Prima emergenza è il lavoro dei giovani

Se i dati Istat mostrano miglioramenti su alcuni fronti economici, lo stesso non può dirsi per il tasso di disoccupazione, in aumento per la fascia che va dai 15 ai 24 anni. Serve sgravare i datori di lavoro dagli oneri contributivi e non tanto occuparsi di Tasi
Un giovane disoccupato cerca lavoro

E’ da sette anni che in Italia che si parla (più a ragion veduta del solito) di crisi economica. E siccome le cose che non vanno per il verso giusto sono molte, si rischia di non distinguere le priorità. Mi permetto di indicare una che definirei assoluta: il lavoro, in particolare dei giovani.

I dati Istat di agosto sull’occupazione, insieme a qualche segno di miglioramento su altri fronti, ci parlano di un ulteriore aumento del tasso di disoccupazione per i giovani da 15 a 24 anni, tasso che è arrivato al 40,7 per cento. Ma questo dato non dice tutto. Nel calcolarlo, il 100 per cento è costituito da chi lavora o cerca lavoro, che nel caso italiano rappresenta solo un quarto dei giovani 15-24.

E gli altri? Buona parte studia, giustamente. Togliamoli. Resta ancora un’ampia e preoccupante massa di giovani che figurano non aver un lavoro e non cercarlo, non studiare e non essere impegnati in formazione al lavoro. Mettiamoli insieme ai giovani dichiaratamente disoccupati, e otteniamo un esercito di cosiddetti Neet (No employment, education, or training) che nella fascia di età 15-29 arriva ad oltre due milioni e trecentomila unità, oltre un quarto del totale. Probabilmente qualcosa faranno (lavoretti, lavoro domestico, lavoro nero), ma certo non hanno una posizione riconosciuta nel mondo del lavoro. Il problema non è solo italiano, ma purtroppo siamo ai valori massimi in Europa. Non c’è da stupirsi se poi siamo ai minimi per quanto riguarda la percentuale di giovani occupati sul totale: nella fascia 15-24 anni non arriviamo al 16 per cento, mentre la Germania è oltre il 40 per cento e i paesi scandinavi oltre il 50 per cento!

Le cause di un tale stato di cose sono certamente molte, ma è indubbio che la normativa e gli oneri contributivi hanno la loro parte di responsabilità.  Bene ha fatto, quindi, l’attuale governo con il Jobs Act a ridurre alcuni vincoli e mettere un po’ di soldi per alleggerire i contributi a carico dei datori di lavoro per le nuove assunzioni a tempo indeterminato.

È difficile capire, invece, perché il passo successivo annunciato in queste settimane non sia un’estensione e un rafforzamento di questo provvedimento, ma piuttosto l’abolizione della Tasi sulla prima casa. Anche perché quest’ultimo provvedimento andrebbe a favorire soprattutto la parte più benestante del Paese. Teniamo presente che nelle classifiche europee l’Italia si colloca tra i più disuguali, ed ha quindi bisogno di politiche che favoriscano la base, e non il vertice, della piramide. Ma di questo riparleremo.

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