Porto Alegre un segno una promessa

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Fiore all’occhiello di un Brasile “altro”, Porto Alegre ti accoglie come una città aperta, alberata, pulita, baciata dal fiume Guaíba. Qui tutti i servizi funzionano: l’educazione, la sanità, i trasporti pubblici con autobus con aria condizionata; televisione, internet. Non mancano certo i segni del terzo mondo: 150 mila favelados (niente in confronto del milione di Rio de Janeiro), micro-criminalità e assalti. Eppure, nell´insieme si ha la sensazione di essere in Brasile sì, ma in quel Brasile che verrà. Il secondo Fsm si è svolto come un evento di risonanza mondiale crescente e, dunque, va guardato e compreso con occhio attento, perché rappresenta un segno e, direi, più di un segno, una promessa, in questo nostro mondo in cambiamento. Cosa ho visto Non certo una manifestazione di piazza chiassosa e folcloristica, con simboli aggressivi, spesso violenti, come a Seattle e a Genova, ma un meeting di massa ordinato e pacifico, che usa più il cervello che le braccia e le gambe. Punto centrale dove si svolgevano le conferenze, i seminari, le testimonianze e i workshop era il campus universitario dei maristi, la Puc (Pontificia Università Cattolica). Faceva un certo effetto girare nelle sale e nei prati: una folla variopinta, multi-etnica, multi-culturale e multi-linguistica. Non mancava il tocco di colore, come bandiere, t-shirt, simboli, striscioni critici ma anche umoristici. La vendita di oggetti e souvenir di ogni parte del mondo rivaleggiava con l´enorme capannone dove si potevano acquistare libri e riviste di ogni tipo: da Giddens a Che Guevara, da Soros a Ki-Zerbo. Le forze di polizia presenti ovunque non hanno dovuto quasi mai intervenire. C´è stato qualche episodio di intolleranza, ma l’impressione generale era di impegno e serietà. Cosa ho ascoltato Un dibattito serrato, appassionato, a volte anche aspro ma mai violento, attorno ad argomenti e tematiche calde in questo inizio di millenio: dal debito del Terzo mondo alla globalizzazione, dall’ambiente ai flussi di capitale finanziario; dai temi politici (ruolo dello Stato, democracia partecipativa) a quelli di respiro internazionale (sulle organizzazioni mondiali come Onu, Fmi, Wto e Banca mondiale; sui diritti umani); dall´economia (mercato, impresa) all’articolazione della società civile (pluralismo, emigrazione, etnie, minoranze). Credo che non ci sia stato problema di carattere sociale che non sia stato preso in considerazione. L´analisi, cercata e approfondita, in alcune conferenze e seminari ha raggiunto un livello scientifico di notevo- le portata. In altre, il tono ha rasentato quello del comizio urlato. Al Forum sono stati detti molti “no”: alla globalizzazione neo-liberale, all´oppressione di interi popoli, alla dittatura del mercato, alla guerra, al terrorismo e cosí via; ma sono stati detti anche molti “sí”: ad una democrazia “intensa”, ad una globalizzazione solidale ed etica, al rispetto e al giusto uso dell´ambiente, al rispetto della vita, ai valori, ad una giustizia equa, alla pace. La presenza di tanti intellettuali di ogni campo del sapere (Noam Chomsky, Samir Amin, Samarando, Ki-Zerbo, Boaventura Santos, Paul Singer e tantissimi altri) e di Premi Nobel quali Perez Esquivel, Rigoberta Menchu, Medici senza frontiere, ha alzato il tono del Forum. Da meeting di protesta (2001), è diventato meeting propositivo. Le proposte erano articolate e concrete, le esperienze comunicavano ricchezza di diversità e speranza. Cosa mi è rimasto Nonostante la pressoché perfetta organizzazione, le proposte e le opzioni erano troppe. Quasi impossibile districarsi tra tante offerte. Il Forum patisce di “gigantismo”: troppo cresciuto, dovrà essere ripensato e meglio articolato. Qualche segno in questo senso c`e già stato con i vari Forum dentro il Forum: dei sindaci, dei parlamentari, dei magistrati, della gioventù, dei bambini. L’abbondanza dei temi e delle analisi non favoriva la sintesi. Impressione dunque di dispersione nei percorsi da fare e negli orientamenti da seguire. Non ci si poteva aspettare molto di più, ma è un aspetto da considerare e rettificare. Sensazione positiva per quanto riguarda il capitolo “spettacolo”: teatro, cinema, musica, danza in abbondanza e di buon livello. Alcune certezze Non rilevante in termini di numeri, ma puntuale, la presenza dei cristiani nei diversi spazi del Forum. Bella la testimonianza di dom Luciano Mendes, vescovo di Mariana, che ha richiamato un numeroso pubblico. Il suo messaggio è stato evangelico e pieno di speranza. La presenza di dom Jaime Chemello, presidente della Conferenza episcopale brasiliana ha dato ufficialità alla proposta dei partecipanti. Il Movimento dei focolari era presente attraverso il Movimento Umanità Nuova. Si è tenuto un workshop sul progetto “Economia di Comunione” articolato in quattro pomeriggi. È stato presentato il progetto sotto quattro caratteristiche: aspetto economico, politico, etico e socio-antropologico. Il programma prevedeva, nelle quattro ore a disposizione ogni giorno: presentazione dell’EdC, tema illustrativo di ognuno degli aspetti, video documentario, esperienze degli imprendittori, dibattito con le persone presenti. La sala è stata sempre piena di un pubblico attento e interessato che ha lasciato impressioni a voce e per scritto addirittura entusiaste. Il tocco dell’internazionalità è stato dato dai molti argentini, boliviani, colombiani, italiani e austriaci presenti. È stato pure lanciato, dall’editrice Cidade Nova, con grande successo, un libro sull’Economia di Comunione. Il Forum si è concluso – a mio parere – con un bilancio positivo. L’appuntamento è per il prossimo anno, ancora a Porto Alegre. Nella giornata conclusiva Candido Grzybowsky, membro del comitato di organizzazione ha detto: “Prima eravamo anti-Davos, ora “anti” sono loro, preoccupati come sono della nostra crescita”. C’è molto di vero in questa affermazione. I numeri del forum 60.000 partecipanti 210.0 etnie 186 idiomi 15.230 delegati 11.600 giovani 550.000 accessi giornalieri al sito ufficiale Internet 2.400 giornalisti 467 giornali 193 riviste 188 radio 116 canali di televisione Le principali delegazioni 6.500 Brasile 979 Italia 924 Argentina 682 Francia 465 Uruguay 406 Stati Uniti rappresentanti un totale di 4.909 organizzazioni.

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