Sfoglia la rivista

Mondo > In punta di penna

Povere Nazioni Unite! Eppure…

di Michele Zanzucchi

- Fonte: Città Nuova

Michele Zanzucchi, autore di Città Nuova

Il discredito dell’Onu viene coltivato da più parti in epoca di sovranismi e di guerre risorgenti. Ma resta una tribuna senza eguali

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il ministro degli Esteri Antonio Tajani durante il dibattito Generale della 80esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, New York, 23 settembre 2025. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

L’ultima Assemblea delle Nazioni Unite, ormai l’ottantesima, appena conclusasi nella sede storica di New York, si è concentrata sulla necessità di riformare l’organizzazione e di affrontare le crisi globali in un contesto di crescente frammentazione internazionale. Il dibattito, tenutosi dal 22 al 30 settembre, ha visto la partecipazione di numerosi capi di Stato e di governo. Il tema principale è stato il deterioramento del multilateralismo: il segretario generale António Guterres ha ripreso l’espressione di papa Francesco: «Il mondo si trova in un momento di Terza guerra mondiale combattuta a pezzi». Ovviamente, i conflitti in corso hanno guidato l’agenda degli interventi, Ucraina e Medio Oriente in testa.

Sulla situazione israelo-palestinese, l’assemblea ha registrato un aumento delle tensioni a seguito della decisione di diversi Stati di riconoscere formalmente lo Stato di Palestina. Questo ha portato a momenti di alta tensione, come il walk-out, cioè l’abbandono dell’aula, di numerosissime delegazioni durante il discorso del premier israeliano Netanyahu, che ha parlato dinanzi a una sala semivuota, sbandierando schemi che solo lui capiva, per dimostrare che a Gaza non c’è nessun genocidio.

L’Italia, nel discorso del premier Meloni, ha voluto mantenere una posizione critica nei confronti di Israele, ma senza strappi e senza riconoscimento dello Stato di Palestina, dichiarando solamente che la reazione all’aggressione «ha superato il limite» della proporzionalità nella Striscia di Gaza. L’Assemblea verrà ricordata anche per il discorso zoppicante di Donald Trump, perché il “gobbo”, cioè lo schermo rivolto verso l’oratore sul quale scorre il discorso da pronunciare, non ha funzionato a dovere, e il tycoon ha perso la pazienza minacciando nemmeno tanto velatamente il tecnico addetto allo schermo.

Qualche riflessione oltre la cronaca si impone al termine dell’Assemblea: è stato annunciato il 28 agosto scorso che avrà termine col 31 dicembre 2026 la missione Onu dell’Unifil al confine tra Israele e Libano. L’Unifil – sostenuta principalmente dai soldati italiani, amatissimi dalla popolazione – è stata finora una delle più efficaci azioni di peace keeping operate dai caschi blu Onu. Perché la notizia è grave? Perché l’operazione – la cui paternità ricade su Romano Prodi e su altri capi di Stato al termine della guerra tra Hezbollah e Israele nel 2006 –, è stata una delle più riuscite, assicurando una ventina d’anni di non belligeranza, o di belligeranza ridotta e il mantenimento dell’integrità del confine, almeno fino all’offensiva israeliana del 2024 contro Hezbollah, che ha visto il 27 settembre dell’anno scorso l’eliminazione fisica di Hassan Nasrallah.

Nello stesso tempo, gli osservatori non possono non sottolineare come, per risolvere la guerra del Donbass non si sia mai evocato, da parte dei principali leader mondiali, l’intervento dei caschi blu dell’Onu. Oggi si parla di far scendere in campo un’ipotetica forza di interposizione dell’Unione europea, quando si sa bene che l’Ue è parte in causa nella guerra, e che solo una metà dei suoi membri sarebbe disposta a inviare le proprie truppe, anche se lo scenario ucraino richiederebbe proprio l’intervento di una forza di interposizione al di sopra delle parti.

Se siamo giunti a questo punto, vi sono delle ragioni politiche, e altre tecnico-organizzative ed economiche. Politiche, innanzitutto: la struttura politica dell’Onu è centrata sul Consiglio di sicurezza, che come si sa è bloccato nel suo funzionamento dai veti incrociati che Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna possono opporre alle varie risoluzioni. Gli altri membri del consiglio vengono eletti a rotazione e non hanno alcun potere di veto. Ora, chi attualmente detiene tale potere non ha nessuna intenzione di cederlo, anche se il Paese più popoloso del mondo, l’India, non ha un seggio; anche se organizzazioni come l’Unione europea non siedono nel consiglio; anche se il sud del mondo non ha praticamente rappresentanza. Lo scenario della politica internazionale è profondamente mutato dal 1945 in qua, ma si fa finta che tutto sia rimasto tale e quale. A questo, si aggiunge la costante delegittimazione dell’Onu da parte proprio di coloro che hanno più potere sul pianeta.

L’Onu, giocoforza, si gira verso altre sfide più a lungo termine, come l’attuazione dell’ambizioso “Patto per il futuro”, sulla crisi climatica e sulla regolamentazione dell’Intelligenza artificiale. Nel corso dell’assemblea sono stati affrontati anche problemi strutturali, che richiedono una profonda riforma per modernizzare l’Onu, specialmente il Consiglio di sicurezza. Si è discusso anche della crisi finanziaria, che minaccia la continuità delle missioni di pace e dei programmi umanitari essenziali. Infine, sono state promosse iniziative per lo sviluppo sostenibile in Africa, tra cui l’apertura di un hub sull’intelligenza artificiale e l’estensione di cavi sottomarini per la connettività, per bilanciare gli squilibri della globalizzazione.

Nonostante tutto, va detto, non esiste al mondo tribuna più autorevole e inclusiva delle Nazioni Unite.

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876