Premiare la vita

Un riconoscimento alla memoria di Chiara Lubich consegnato a Maria Voce dal Movimento per la vita.
Il cardinale Ennio Antonelli

Per la vita ci si batte legislativamente, con norme adeguate e leggi costituzionali, come ha fatto l’Ungheria che, nell’articolo secondo della tanto contestata riforma costituzionale recente, si è schierata apertamente per la difesa del feto. Per garantire l’esistenza a un bambino e impedire che ogni 28 secondi l’Europa sopprima un suo potenziale cittadino, i centri pro life, ideati dal Movimento per la vita, lavorano instancabilmente grazie al contributo di migliaia di volontari.

 

L’amore verso Dio e verso l’uomo è stato, più che il diritto, la molla che ha spinto Chiara Lubich a tutelare questo diritto inviolabile dell’uomo, suscitando uno stile di vita evangelico che genera, di conseguenza, rispetto per ogni creatura. La fondatrice dei Focolari, con discrezione e in silenzio, ha così sostenuto fin dagli anni Settanta la costituzione dei Centri d’aiuto alla vita. Il Movimento europeo per la vita, presieduto dall’onorevole Carlo Casini, ha voluto ufficializzare il 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, il suo riconoscimento alla memoria di Chiara Lubich, attribuendogli il Premio europeo Madre Teresa. A riceverlo, Maria Voce, attuale presidente del Movimento dei focolari, che nel suo discorso ha voluto assicurare «il sostegno a quanti anche nel movimento si impegnano a difendere la vita fin dal concepimento, anche se controcorrente rispetto a forme diffuse di pensiero relativistico».

 

Una tavola rotonda con Giuliano Amato, già presidente del Consiglio italiano, Antonio Maria Baggio, docente di filosofia politica, Vincenzo Buonomo, professore di diritto internazionale e Miklós Soltész, ministro ungherese per gli Affari sociali e la famiglia, si è interrogata sulle ipocrisie che ruotano attorno al valore della vita e alle incongruenze legislative: «La dichiarazione universale non contempla il diritto alla vita – spiega Amato. Ma senza questo, come si possono esercitare gli altri diritti? Perché il nostro codice civile, ad oggi, non riesce a dare una definizione univoca del nascituro?».

 

Baggio va invece alle radici della spiritualità dell’unità e della categoria di fraternità interpretata da Chiara Lubich «come fondamento spirituale dell’amore sociale. Un fondamento che ha radici nel Dio abbandonato sulla croce, scelto come emblema di chi è senza diritti». «Nel pensiero di Chiara, la regola d’oro (fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te) è la categoria attraverso cui leggere i diritti universali – spiega il giurista Buonomo –. È costante in lei la necessità di rispettare gli altri e accordare pari dignità a individui e popoli». A sorpresa, poi, il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, annuncia che in primavera una strada della capitale sarà intitolata alla sua cittadina onoraria.

 

Entrando nella Sala della Protomoteca del Campidoglio, che ospitava l’appuntamento, una gigantografia ritrae Chiara Lubich e Madre Teresa mano nella mano: si fotografa l’amicizia e la tenacia di queste donne che, pur in ambiti diversi, hanno lavorato credendo che i diritti umani non fossero solo articoli di carta, ma carne, persone, umanità. «Il premio, l’opera scultorea Inno alla vita di Sauro Cavallini, esprime ammirazione e gratitudine – dichiara Carlo Casini – e reca anche un monito universale: «Che l’amore sia la speranza dell’Europa». Un amore concreto a cui né Chiara, né Madre Teresa si sono sottratte.

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