Piccoli adulti oggi = adulti piccoli domani?

Mode, pubblicità e programmi televisivi molto diffusi spingono i bambini ad assumere atteggiamenti da "adulti". Una tendenza da seguire o alla quale è meglio dire di "no", nell'interesse dei piccoli? Intervista allo psicologo Ezio Aceti
Martina Stoessel

I recenti fatti di cronaca (come il giro di prostituzione che a Roma vedeva protagoniste delle adolescenti) e le mode sempre più diffuse tra le ragazzine, che le portano a mitizzare comportamenti "da grandi", come quelli della protagonista della telenovela Violetta (nella foto la protagonista Martina Stoessel, con Jorge Blanco, Diego Dominguez) seguita anche da bambine di sei, sette anni stanno facendo sorgere molte perplessità e preoccupazioni nei genitori. È giusto, ad esempio, portare bambini di dieci, undici anni a feste in discoteca "vietate" agli adulti? E come aiutare i nostri figli a esprimere e a gestire emozioni tipiche dei più piccoli, anche se tutto intorno la società li vede e li tratta come piccoli adulti? «L'adultizzazione dei bambini – spiega Ezio Aceti, esperto in psicologia dei processi evolutivi – è quel processo per cui si fanno vivere ai bambini emozioni e situazioni che sono più grandi di lui. Non è rispettoso dello sviluppo emotivo del bambino ed è molto pericoloso perché costringe il bambino a vivere delle cose da grandi».

Ci spieghi meglio…
«Oggi ci sono ragazzi che, anche se sono cognitivamente adulti, sono emotivamente immaturi, e se sono maschi ancor di più. Hanno 14 anni, ma a livello emotivo sono piccoli come bambini di sette, otto anni perché li abbiamo costretti a vivere emozioni da grandi».

Com'è possibile?
«Secondo me dipende da tre cause. La prima, e più importante, è che i genitori non conoscono i bambini e i ragazzi e questa è la causa non solo dell'adultizzazione infantile, ma di tutti gli sbagli pedagogici relativi all'infanzia, che sono in forte aumento. La seconda causa è che il bambino è bombardato di emozioni e fatica a gestirle. Nei primi dieci anni di vita riceve 47 volte in più di stimoli rispetto al passato. Terza causa il proliferare dei mass media, mezzi tecnologici che stanno diventando tiranni e ci costringono a vivere un linguaggio rapido e veloce, mentre abbiamo bisogno di tempo per comprendere un'emozione, gestirla, orientarla».

Come si possono aiutare i genitori?
«La causa principale dell'adultizzazione infantile risiede in due errori madornali. Primo: l'eccessiva presenza femminile dalle scuole materne in poi è devastante, perché la mamma, la maestra, trattano il bambino sempre come un bebé, impedendogli di prendere in mano la sua vita e di dare da solo delle risposte a quello che vive. Fino ai sei, sette anni è vero che il bambino ha bisogno della madre, ma dopo i sette anni è capace di stare nella realtà, ma solo se trova degli educatori che lo aiutano a farlo e per questo serve l'educatore o almeno la parte maschile che è anche nelle donne».

Ci faccia un esempio…
«Se il bambino prende una nota a scuola e lo dice alla madre, questa gli chiede il perché. Il bambino risponde che è colpa della maestra e la madre o gli dice che non è vero, quindi che è colpa sua, o dice che andrà lei a parlare con l'insegnante. Ebbene, questo è devastante per il bambino. La risposta dovrebbe essere: "Mi dispiace che hai preso la nota. Questo è un problema tuo, ma sono sicuro che domani andrà meglio". In questo modo il bambino è costretto a prendere in mano la sua vita, le sue emozioni, il suo spazio. Invece la mamma, la maestra, si sostituiscono a lui e, da una parte, lo trattano da piccolo, mentre dall'altra gli fanno vivere emozioni da grandi. Due grandi errori. Il papà, invece, il maschio, lo aiuta a stare nelle emozioni, ma non si sostituisce a lui».

Facciamo un esempio. Un bambino di 11 anni viene invitato a una festa in discoteca, con accesso vietato agli adulti. Come deve comportarsi un genitore?
«Io non lo manderei e la mia risposta ha due motivazioni: il "non ancora" e il "già". Il "non ancora" significa che se impostiamo il rapporto educativo con un bambino di sette anni "contrattualizzando" tutto con lui, a dieci anni il problema non ci sarà perché il bambino capirà da sé che è da stupidi entrare in un posto dove gli adulti non possono entrare, perché è abituato a trattare con loro e quello che dice in segreto con i genitori lo fa anche fuori. Il "già" significa "adesso": in una società così emotiva la bambina a cui il genitore dice di non andare in discoteca la vive come un'imposizione fuori dal tempo. Il genitore sa che in quel posto la figlia troverà cose da grandi, che non comprende ancora nemmeno: allora, cosa fare? Deve spiegare il suo "no". Il problema non è tanto la discoteca, ma il vuoto educativo e la mancanza di realtà educative. Se si costruiscono tante realtà educative, come diceva san Giovanni Bosco, allora i bambini dimenticheranno altri luoghi dove non c'è educazione. È come quando una mamma brontola perché il figlio sta troppo al computer. Invece di brontolare dovrebbe proporgli tante esperienze positive per fargli dimenticare di usare il pc».

Quali sono le possibili conseguenze dell'adultizzazione?
«Uno dei più grandi errori educativi che oggi vengono commessi dai genitori è il modernismo: quando, cioè, gli adulti sposano in toto emozioni becere e le vivono sfrenatamente. Questi genitori sono i primi a essere immaturi: credono di aiutare i bambini diventando come loro, ma questo fa perdere loro l'autorevolezza, ed è un danno. Io, però, non accuso mai i genitori perché sono caduti in una trappola. Credono di fare il meglio per i propri figli, invece spesso fanno solo capire che quello che conta è avere, comperare tante cose, dimenticando di trasmettere loro le cose che contano davvero. Questo processo si chiama la "cosificazione dei legami": se un ragazzo di 14 anni arriva ad ammazzare un coetaneo per un cellulare è perché non sa più cosa è il bene e cosa è il male. Allo stesso modo, un bambino che non sa gestire le sue emozioni può diventare un adulto che non è in grado di controllarsi: da qui il femminicidio, lo stupro, gli abusi… ».

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