Primo maggio

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Una festa che non invecchia, quella del Primo maggio. Anzi, che sembra finalmente trovare un afflato unificatore, all’insegna di un riconoscimento esplicito tributato dal neopresidente della Camera, Gianfranco Fini, nel suo discorso di insediamento; ma anche – e purtroppo – della drammatica attualità degli incidenti e delle morti sul lavoro, immane questione sulla quale vigila lo stesso presidente Napolitano. Comunque un tema, quello del lavoro, che non cessa di imporsi all’agenda politica con sfaccettature mai ordinarie o banali. Importante, per esempio, cogliere fino in fondo il senso degli investimenti elettorali operati nelle cabine dai cittadini. Il primo dato ci svela che la vittoria di Pdl e Lega è stata determinata non solo da imprenditori, artigiani e commercianti, ma anche dagli operai, che spesso vi transitavano direttamente dalla sinistra arcobaleno; il Pd, invece, è stato scelto soprattutto da impiegati e studenti. La difesa del lavoro in chiave di reddito/competitività da un lato; le aspettative di lavoro (i giovani), possibilmente flessibile ma non precario, dall’altro, indicano la necessità di incrociare questi consensi. Sullo sfondo, il ruolo di un sindacato che si trova ad uno snodo cruciale della sua storia, che deve saper dimostrare che la concertazione è un investimento perché in un mondo che muta a grande velocità può accompagnare processi anche dolorosi ma essenziali in modo che il Paese compia passi in avanti. È necessario per tutti, governo, parti sociali, partiti, semplici cittadini, dimostrare di avere un’idea di futuro in cui non c’è più spazio per clientelismi, rendite di posizione e posti al sole riservati a pochi intimi. Se lo Stato sociale, il welfare oggi va costruito partendo dal basso, dai bisogni e dalle domande che emergono, oltre alla domanda di salari più idonei a garantire una vita dignitosa a sé e alla propria famiglia, secondo Costituzione, vi è la domanda di lavoro dei giovani, che coincide con l’investimento sul futuro della società. Sostenere la creatività insegnando a crearsi un lavoro; acquisire la cultura della formazione continua e apprestarne gli strumenti; porsi l’obiettivo di riservare il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (tradizionale sfogo di reclutamento tra il clientelare e l’assistenziale) a chi ne ha competenze e vocazione: questi alcuni elementari obiettivi che – ancora una volta – chiedono la corale e costruttiva partecipazione di tutti gli attori, governo, opposizione, parti sociali e tutto il ricco mondo del privato sociale e del terzo settore. Perché il Primo maggio non si risolva in un bel concerto.

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