Perché non facciamo come a Cuneo?

I modelli Parigi e Londra sono in crisi, quello Colonia è in discussione. Valorizziamo il pragmatico esempio della “Provincia granda”
Cuneo © Michele Zanzucchi 2016

Ho partecipato sabato scorso, a Cuneo, a una manifestazione per la celebrazione della XIV Giornata del dialogo islamo-cristiano. Un programma intenso che prevedeva una mattinata di interventi nelle scuole (in tandem credo efficace con il musulmano Davide Piccardo, coordinatore del Caim); un pomeriggio coi giovani cristiani e musulmani della città intenti a spiegare alla cittadinanza le differenze e le convergenze tra le due religioni e a discutere di media e religioni, di islamofobia e di violenza in tv; e una serata di incontro aperto con la cittadinanza dal titolo “La ricchezza nelle differenze”, moderato da Enrica Giordano, della Scuola di pace di Boves. 500 persone affollavano la palestra del Centro dei tommasini, dei gesuiti, che funziona da anni come sala di preghiera per i musulmani di Cuneo, che proprio in questi giorni stanno aprendo il loro primo Centro di cultura islamica nella città. Organizzatori principali, l’Associazione Orizzonti di pace, il Movimento dei Focolari e la comunità islamica.

 

La conoscenza coi musulmani locali, rilassati e rispettosi, decisi nella loro fede ma nel contempo non invasivi, mi ha svelato quello che mai nessuno ha definito “Modello Cuneo”, ma che mi sembra ben più efficace dei vari modelli di integrazione che vanno per la maggiore. Il “Modello Parigi” (puoi diventare presidente della Reopubblica, come è successo a Sarkozy, anche alla seconda generazione, basta che sposi in toto la cultura francese) e il “Modello Londra” (conserva pure la tua cultura e le sue regole, ma esercitale solo in quartieri ben precisi, con la conseguenza della creazione di tanti Londonistan) sono sostanzialmente falliti, come dimostrano gli attentati del 13 dicembre a Parigi compiuti sostanzialmente da cittadini europei e la grande difficoltà di contenimento delle minoranze patita in Inghilterra. Il “Modello Colonia” (più pragmatico, basato sul rispetto della legge locale e sul rifiuto di creare quartieri-ghetto), sembrava avere maggior successo, ma lo shock dell’ondata migratoria recente lo sta mettendo in discussione, come testimoniano i fatti della notte di Capodanno.

 

A Cuneo e provincia l’integrazione sta funzionando meglio sia per i numeri più ridotti, sia per la necessità di trovare lavoratori per mestieri non più svolti dagli italiani, sia in fabbrica che in campagna, sia per la presenza di un abitato molto diffuso su ampi spazi, cioè non concentrato eccessivamente in nuclei urbani poco umani. Ma il principale motivo del “Modello Cuneo” sta, secondo me, nella gente, amichevole, aperta e assai “cattolica”, nel senso di universale, senza preconcetti e accogliente. Chissà, forse è un modello esportabile…

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