Politica e dignità del femminile

Politica e dignità femminile

 

Ci sono parole che diventano urgenti quando ci accorgiamo che rischiano di andare perdute. Come la parola “dignità”. Un termine che in questi giorni ci interpella mentre con disagio assistiamo alla scena triste e desolante della politica che si intreccia con lo spettacolo.

In un crescendo, dapprima ci siamo assuefatti all’ostensione del corpo femminile in forme discriminatorie o banalizzanti: il valore delle donne si identifica sempre più con la giovinezza e la grazia fisica. Poi abbiamo dovuto riconoscere che per le donne la cultura e la preparazione nei vari campi del sapere non sono più un valore, mentre l’avvenenza è una discriminante per la partecipazione a molti programmi televisivi anche quando incentrati su contenuti culturali, civili, perfino sportivi. Infine, abbiamo compreso che è la televisione il veicolo indispensabile alle donne per accedere alla politica e non il talento, la formazione, la vocazione personale, una qualche predisposizione al servizio. Siamo un Paese “in resistenza” – dice una recente indagine su Donne e media promossa del Censis –, un Paese dove è molto difficile scalzare la rappresentazione stereotipata della donna e proporre un modo diverso di pensare la dignità del femminile.

La parola “dignità” ha bisogno di gesti e di volti per essere compresa nel suo significato più profondo. L’abbiamo vista sui visi bellissimi e accarezzati dal tempo, nelle mani che raccontano una vita, negli occhi limpidi di Gemma Calabresi e Licia Pinelli.

Dopo quarant’anni di distanza e di dolore si sono incontrate al Quirinale sabato 9 maggio, invitate dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del giorno della Memoria. Un incontro prezioso per loro e per la storia del nostro Paese. Un attimo di esitazione, poi il fluire delle parole, la corrente di umanità, l’incontro profondo che può sciogliere ogni resistenza e timore. Perché la dignità femminile è un’attitudine a mettere balsamo sulle ferite, a trovare vie di riconciliazione, a coltivare il valore della speranza e della giustizia, a non separare mai l’amore per i propri figli da quello per i figli degli altri; è la capacità di tenere viva la memoria lungo il corso dei decenni di quel marito uscito di casa, ragazzo, che non vi ha più fatto ritorno. Anche la politica ritrova la sua più alta dignità quando diviene spazio ospitale di questi valori.

Ci sono parole che più di altre sento di dover insegnare ai miei tre figli ancora piccoli, attraverso i gesti quotidiani, la consapevolezza di sé, il modo di ascoltare e di parlare, di sorridere e di stare con gli altri. La parola “dignità”, tra le prime.

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