Perdonare per riconciliarsi con la propria storia

Capita che, anche in famiglia, si ritenga di non essere stati amati a sufficienza. Per vivere sereni e riallacciare i rapporti si può imparare a perdonare.

Matteo arriva in terapia dopo anni di grande sofferenza interiore. Sente di aver un rapporto con i genitori ancora estremamente conflittuale, non riesce a mandar giù delle cattiverie che sente di aver subito e questo ancora adesso gli causa un profondo malessere. Per anni ha scelto la strada dell’allontanamento da una famiglia che riteneva per lui troppo tossica, nonostante però si allontanasse fisicamente non riusciva in ogni caso a trovare la serenità tanto auspicata. Come fare allora? Cosa stava sbagliando?

Le situazioni come quelle di Matteo sono estremamente frequenti. Ognuno vive una storia all’interno di una famiglia che, il più delle volte, è soggettiva e spesso diversa da quella degli altri fratelli o dei genitori. È la propria storia, collegata alla propria personalità e al periodo storico in cui si è nati. Tutto può influenzarla: la qualità del rapporto di coppia dei genitori al momento della nascita, la situazione sociale ed economica familiare, le amicizie strette negli anni, e così via.

A volte può capitare che si maturi verso la propria storia e verso le relazioni familiari la profonda convinzione che si è stati vittime di un sistema che non funzionava. Vittime dell’egoismo di chi si sarebbe dovuto prendere cura di noi e non l’ha fatto, vittime di aspettative, bisogni e desideri che appartenevano ad altri e non a noi. Ci si può sentire come se in qualche modo non si è stati lasciati liberi di scegliere per sé, e di vivere la propria vita in pieno contatto con il proprio essere. Senza entrare nel merito di quale sia o meno la verità, spesso queste convinzioni così negative possono portarci, come nel caso di Matteo, ad un allontanamento sia fisico che mentale. Questa distanza è raro che però porti verso un pieno benessere. La nostra storia, le radici, i rapporti con fratelli e genitori costituiscono una parte di noi: rifiutando loro saremo sempre in una lotta profonda anche con una parte di noi stessi.

Come riuscire allora ad entrare in pieno contatto con sé stessi senza rifiutare il proprio passato seppur a volte si tratti di un passato doloroso? È essenziale a riguardo, senza la pretesa di essere esaustivi, trattandosi di un argomento complesso ed ampio, parlare di aspettative. Se è vero infatti, che ciascun genitore può avere avuto sulla vita di ciascun figlio delle aspettative più o meno pesanti che ne hanno condizionato le scelte e l’esistenza, è altrettanto vero che anche un figlio può aver avuto verso quella famiglia delle aspettative che ne hanno influenzato il modo di relazionarsi.

Quanto siamo influenzati, ad esempio, dall’idea di genitore ideale? Quanto crediamo che i bisogni nostri siano simili a quelli degli altri fratelli e proprio per questo ci aspettiamo una lealtà incondizionata e costante? Avere delle aspettative verso i propri familiari è profondamente normale. Un bambino, soprattutto, si aspetta che se piange il genitore accorrerà e se questo non accade possono svilupparsi degli importanti vuoti. È altrettanto importante però, soprattutto in età adulta, cominciare a vedere quei genitori, quei fratelli e quei familiari come delle persone, che in quanto tali posseggono pregi e difetti, limiti e risorse. Persone dotate di caratteristiche che ci hanno fatto più o meno soffrire nel corso della vita, ma che ognuno in forme e modi diversi, possiede.

Ogni caratteristica di un genitore che ci ha fatto soffrire deriva a sua volta dalla sua storia familiare e dalle proprie esperienze, in un’ottica complessa, ampia e intergenerazionale, che ha portato quel genitore a fare il meglio che poteva fare in quel determinato momento con le risorse di cui disponeva. È da questa preziosa consapevolezza che può cominciare un vero e proprio percorso di riavvicinamento verso  la propria storia e le proprie radici. Quello che non si è ricevuto in passato non lo si può più ricevere in età adulta, ma non tutto è perduto. È possibile, infatti, adesso nel momento presente, scoprire rapporti nuovi, costruire con i familiari, dove possibile, relazioni più adulte, che proprio perché meno basate su aspettative irrealistiche possono dare nuovi spunti di riflessione e generare nuovi contatti magari più soddisfacenti. È da qui che può partire un percorso anche di perdono verso relazioni e  persone percepite come non in grado di dare quello di cui si aveva profondamente bisogno, ma che in ogni caso hanno caratterizzato la nostra vita e hanno contribuito a farci diventare chi siamo adesso.

È partendo da queste consapevolezze che la guerra può cessare, una guerra verso la propria storia e verso una parte di sé che fa soffrire interi sistemi familiari compreso chi attivamente la mette in atto. È da qui che è necessario ricominciare per connettersi autenticamente con il proprio essere senza tranciare parti essenziali di ciascuno di noi.

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