Pola piccola Roma d’Istria

Pietra bianca, abbacinante sotto il sole, tra gli azzurri intensi del mare e del cielo. Pietra sapientemente lavorata di palazzi e monumenti che dicono, con la mescolanza degli stili, l’apporto di diverse culture: romani, ostrogoti, bizantini, franchi, veneziani, austriaci, ungheresi, italiani ed ora slavi. E pietra “allo stato natura” delle magnifiche frastagliate coste ed isole vicine, a cui i pini si abbarbicano giù giù fin quasi a cercare lo specchio delle acque. La stessa pietra d’Istria che esalta la gloria delle architetture veneziane e che proviene da qui, dal canale di Leme. Questa è Pola, soprattutto pietra. Ma dove più il suo candore domina assurgendo a valore di simbolo è nell’armonioso recinto dell’Arena in cui sembrano concentrarsi le varie età di questa terra, spazio evocatore di memorie struggenti come il canto di un esule… Un anfiteatro a pochi passi dal mare, che sembra anzi sorgere da esso: mole immensa eppure leggera nel rincorrersi delle sue arcate aperte alla luce, al vento. Il quinto al mondo per grandezza, e il più integro nella cinta esterna; con la particolarità di quattro torri simmetriche che sporgono dall’ellisse. Così bello che più di una volta i veneziani, che pur ne avevano fatta cava di pietre per la Serenissima, accarezzarono l’assurdo progetto di smontarlo e ricostruirlo nella laguna. Ma Pola romana non è solo questo. L’antica Pola Pollentia Herculanea, che grazie ai sette colli su cui sorgeva ambiva a paragonarsi a una piccola Roma e ospitò imperatori nell’incanto di Brioni, si esprime anche nelle nobili architetture delle porte Gemina ed Erculea, di quell’Arco dei Sergi che la matrona Salvia Postuma dedicò alla memoria del marito e del figlio, nel Tempio di Augusto, fra i più conservati della romanità, che tuttora si erge elegante in piazza Foro, questo luogo di convegno dei polesi di tutte le generazioni; come pure nei resti di uno dei due teatri e delle mura, nelle statue, nei mosaici e negli altri ricchissimi reperti del suo Museo archeologico. Pola le cui origini si perdono nel mito, se a fondarla furono gli Argonauti che trovarono rifugio dalla lontana Colchide, cercando il vello d’oro. Città-mito anche per tanti italiani che qui hanno lasciato le loro radici. Pola multiculturale e multietnica nel suo presente orientato verso un modo di vita europeo: per rendersene conto basta percorrere la trama armoniosa delle vie e piazze, dove spiccano insegne multilingue e risuonano, insieme al croato e al dialetto istroveneto dei suoi abitanti stabili, gli idiomi degli occasionali, qui attratti dalla bellezza. Qui è passata la storia Con i suoi circa 65 mila abitanti, Pola è la città più importante e il principale porto dell’Istria, ricca di testimonianze del suo passato (a des.: mosaico del III sec. d.C. raffigurante il supplizio di Dirce e l’Arco dei Sergi del I sec. d.C.). Costruita nel luogo di un antico castelliere illirico e conquistata dai romani nel 177 a.C., divenne una importante colonia a guardia del confine orientale dell’impero. Famosa fin dall’antichità per la bontà di vino, olio e grano. La città, il cui centro storico conserva tuttora la sua antica planimetria, si sviluppò attorno alla collina del Castello veneto, poderosa fortezza in cui sono confluiti i materiali del suo maggiore teatro romano. Dominio, nel medioevo, di diverse signorie, fra cui bizantini e franchi, a partire dal 1334 e fino al 1797 Pola fu possesso di Venezia. Passò in seguito all’Austria, di cui divenne la principale base navale, conoscendo una seconda fioritura, paragonabile solamente con quella del periodo romano, fino al 1918. Nel 1947, con il trattato di pace, Pola assieme a gran parte dell’Istria venne annessa alla Croazia nell’ambito della Jugoslavia. Risale a questo periodo il grande esodo della popolazione istriana di nazionalità italiana.È del 1990 l’indipendenza della Croazia: da allora nella città convivono cittadini di nazionalità diverse.

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