Perché canta l’usignolo

Vi racconto la storia di un usignolo, anzi la storia di tutti gli usignoli. L’avete mai sentito cantare in primavera? Al festival canoro degli uccelli – se ci fosse – sicuro vincerebbe il primo premio, con i suoi meravigliosi canti, le note limpide come acqua di fonte! Ebbene, un usignolo – anzi due – avevano fatto il loro nido nel buco di un tronco. L’albero si trovava nel giardino di un signore che studiava proprio la vita degli uccelli. Queste persone che conoscono le creature che volano si chiamano ornitologi. Mamma usignolo il nido l’aveva costruito lei stessa col suo piccolo becco e vi aveva deposto sei uova. Mentre lei le covava con grande amore, il papà andava in giro per procurare da mangiare ad entrambi. Dopo 13 giorni le uova cominciarono a rompersi: i piccoli picchiavano da dentro col loro beccuccio finché riuscirono a liberarsi dai gusci e si trovarono tra le ali accoglienti della mamma. Erano senza piume e non riuscivano neanche a stare in piedi. Per fortuna mamma e papà provvedevano a tenerli al caldo e a proteggerli dai pericoli. Da quel giorno papà usignolo cominciò a cantare, cantare… una cascata di note, che riempiva la notte e il giorno di gorgheggi e di trilli argentini. All’ornitologo piaceva tan to quella voce dolcissima e la notte si lasciò cullare dalla deliziosa melodia. Però era molto curioso e si chiedeva: Perché l’usignolo canta sempre? E non gli basta farlo solo di giorno!. (Fra l’altro dovete sapere che degli usignoli solo il maschio canta, mentre la femmina no). La mattina gli venne un’idea: si avvicinò al nido e prese due dei piccoli nati. Se li portò in casa, li avvolse in panni di lana per tenerli al caldo e li depose in un cestino, proprio come se fossero nel nido tra il papà e la mamma. Li nutrì e li fece crescere. Dopo due settimane li riportò al loro posto, perché i piccoli avrebbero cominciato a volare. Infatti poco dopo arrivò il momento. Lo studioso corse ad osservare la scena: mentre si lanciavano nelle prove di volo, i maschietti fecero sentire la loro voce cominciando a cantare come il papà. Invece i due che erano stati in casa emettevano degli urletti così stonati che le sorelline scapparono via spaventate. Ecco allora svelato il mistero! Papà usignolo sa che i piccoli hanno bisogno anche di lui, e non solo della mamma. Lui sa di avere un mese di tempo per insegnare le sue tantissime strofe (più di trecento!) e assicurare così la vita e il futuro della specie. Anche lo studioso aveva due bimbi. Però li lasciava sempre alle cure della mamma, con la scusa che aveva tanto lavoro! e quando lui tornava a casa, i bambini erano già a letto. Ma da quel giorno decise di fare come papà usignolo. Non voleva più perdere tempo. Trovava tutte le occasioni per dare loro il suo amore e insegnare tutte le cose belle che sapeva. E la sera, insieme alla mamma, non mancava mai di dare loro il bacio della buona notte. Al suo posto chi l’avrebbe potuto fare?

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