Pentecoste di speranza

pentecoste andrea della robbia

La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; mi fece passare tutt'intorno accanto ad esse. Vidi che erano in grandissima quantità sulla distesa della valle e tutte inaridite. Mi disse: «Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?». Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai». Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annunzia loro: Ossa inaridite, udite la parola del Signore. Dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete. Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete: Saprete che io sono il Signore».

 

Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre io profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l'uno all'altro, ciascuno al suo corrispondente. Guardai ed ecco sopra di esse i nervi, la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c'era spirito in loro. Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza figlio dell'uomo e annunzia allo spirito: Dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano». Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.

 

Mi disse: «Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la gente d'Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nel paese d'Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò». Oracolo del Signore Dio. (Ez 37, 1-14).

 

È una delle pagine più belle della Bibbia e della letteratura mondiale. Non potevo esimermi dal riprodurla integralmente, per non privare i lettori di un’esperienza estetica e spirituale unica. E proprio nel giorno della Pentecoste.

 

Ezechiele si rivolge agli ebrei deportati in esilio a Babilonia, che hanno perso la speranza e si sentono oppressi in una situazione di morte. Sono come la distesa di ossa senza vita. Dio gli confida la missione di invocare lo Spirito su queste ossa per farle tornare alla vita. Un ammasso di ossa aride diventa un popolo vivo.

 

La visione di Ezechiele è di una attualità sconcertante e non è difficile tradurla nella nostra realtà. Il punto di partenza è la dichiarazione: «La nostra speranza è svanita, noi siamo perduti». Il problema non sono le ossa inaridite, il problema è che le ossa vogliono restare così: «Le nostre ossa sono inaridite», dicono. La situazione è fissata così per sempre, non c’è uscita: «La nostra speranza è svanita».

 

Le ossa non sanno – e non vogliono – darsi la vita. È la tragedia nelle tragedie della nostra umanità: niente cambierà, non c’è niente da fare. Stiamo alla finestra (della Tv, della radio, dei giornali, delle chiacchiere) a guardare questo fiume che scorre inarrestabile sotto i nostri piedi e che trascina con sé i brandelli delle nostre speranze. E intanto: «Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza», si ripete sconsolati e disillusi con Lorenzo il Magnifico. Senza più ideali, senza più profezia?

 

Eppure siamo invitati a profetizzare sulle ossa aride. Non perché abbiamo potere di ridare loro la vita, ma perché esiste lo Spirito della vita. Il primo passo è proprio credere che esiste e non è lontano: la colomba non vola nelle altezze dei cieli, ma ci porta «una tenera foglia di ulivo» (Gen 9,11).

 

Credere che esiste significa vedere dove e come opera, ricongiungendo le ossa e ricoprendole di nervi, carne e pelle. E dando loro vita. La mancanza di speranza ci fa “atei”, incapaci di vedere la presenza dello Spirito di Dio nel mondo, negandola praticamente. Si può andare a messa ed essere atei.

 

Il secondo passo è lasciare lo Spirito agire in pace, senza mettergli il bastone fra le ruote o il bavaglio alla bocca. Magari agisce attraverso persone che non vanno a messa e mette le sue parole sulle labbra di profeti non autorizzati ecclesialmente. Diceva Gesù: «Chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,40).

 

Il terzo passo è lasciarsi condurre dallo Spirito, disinstallarsi, muoversi. I morti della visione di Ezechiele riprendono vita, si alzano in piedi. Sono un esercito pronto ad agire. Il peccato più grave non è fare peccati, ma non fare. Uomini e donne inutili, cristiani inutili. Con questi lo Spirito Santo non sa cosa fare, non sono disponibili: occupati a non fare niente.

 

Un’ora per la messa della domenica e il resto della settimana? Lo Spirito Santo vola sopra di loro, ma non lo lasciano atterrare. O invece hanno speranza nel cuore e suscitano speranza negli altri? Concretamente: nel lavoro, nella scuola, con gli stranieri, gli anziani, le famiglie in difficoltà, il territorio, la politica, la cultura…

 

Il giorno di Pentecoste lo Spirito santo ha spalancato le porte del cenacolo. Non abbiamo paura di prendere il raffreddore.

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