I profughi sono sempre pronti a partire

Secondo l’opinione corrente, la maggioranza dei profughi che arrivano nella nostra Italia sono musulmani e mediorientali. Nulla di più falso. La Turchia e la “bolla” dei rifugiati siriani: e se Erdogan riaprisse le frontiere? L'accordo con la Ue scade tra pochi mesi...

Il fenomeno migratorio mondiale è molto poco un “problema” italiano secondo le cifre fornite da Unhcr, l’agenzia per i migranti delle Nu, a giugno 2018. Un primo elemento base è il trend in crescita dei profughi: 68,5 milioni a livello planetario, 3,1 milioni in più del 2017. In altri termini, lo scorso anno sono state costrette ad abbandonare per la prima volta la propria casa 44.500 persone al giorno, una ogni due secondi. Un altro dato grezzo che contraddice le leggende sull’“invasione” della penisola italica è la classifica mondiale dei Paesi in cui i profughi si accalcano davvero: il primo della lista è la Turchia, seguito nell’ordine da Pakistan, Libano, Iran, Uganda, Etiopia, Giordania, Germania, Congo RD e Kenya. L’Italia non c’è in questa drammatica top-ten, in cui l’unico Paese europeo presente è la Germania.

Perché la Turchia sia il primo Paese di questa lista è risaputo: in Turchia ci sono 3 milioni di siriani fuggiti dalla guerra; quasi altrettanti sono complessivamente in Libano, Giordania, Iraq ed Egitto, ed altri 6 milioni sono sfollati pur rimanendo in Siria, dove la guerra non è finita e non finirà troppo presto, purtroppo. Ammesso che una parte dei siriani prima o poi rientrerà nel proprio Paese, c’è forse un milione di loro che non lo farà: o perché non possono per motivi politici o perché non vogliono, soprattutto per dare ai figli una possibilità di vita che non sia in un Paese distrutto. Che un milione di siriani (accompagnato da alcune centinaia di migliaia di iracheni, pakistani, afghani, iraniani, curdi, ecc.) attenda il momento buono per rifugiarsi in Europa non è un mistero, come dimostra l’esodo dell’estate 2015 (840 mila persone) poi bloccato dalla serrata del confine turco per 3 anni che l’Ue si è assicurata sborsando 6 miliardi di euro. L’accordo scade a fine 2018, tra pochi mesi. Il governo turco intende rinnovare l’accordo miliardario? A quale nuovo prezzo? E se non lo volesse rinnovare, quante persone arriveranno al confine ungherese? Reggerà il muro di Orban?

Quindi i profughi mediorientali che si mettono in cammino verso l’Europa per chiedere lo status di rifugiati non sono attualmente numerosi perché c’è il blocco turco, ma nei primi sei mesi di quest’anno si sono verificate alcune situazioni che lasciano intravedere che il tappo si è già allentato. Per adesso quelli che riescono a sgusciare fra le maglie della security di Erdogan sono comunque già 2-3 mila al mese, soprattutto sulla rotta del Mar Nero verso Romania, Bulgaria e Grecia. Altri riescono non si sa come ad arrivare in Spagna. Siriani e iracheni che entrano in Europa dalla Spagna rappresentano circa il 10% dei migranti che passano per la rotta occidentale (Baleari, Canarie, Andalusia o Ceuta e Melilla attraverso il Marocco), quella oggi più battuta del Mediterraneo con 18 mila ingressi nei primi 6 mesi di quest’anno.

Dei migranti arrivati in Europa nel primo semestre 2018 (48 mila) neppure un terzo sono mediorientali, ma il bacino di quelli che sono pronti a partire è molto grande. In Italia, per ora i mediorientali che arrivano sono pochissimi (rispetto a tunisini, eritrei, nigeriani, ivoriani, sud-sudanesi, ecc.), anche perché i profughi mediorientali sono molto più propensi a raggiungere i Paesi mitteleuropei o scandinavi (in Svezia ci sono almeno 52 mila siriani, per esempio), e sono soprattutto interessati ad essere accolti come rifugiati legali in Canada e Australia.

I profughi siriani che hanno finora raggiunto l’Europa rappresentano solo il 13% dei fuoriusciti, e considerando che 3 Paesi europei da soli – Serbia, Germania e Svezia –, ne accolgono oltre il 10%, in ciascuno degli altri Paesi del vecchio continente quelli arrivati sono ben al di sotto dell’1% dei fuoriusciti, Italia compresa.

Nella mentalità della “fortezza assediata”, non solo europea ma anche nordamericana, si discute solo di muri e di ipotetici hotspot esterni, di blocchi navali e terrestri, di chiusure di porti, di muslim ban, espulsioni e rafforzamento dei controlli, ecc. Si potrebbero avanzare ipotesi un po’ più intelligenti e meno egoiste di muri spinati e gabbie per bambini? Per esempio affrontare le cause che generano profughi e rifugiati e/o venire incontro ad alcuni Paesi da cui i migranti provengono.

Nel mondo, i primi otto esportatori di migranti sono: India, Messico, Ucraina, Russia, Cina, Bangladesh, Pakistan e Siria. Tutti insieme valgono già 70 milioni di migranti a vario titolo, non solo profughi illegali. Ma questo non sfiora neppure il discorso della diaspora africana verso l’Europa che è di almeno 300 mila profughi (questi lo sono tutti) all’anno, destinati a crescere ancora.

In una prospettiva diversa non sarebbe certo facile affrontare davvero i problemi, ma si potrebbe almeno provare a valutarli seriamente. Quello che per ora manca alla maggior parte dei governi occidentali è appunto la prospettiva, salvo restando che altre soluzioni durature non se ne vedono se non difendersi e mostrare i muscoli. Fino a quando?

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