Pronto? C’è Facebook al telefono

Il noto social network sta puntando sullo sviluppo di un servizio telefonico gratuito basato sulla connessione Internet, che potrebbe portare alla realizzazione di una rete privata da 23 milioni di utenti, solo in Italia. Alcuni interrogativi
Facebook

Facebook sta sperimentando un nuovo servizio di chiamate con voice over ip (voip), il sistema che permette di telefonare grazie a una connessione Internet. È lo stesso modello adoperato da Skype, noto a molti, ma che non ha mai veramente sfondato a causa delle resistenze degli operatori telefonici che non hanno alcun interesse a far sviluppare un sistema di comunicazione vocale praticamente gratis.

Zuckerberg si propone di attuare la sua strategia di ingresso nel mondo della telefonia in due mosse: primo, il rilascio della nuova versione di Facebook messenger, che prevede la possibilità di inviare brevi messaggi vocali; successivamente lo sviluppo del servizio per le chiamate via Internet. C’è già chi parla di “morte degli sms”, ma è lecito nutrire dei dubbi. Il risultato di questa mega operazione, che per ora muove i primi passi in Canada, potrebbe essere una rete telefonica privata da 23 milioni di utenti, solo per prendere in considerazione i dati dell’Italia.

Lasciando da parte le implicazioni economiche dell’operazione, che vede in campo competitor come Skype di Microsoft e Google, un simile progetto pone diversi interrogativi, tra cui quello su quale sia l’idea di gratuità proposta dalla rete. Vale a dire: un social network offre gratuitamente un’esperienza (relazionale, culturale, professionale) con l’obiettivo di creare un vasto pubblico di riferimento. Poi, per monetizzare, ha bisogno di utilizzare quel pubblico per vendere prodotti e servizi, soprattutto attraverso la pubblicità, che è il principale modello di business di Internet. Nulla di sbagliato se il rapporto è chiaro fin da principio, se l’utente è cosciente che quello spazio, che produce per lui un alto valore esperienziale, culturale ecc., non è pubblico, ma privato, ed è ordinato da un contratto tra le parti.

E se il contratto viene modificato? Si può sempre decidere di reciderlo. Ma più l’esperienza di utilizzo è di soddisfazione, più sarà difficile tornare indietro. Più “amici” abbiamo che leggono i nostri post e li commentano sui social network, più siamo popolari e il nostro pubblico cresce, più sarà forte il potere contrattuale della piattaforma.

E se poi aggiungiamo che lo stesso network ci permette anche di essere in contatto telefonico con la nostra rete di conoscenti? Il potere di contrattazione si sbilancia dalla parte di Facebook ed emerge un altro problema: chi è in grado, oggi, di definire le regole del gioco per dei giganti delle comunicazioni digitali che si muovono in un mercato globale? Nessuno, per ora. Ma la domanda interroga già da un po’ gli Stati nazionali, che hanno bisogno di organismi sovranazionali di controllo del fenomeno.

E gli utenti? Sono davvero spettatori inermi? Forse no. Nel 2007, per esempio, Facebook tentò di introdurre, all’improvviso, una modifica nel suo funzionamento: se un utente faceva un acquisto online, questo veniva trasmesso a tutti i suoi amici. L’idea era quella di creare un sistema di pubblicità “personalizzate” da vendere agli inserzionisti. Il sistema si chiamava beacon, ma venne rigettato in maniera tanto forte dagli utenti, che Facebook fu costretta a fare retromarcia in breve. La vicenda beacon mostra quanto le piattaforme social debbano stare attente a non rompere il patto di fiducia che le lega ai propri utenti e quanto questi ultimi possano monitorare per primi le regole dei contratti che li legano alla Rete.

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