La nuova primo Ministro giapponese, Sanae Takaichi, ha dichiarato di fronte al parlamento di Tokyo che, qualora la Repubblica Popolare di Cina attaccasse Taiwan, l’arcipelago nipponico considererebbe la situazione come “minacciosa per la sua sopravvivenza”.
Tale emergenza percepita potrebbe aprire la strada a un intervento militare del Giappone. Immediata e su diversi fronti, la reazione del governo di Pechino: convocazione dell’ambasciatore giapponese, a cui è stata chiesta la ritrattazione della dichiarazione della sua premier, ma anche definizione del Giappone come “luogo non sicuro” per i cittadini cinesi, e conseguente cancellazione di viaggi turistici verso mete nipponiche. Per finire, bando totale sulle importazioni ittiche dal Giappone verso la Cina. Insomma, non solo una guerra di dazi, ma un incidente diplomatico reale e complesso.
In effetti, la situazione dell’area conosciuta in geopolitica come Indo-Pacifico è tutt’altro che semplice, sia per i trascorsi storici che per le tensioni degli ultimi decenni fra Usa e Cina e fra i due giganti asiatici – India e Cina –, senza dimenticare le tensioni e l’imprevedibilità dei rapporti fra le due Coree. D’altra parte, Cina e Giappone non sono solo potenziali avversari geopolitici, ma pure partners economici interdipendenti e, quindi, la zona dell’Estremo Oriente si trova oggi chiusa nella morsa fra identità, rivalità e interdipendenza con equilibri tutt’altro che stabili e l’incognita di potenziali conflitti.
La nomina della nuova premier nipponica – prima donna a guidare un esecutivo a Tokyo – lasciava già prevedere possibili tensioni sul piano internazionale. Cresciuta all’ombra di Shinzo Abe, morto nel 2022 a causa di un attentato terroristico, dopo essere stato presidente del Consiglio per quattro mandati, Sanae Takaichi ha una posizione favorevole alla modifica dell’articolo 9 della Costituzione giapponese, che fu dettata dalle forze statunitensi che occupavano il Giappone alla fine della Seconda Guerra mondiale. L’articolo in questione proibisce al Paese del Sol Levante di avere un esercito.
Proprio la rimilitarizzazione è, da anni, uno degli obiettivi principali dei conservatori e dei nazionalisti giapponesi e rappresenta uno dei punti più dibattuti della politica del Paese, con evidenti risvolti in politica estera. A tale proposito, un aspetto che ha sollevato perplessità nei confronti della Takaichi è il fatto che, prima di essere eletta alla più alta carica del governo, abbia visitato spesso il discusso santuario di Yasukuni a Tokyo, dedicato ai soldati giapponesi uccisi in combattimento, e fra questi non mancano quelli che hanno commesso crimini di guerra durante il secondo conflitto mondiale.
In questo contesto e con precedenti storici che tornano indietro nel tempo e che hanno reso i rapporti fra Tokyo e Pechino sempre difficili, si inserisce la questione Taiwan, con la quale il Giappone intrattiene ottimi rapporti commerciali e turistici. Tutto questo crea tensioni con la Repubblica popolare cinese, che da sempre considera l’isola di Taiwan come parte integrante del proprio territorio e attende l’opportunità per finalizzarne l’annessione.
Xi Jinping si è impegnato a riportare Taipei interamente sotto l’autorità di Pechino e non può non cercare di ottemperare a questa sua promessa. Per questo, Pechino percepisce la nuova leader politica appena installatasi a Tokyo, come una premier nazionalista e ostile nei propri confronti.
Già in occasione dei dibattitti che hanno portato alla sua nomina a primo Ministro, erano emerse posizioni e azioni che hanno fatto emergere la tendenza alla rimilitarizzazione del Paese auspicata dal suo partito. Questo stato di cose spiega, dunque, la reazione di Pechino che considera come “ritorno al militarismo nipponico” l’affermazione della premier giapponese su un possibile intervento militare qualora la Cina realizzasse l’annessione di Taiwan. Già Shinzo Abe, nel 2015, aveva voluto delle leggi che potessero costituire una base legale al “diritto a una autodifesa collettiva”.
Non si deve, poi, dimenticare che la questione fra Cina e Giappone, e fra le due Coree è oggi complicata dal ritiro di fatto dall’impegno di sicurezza che gli Stati Uniti avevano esercitato per decenni. L’America first trumpiano è destinato ad acuire le tensioni in questa area che, per via del conflitto russo-ucraino e la guerra in Israele, era uscita per qualche tempo dai riflettori della sicurezza internazionale. Ci rientra ora con una certa sorpresa, ma anche prevedibilità, per via del cambio della guardia a Tokyo.
Tuttavia, come accennato, la questione è anche complicata dal fatto che la Cina rappresenta il principale partner economico del Giappone, e che questi è un investitore chiave in Cina. Dunque, geopolitica e geoeconomia si intrecciano in un nodo assai complicato, destinato a creare tensioni non indifferenti. Si tratta di vedere ora come la nuova premier Takaichi si comporterà nei mesi a venire per quanto riguarda la politica di rimilitarizzazione del suo Paese e i rapporti con il vicino gigante cinese.