Per carità e per giustizia

Presentata una ricerca sul contributo degli istituti religiosi al welfare italiano. Nel 2011 sono stati censiti ben 14.246 servizi. I campi prevalenti: assistenza agli anziani e ai minori
Caritas distribuisce panettoni

Il welfare, o meglio, le politiche sociali, quello che oggi è azione comune e garantita, è stato anticipato fin dalla seconda metà dell’Ottocento dagli istituti religiosi con assistenza domiciliare, formazione professionale, scuole popolari, mense, case-famiglia, convitti per operai e operaie, tutela del lavoro minorile, asili infantili, doposcuola, patronati, sostegno alle migrazioni e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Le opere dettate dallo spirito di carità evangelico affrontano ambiti dolorosi e difficili, sono attente ai nuovi bisogni delle persone e delle famiglie, alle situazioni ancora non tutelate e spesso divengono modelli per i legislatori e gli amministratori pubblici. Emerge una Chiesa radicata nel presente e nell’urgente, con un’azione spesso sconosciuta ai media e molto apprezzata invece da chi di questi servizi usufruisce.
 
La ricerca Questo, in sintesi, il cuore di “Per carità e per giustizia: il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano, la ricerca voluta, coordinata e conclusa dalla Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism, 22 mila religiosi), dall’Unione delle superiori maggiori d’Italia (Usmi, 80 mila religiose), dalla Fondazione Roma-Terzo Settore e dalla Fondazione “Emanuela Zancan”, noto istituto di ricerca e studi sociali di Padova. Il copioso volume è stato presentato nei giorni scorsi in Campidoglio anche alla presenza del ministro del Lavoro Elsa Fornero.
Ricostruire il percorso dell’assistenza sociale in Italia attraverso le opere, le iniziative profetiche, le esperienze che i religiosi e le religiose hanno realizzato nel tempo, proprio alla conclusione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’unità d’Italia, ha un duplice significato. Innanzitutto, quello di far conoscere una parte della nostra storia poco presente nella storiografia tradizionale. Poi c’è lo sguardo al futuro per aprire prospettive sulle nuove povertà, sulle nuove metodologie di intervento, per stimolare a forme inedite di partecipazione e corresponsabilità.
 
I numeri Nel 2011 sono stati censiti ben 14.246 servizi e ben 13.298 sono nell’ambito socio-sanitario e socio-assistenziale. Il 38 per cento dei servizi è indirizzato sia ai minori che agli anziani, dominanti nell’attenzione ecclesiale. Il 33 per cento  si rivolge ali immigrati e alle povertà in generale; il 24 per cento gravita sui giovani e il 20 per cento su problemi connessi al lavoro. Il 15 per cento e il 17 per cento si dedica ai settori dei disagiati psichici, dei disabili e dei senza fissadimora; mentre il 13 per cento si occupa dei problemi legati alla prostituzione, con un 7 per cento per le dipendenze. Complessa l'analisi degli aspetti finanziari. Tutte queste opere vivono grazie a un mix di entrate pubbliche (49 per cento), rette a carico degli utenti e delle famiglie (56 per cento), donazioni e offerte (52 per cento), risorse proprie delle Congregazioni (56 per cento).
Circa i collaboratori, ovunque è forte la presenza di volontari (79 per cento, maggiore nell'area delle religiose) e di dipendenti (74 per cento). Nell'80 per cento dei casi i collaboratori laici superano il numero dei collaboratori religiosi e nel 42 per cento dei casi i volontari superano i dipendenti.
 
 
Napolitano e Fornero Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio in cui rileva il contributo «rilevante» dei cattolici «nei campi della cooperazione, educazione, istruzione e assistenza sanitaria e sociale, a favore di quanti vivono in condizione di povertà e precarietà sociale, contribuendo allo sviluppo economico-sociale del Paese e alla maturazione di valori, quali quelli della mutualità, solidarietà e convivenza pacifica, che trovano oggi consacrazione nella nostra Carta costituzionale».
 
Sullo Stato sociale è intervenuta il ministro Fornero, che ha manifestato l’intenzione del governo di ridisegnarlo su basi nuove, seguendo «il principio di equità per tutti che s’ispira in qualche misura alla preoccupazione che ha animato l’azione dei religiosi e dei santi sociali: operare per carità e per giustizia al bene comune».
Maurizio Giordano, presidente dell’Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale, ha precisato che la ricerca non è stata una celebrazione autoelogiativa, ma uno stimolo nel continuare a lavorare insieme, evitando le dispersioni del passato e coordinando, nel rispetto delle autonomie di enti ed organismi, le diverse iniziative sul piano culturale, propositivo, organizzativo, gestionale».
Anche il segretario di Stato Bertone ha ricordato che «un giusto ordine sociale deve garantire a ciascuno, nel rispetto del principio di sussidiarietà, la sua parte dei beni comuni».

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