Paul Simon ma che bella sorpresa

Il quasi sessantacinquenne Paul Simon è un artista vero. Col compare di un tempo, Art Garfunkel, ci ha regalato canzoni memorabili come The sound of silence o Bridge over trouble water; da solista capolavori cosmopoliti come Graceland, e un’infinità di altri gioielli capaci di esprimere in forma poetica le ansie del proprio tempo: cogliendone gli umori, rielaborandoli attraverso la propria sensibilità, per poi ributtarli fuori in forma d’arte. Ciò non gli ha certo impedito di confezionare anche opere discutibili o flop clamorosi, ma nel complesso il suo posto nell’olimpo del cantautorato planetario è fuori discussione. Il suo recente Surprise (Cgd-Warner), arrivato a sei anni di distanza dall’album precedente, tiene fede al titolo per parecchi motivi. Innanzi tutto perché non è da tutti confezionare un capolavoro dopo cinquant’anni di carriera. Poi perché ci va una buona dose di coraggio per mettersi così a nudo, e anche per esprimere sentimenti assai poco popolari di questi tempi: Chi ti amerà quando i tuoi sguardi si spegneranno? Dio lo farà, canta in Otrageus. Il disincanto con cui Simon guarda il mondo che lo circonda non impedisce la speranza né l’autocritica. In Everything about it is a love song canta: Se mai potessi tornare al Ventesimo secolo penso che avrei parecchi debiti da pagare. Apro il libro dei miei sbiaditi ricordi, col suo catalogo di rimpianti, per ciò che ho fatto e ciò che non ho fatto. Mi siedo, taccio, penso a Dio, e aspetto la mia salvezza… Lontano, oltre le nuvole d’oro, le tenebre vibrano. La terra è blu, e tutto è una canzone d’amore. Sorprende soprattutto l’ansia religiosa che pervade molti brani: una religiosità, beninteso, molto personale, talvolta spiazzante, ma capace d’arrivare al nocciolo dei problemi: Se la risposta è una luce infinita, perché continuiamo a camminare nelle tenebre? Come si può essere cristiani, ebrei mussulmani, buddhisti o indù?, si chiede nel brano d’apertura. In Wartime prayers Simon si fa ancora più diretto: Preghiere dei tempi di guerra, in ogni lingua, per ogni famiglia dispersa o distrutta. Perché non puoi camminare col sacro se sei appena un uomo a metà…. In Beautiful eleva un’elegia agli orfani del terzo mondo, Father & Daughter è un inno all’amore per la propria figlioletta, in I don’t believe punta il dito contro il degrado e la responsabilità di ciascuno per porvi rimedio: Non posso credere che siamo nati per essere un gregge di pecore. Un Simon sorprendentemente esplicito nel quale tuttavia ancora si specchia lo stupore di un eterno bambino, lo stesso degli occhioni azzurri che dominano la copertina. Quasi una risposta alle infinite inquietudini dell’oggi, dove l’assuefazione sembra l’unica vera costante. Ma se è vero che a tutto siamo ormai abituati, dalle stragi umanitarie alle derive morali dello sport, le sue nuove canzoni sembrano quasi delle piccole transenne davanti al baratro, splendide anche dal punto di vista stilistico. La produzione di Brian Eno, il tocco di strumentisti del calibro di Herbie Hancock e Bill Frisell, l’inconfondibile classe compositiva e interpretativa le trasformano in materiale ben più nobile e alto di buona parte di ciò che intasa l’etere contemporaneo: pop vagamente elettronico e variegate commistioni multietniche che sorreggono a meraviglia queste undici micro-suite che dribblano le consuetudini del canzonettismo imperante. Note e parole, domande e metafore che non hanno certo la pretesa di cambiare il mondo, ma che forse contribuiranno a dare un po’ di sollievo e di fiducia a chi non ha smesso di credere che l’impresa sia ancora possibile. CD Novità Novastar Another lonely soul (Virgin) La formula di questo quartetto belga ricorda parecchio il pop un po’ crepuscolare dei Coldplay. Una manciata di belle canzoni per una delle realtà più interessanti della nuova scena europea. AA.VV 35×35 (Alligator) La scuderia più prestigiosa del blues americano moderno festeggia e riepiloga i suoi primi 35 anni d’attività con altrettante performance suddivise in due cd. C’è la crema del rockblues moderno: da Albert Collins a Buddy Guy, dalle Saffire a Mavis Staples. Da non perdere.

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