Piccolo libro, grande viaggio

Una diecina di anni fa la scrittrice americana Susan Sontag, rovistando fra i libri usati di una bancarella in una via di Londra, si imbatteva in un testo che non esitava ad annoverare tra i capolavori “segreti” della narrativa del Novecento. Estate a Baden-Baden di Leonid Cypkin non era però opera di uno scrittore di professione. L’autore, infatti, ebreo russo di Minsk, era un medico e ricercatore noto unicamente per il cospicuo numero di pubblicazioni scientifiche. Preso da una divorante passione per la letteratura, s’era tuttavia cimentato anche nella prosa e nella poesia, senza però poter vedere pubblicato nel proprio paese – a causa della censura e delle intimidazioni subite – il suo romanzo più ambizioso, la cui stesura aveva richiesto anni di preparazione. Esso raggiunse clandestinamente gli Stati Uniti dove comparve in una rivista dell’emigrazione russa appena sette giorni dopo la morte dell’autore, nel marzo del 1982. Ecco in breve la trama. Nell’ottobre 1866, Fedör Dostoevskij, reduce dal successo di Delitto e castigo e costretto a scrivere un romanzo in un mese per liberarsi del contratto capestro con l’editore Stellovskij, assunse una giovanissima stenografa, Anna Grigor’evna Snitkina, di cui si innamorò. Con lei, divenuta nel frattempo sua moglie, intraprese l’anno seguente un lungo viaggio all’estero per sfuggire ai creditori. Ma nell’estate 1867 a Baden-Baden – proprio come il protagonista del Giocatore – perse tutto al celebre casinò, rischiando di perdere anche l’amore di Anna. Leonid Cypkin narra la storia di quella estate fatale e – attraverso flashback e anticipazioni – dell’intera vita di Dostoevskij; intrecciandovi il racconto del proprio viaggio a Stalingrado, alla fine degli anni Settanta, per ritrovare la vecchia amica Gilja (testimone del Grande Terrore staliniano e dell’assedio della città) e visitare i luoghi toccati dal romanziere. Originale e di straordinaria suggestione è il modo in cui Cypkin passa di continuo dalla narrazione autobiografica a quella della vita itinerante di Dostoevskij ed Anna: quello suo verso Leningrado è in realtà un viaggio nell’anima dei due infelici coniugi, un cercar di accedere alla loro interiorità con un prodigioso sforzo di empatia che ricorda quello compiuto dalla Yourcenar nei confronti dell’imperatore Adriano. Difficilmente classificabile come romanzo (di libera invenzione? documentario?), Estate a Baden-Baden è principalmente un monologo interiore che fonde passato e presente, pensieri dell’autore, quelli di Dostoevskij e della moglie, eventi biografici e storici in una complessa rete di immagini, di idee, di visioni che illuminano gli abissi della condizione umana. È la tragedia di un genio alle prese con l’umiliante quotidianità dovuta alle ristrettezze economiche e ai propri limiti umani; ed anche anche quella dell’ebreo russo Cypkin davanti ad un mistero: quello dell’inspiegabile avversione nutrita verso gli ebrei da parte dell’autore di Umiliati e offesi. Stupende le pagine dedicate alla visita alla casa-museo di Leningrado in cui Dostoevskij morì e alla ricostruzione delle sue ultime ore: racconto “degno di Tolstoi – puntualizza Susan Sontag nella sua bellissima prefazione all’opera -. È attraverso il prisma dello straziante dolore di Anna che Cypkin ricrea le lunghe ore sul letto di morte di Dostoevskij, in questo libro sull’amore, l’amore coniugale e l’amore per la letteratura – due amori che non sono affatto collegati o paragonati, ma che vengono apprezzati per quel che sono, pervadendo il romanzo del loro fuoco”. Un libro sull’amore, dunque, scritto per amore: dalla cui lettura – conclude la Sontag – “si emerge purificati, scossi, fortificati, capaci di un respiro un po’ più profondo, e grati alla letteratura per ciò che può accogliere ed esemplificare. Leonid Cypkin non ha scritto un libro lungo. Ma ha fatto un grande viaggio”. Leonid Cypkin, Estate a Baden- Baden, Rizzoli, pp. 286, € 16,00. IL “GIOCATORE” DOSTOEVSKI J Era rimasto seduto da solo al tavolo da gioco, con la testa sempre più bassa, comprimendo il torace sul bordo duro del tavolo, al punto che gli riusciva difficile respirare e ogni battito del cuore gli rimbombava nelle orecchie, soffocando il vivace mormorio che adesso arrivava dal centro del salotto, dove la cerchia di persone si era spostata; aveva premuto ancora più forte i palmi delle mani l’uno contro l’altro tra le ginoccha e, nonostante le candele mandassero una luce brillante dal lampadario di cristallo, le facce degli invitati gli erano apparse grigie, – si era alzato in piedi, invece di andare verso l’atrio e infilarsi in fretta il cappotto per uscire da quella casa sul Nevskij Prospekt, presso la quale, non molto tempo prima, si era soffermato senza osare credere alla realizzazione del suo sogno, invece di fare questo, si era diretto, come un pesciolino attratto da invisibili sostanze chimiche nelle fauci di un mostro marino, verso quella cerchia di persone, facendosi largo a spintoni tra gli ospiti e, guardando avidamente negli occhi Belinskij e Nekrasov, che erano già, naturalmente, al centro dell’attenzione, aveva azzardato qualche debole battuta, supplicando di essere notato, e si era messo a discutere con qualcuno a voce alta, concitato, rendendosi conto, nello stesso tempo, che stava dicendo delle assurdità, poi, abbandonando ogni speranza, era passato a mostrarsi d’accordo con tutto ciò che veniva detto, ma nessuno lo ascoltava – il gigantesco mostro marino aveva continuato a nuotare, senza degnarsi di ingoiare il pesciolino, così piccolo e poco appetibile. (da Estate a Baden-Baden)

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