’appoggio di una coalizione eterogenea e trasversale (Alleanza della Nazione) composta, oltre che dal Chp, da altri 4 partiti e dal sostegno esterno di un sesto. I 4 partiti sono: il conservatore Partito della Felicità (Sp), il liberale di centro-destra Partito democratico (Dp) e 2 partiti centristi: il Partito della Patria (Pd) e il Buon Partito (Iyi). A questi cinque si aggiungerebbe il sostegno esterno del Partito Democratico dei Popoli (Hdp), la formazione di sinistra socialdemocratica che raccoglie a livello nazionale circa il 10% dei consensi, molti dei quali tra i curdi.

Il sostegno dell’Hdp alla coalizione di opposizione a Erdogan è necessariamente e prudentemente “esterno”, perchè tutto ciò che ha a che fare con i curdi non è notoriamente mai “piaciuto” a Erdogan, sebbene i curdi turchi siano circa 20 milioni e rappresentino il 15-16 per cento della popolazione del Paese. Tant’è che alcuni dirigenti dell’Hdp sono in carcere da anni, compreso il deputato e co-presidente dell’Hdp Selahattin Demirtas, arrestato nel 2016 e da allora detenuto in regime di carcerazione preventiva, nonostante la Corte europea per i Diritti umani abbia condannato a questo proposito la Turchia per violazione della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo. Demirtas è in carcere da quasi 7 anni perchè “sospettato”, come tutti o quasi i leader curdi, di fiancheggiare il “famigerato” Pkk, il terrorista e fuorilegge partito dei lavoratori del Kurdistan.

Turchia elezioni
Striscioni con la fotografia del leader del partito turco Chp, e candidato presidenziale dell’Alleanza della Nazione, Kemal Kilicdaroglu a Istanbul, Turchia, martedì 18 aprile 2023. (AP Photo/Francisco Seco)

Kemal Kilicdaroglu, il leader del Chp designato dall’Alleanza della Nazione come candidato alla presidenza della Repubblica in concorrenza con Erdogan, è un politico non molto carismatico eppure decisamente popolare: è una persona riconosciuta da molti per la sua onestà e frugalità, tanto da essere soprannominato “il Gandhi turco” per i suoi costumi ascetici. Una sua iniziativa politica di rilievo è stata la marcia pacifica da Ankara a Istanbul del giugno 2017, indetta per protestare contro la condanna a 25 anni per spionaggio inflitta al giornalista e parlamentare del Chp Enis Berberoglu, e per chiedere «un sistema giudiziario in cui la legge non venga utilizzata come strumento di oppressione». La marcia (430 Km in poco meno di un mese) si concluse il 9 luglio 2017 a Istanbul con la partecipazione di un milione di persone, secondo gli organizzatori. Appartengono al Chp guidato da Kilicdaroglu il sindaco di Istanbul (il perseguito e rieletto Ekrem Imamoglu) e quello di Ankara (Mansur Yavas), le due maggiori città della Turchia.

Il programma elettorale di Kilicdaroglu comprende fra l’altro la riapertura del dialogo per l’ingresso della Turchia nell’Ue e il rafforzamento della collocazione in seno alla Nato (compreso l’ok all’ingresso della Svezia), un approccio più dialogico con la Grecia e la scarcerazione di Demirtas ed altri.

Anche se attualmente la l’Alleanza della Nazione sembra in vantaggio nei sondaggi di voto rispetto all’Alleanza del popolo (48 per cento per Kilicdaroglu contro il 44 per cento per Erdogan), nulla può dirsi scontato, come insegnano gli ultimi 20 anni. Intanto, a tre settimane dal voto, è stata lanciata in questi giorni (25 aprile 2023) dal Governo una campagna antiterrorismo in 21 province del Paese: tra 110 e 150 persone sono state fermate e messe in custodia con l’accusa di avere collaborato o finanziato il Pkk.

Una delle sfide più complesse per Kilicdaroglu è certamente anche tenere insieme la coalizione che lo sostiene. In essa coabitano infatti partiti di sinistra e di centro ma anche nazionalisti, oltre ai molti curdi che la appoggiano, e che sono temuti per le tendenze autonomiste che da sempre emergono, rafforzate da anni di ostilità se non di una più o meno esplicita persecuzione etnica.

L’altro aspetto da non sottovalutare affatto sono le mire di potenze straniere, regionali e internazionali, tutte molto interessate alla collocazione di un Paese chiave come la Turchia nel quadro di schieramenti sempre più conflittuali a livello mondiale.

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