Progettare dolci evasioni

Amaretti e frollini in un carcere di Siracusa aprono un percorso di libertà ai detenuti.
Carceri dolci evasioni

Paste di mandorla, amaretti, mandorle tostate e ora anche i frollini. A sfornarli, confezionarli e spedirli è una pasticceria dalla sede insolita: il penitenziario di Siracusa. Maestri pasticceri sono i detenuti che hanno lanciato sul mercato “Dolci evasioni”, una linea di pasticcini a base di mandorle, prodotti con ingredienti tutti biologici. Se il marchio fa sorridere e conquista simpatia, il gabbiano stilizzato che lo sovrasta spiega il progetto: introdurre in un luogo di sofferenza spiragli di dignità e di libertà per volare alto.

Giovanni Romano, di professione educatore, ha investito in quest’attività forze, risorse e tempo ed è il presidente della cooperativa L’arcolaio che gestisce il laboratorio. L’abbiamo incontrato di passaggio a Roma. «Quando nel 2003 abbiamo cominciato – spiega –, pensavamo a un panificio per rifornire di pane le carceri vicine. Distribuire un prodotto fresco si è rilevato complesso, e poi c’erano già gli appalti esterni con prezzi più concorrenziali rispetto ai nostri, per cui abbiamo rinunciato». La creatività non ha chiuso però le porte all’inventiva. Dopo qualche mese nasce l’idea di produrre dolci valorizzando uno dei prodotti tipici del territorio siracusano: la mandorla. In questi anni sono stati 25 i detenuti che hanno preparato dolci e hanno contribuito al consolidamento dell’azienda. Attualmente ve ne lavorano tre a tempo pieno e 6 nei periodi di maggior produzione. Due di loro sono anche diventati soci della cooperativa.

Le materie prime sono tutte biologiche e prodotte in Sicilia e nei campi interni al penitenziario: dalle mandorle ai canditi tutto è certificato e garantito come prodotto etico e ambientale. Solo lo zucchero di canna proviene dal Sud del mondo attraverso la rete del commercio equosolidale, all’interno della quale s’inserisce anche “Dolci evasioni”.

 

Ma chi sono questi nascosti e provetti pasticceri? «Alcuni di loro scontano condanne lievi, altri pene più lunghe – ci dice Romano. La possibilità di un lavoro li preserva dalla depressione o dalla tentazione del  suicidio. Ho visto anche situazioni apparentemente senza possibilità di recupero mutarsi grazie a quest’attività. In carcere sei tagliato fuori da tutto, dalla possibilità di un futuro, dagli affetti, ed è veramente difficile declinare la parola dignità». C’è commozione negli occhi del presidente dell’Arcolaio mentre ripensa a quelli che, dopo aver costruito in carcere un pezzetto di storia del laboratorio, ora “fuori” provano ad inserirsi sul mercato.

C’è chi ha provato a mettere su un laboratorio in proprio, ma si è dovuto arrendere alla burocrazia e agli istituti di credito ed è tornato a fare il muratore o il contadino. Alì viene dal corno d’Africa: lui c’è riuscito. Lavora nel panificio di un maestro artigiano, che ha messo a disposizione competenze e segreti per insegnare a lui e agli altri detenuti l’arte dei biscotti. Sarà proprio Alì a lanciare l’ultimissimo nato da “Dolci evasioni”: un frollino con grano macinato a pietra. «Vedere ogni giorno il sorriso di Alì e partecipare al progetto di ricongiungersi alla figlia è una delle gioie più belle», confida Giovanni Romano.

 

Il percorso di questi anni non è stato facile e le sospensioni continuano. Gli introiti dell’azienda bastano appena a coprire le spese. Ci sono i macchinari nuovi ancora da pagare, i fornitori, gli stipendi. «Nessuna banca è stata così folle da finanziare questo progetto. Solo Banca etica ha creduto in noi; ma confesso che la notte ogni tanto resto mi sveglio… Sono sette anni di resistenza».

Sulla commercializzazione, “Dolci evasioni” ha fatto scelte di legalità rifiutando proposte allettanti che avrebbero potuto consentire la distribuzione in grandi catene. «La qualità dei nostri prodotti – precisa – non passa solo dal gusto, tra gli ingredienti non possono mancare i valori e su questi occorre lavorare con pazienza e umiltà». Tante sono poi, le relazioni intrecciate con il territorio, con l’amministrazione penitenziaria, con gruppi di acquisto solidale e con consorzi e altre cooperative sociali: per Giovanni sono «il vero patrimonio dell’azienda e la sua assicurazione per il futuro».

Giovanni non si è mai cimentato nella pasticceria, riserva a sé lavori più umili. «Il granello di sabbia può appartenere a qualsiasi spiaggia», è il suo motto: un percorso di libertà che ha scelto di percorrere insieme ai suoi soci, senza evasioni di sorta.

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