Per sempre?

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Valli del Pasubio è un piccolo centro aggrappato alla montagna, quasi un ultimo deciso tentativo di difesa dalle comodità della pianura. Mentre mi arrampico su per la strada principale del paese, penso a coloro che mi aspettano. Sono un folto gruppo di fidanzati che si preparano al sacramento del matrimonio. Con loro discuterò di alcuni aspetti della psicologia di coppia: innamoramento, amore, comunicazione e relazione, crisi… Mi diverto sempre a far scivolare le schermate di un powerpoint un po’ intrigante e a provocare i giovani che, alleati, stanno al gioco. Ma oggi mi sorprendo anche a pensare a quest’incontro con un misto di tenerezza e di complicità. Poi un impeto poco professionale, ma molto umano, mi scuote. Di questi tempi questi candidati al matrimonio mi sembrano tanti piccoli-grandi eroi. Matrimonio? Eh no! Prima lavoro fisso, casa, auto… costi pesanti, crisi, fedeltà, realizzazione personale: tutto cospira e il buon senso viene sopraffatto. L’io si rinfranca nel noi più bello e sincero, per poi essere soffocato da timori e previsioni infauste, a cui fa seguito certa logorrea mass-mediatica e politica, che pare solo occupata a dirottare le tensioni e le forze, in un processo autodistruttivo del tessuto sociale. Quando arrivo, don Maurizio mi informa: il clima è proprio disteso e c’è attesa. Mi riempiono gli occhi e il cuore questi nuovi e sconosciuti eroi, che non sanno di esserlo, per i quali io credo in te e credo in me significa sfidare i fantasmi della paura, cavalcare la dignità e il coraggio di far proprie le promesse da mantenere. Quando li ringrazio per quel loro sorriso al futuro, mi guardano meravigliati e forse anche un po’ sospettosi: è così difficile pensare di voler sposare il battito del proprio cuore, la ragione del respiro, l’altro venuto in dono? Com’è naturale per ciascuno di loro, o forse per la maggior parte di quei giovani pensieri, che il sacrificio e la rinuncia non portino questi nomi: Amore è scritto e dà e lava e muta, solleva e accoglie, accarezza ed eleva, comprende. E perdona. Parole d’oro, parole di granito. Il dubbio, l’umiltà, la fragilità s’accompagnano alla tenacia, alla fede, mentre carezze discrete in sala, assicurano, sì, che è possibile gestire la bufera della delusione fino a condurre questo piccolo amore in porto, sano e salvo. Che è possibile ricominciare. Mentre fuori la pioggia battente lucida i tetti e scroscia sposando il torrente di sotto, decido di leggere per loro quel brano che avevo accantonato da tempo, che temevo non avrebbero capito. Loro, questi nuovi fidanzati, in questa stagione buia, hanno voglia di lottare, di guardare in faccia la speranza. Vieni a sederti accanto a me sulla panchina davanti a casa, moglie cara. È tuo diritto: saranno presto quasi quarant’anni che siamo insieme. Questa sera è bel tempo ed è anche la sera della nostra vita: tu hai ben meritato questo breve momento di riposo. I nostri figli si sono ormai sistemati e se ne sono andati per il mondo; e noi siamo di nuovo soli, come all’inizio. Ricordi? Non avevamo nulla per cominciare, bisognava fare tutto. Ci siamo messi al lavoro ed è stata dura; c’è voluto coraggio e perseveranza. C’è voluto amore e l’amore non è quel che si crede quando si comincia. Non sono soltanto quei baci che si scambiano, quelle parole che si sussurrano all’orecchio: non è neppure il tenersi stretti l’uno contro l’altra. La vita è lunga, il giorno delle nozze non è che un giorno; soltanto dopo, ricordi, è iniziata la vita. Bisogna fare e viene disfatto; bisogna rifare e viene disfatto ancora. Vengono i figli: occorre nutrirli, vestirli, allevarli: è una vicenda senza fine. Talvolta si ammalavano, tu rimanevi in piedi tutta la notte, io lavoravo dal mattino alla sera. Giungono dei momenti in cui si dispera; gli anni si succedono agli anni e non si va avanti. Spesso sembra di tornare indietro. Ricordi tutte queste cose? Tutte queste preoccupazioni, tutti questi affanni: soltanto tu sei sempre stata qui. Siamo rimasti fedeli l’uno all’altra. Ho potuto appoggiarmi a te e tu ti appoggiavi a me. Abbiamo avuto la sorte d’essere insieme, ci siamo messi tutte e due all’opera, abbiamo resistito e tenuto duro. Il vero amore non è quello che si crede. Il vero amore non dura un giorno, ma sempre. Vuol dire aiutarsi, comprendersi. E, a poco a poco, si vede che tutto si accomoda. I figli sono cresciuti, hanno preso una buona piega; ne avevano avuto l’esempio. Abbiamo consolidato le fondamenta della casa: se tutte le case del paese saranno solide, anche il paese sarà solido. Perciò vieni accanto a me e guarda, poiché quando il cielo è rosa come questa sera, quando una polvere rosa s’alza da ogni parte e penetra fra gli alberi, è giunto il tempo di raccogliere e riporre il grano. Stringiti contro di me: non parleremo, non abbiamo più bisogno di dirci nulla. Abbiamo solo bisogno di stare insieme ancora una volta e di attendere la notte nella soddisfazione del dovere compiuto. L’attenzione è assoluta ascoltando le parole del poeta, di Ramuz. Qualcuno mi chiede di avere queste righe. Eccole, le riscrivo per loro innanzitutto. Chissà, cosa ne faranno?

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