Patto privato o sociale?

Non ci capisco più niente: tra i miei amici conviventi, alcuni reclamano un riconoscimento pubblico della loro unione, con i conseguenti diritti delle famiglie fondate sul matrimonio, mentre altri lo ritengono inutile, una formalità superflua, un impegno ingombrante, un narcotico del desiderio, o tutto questo insieme. Ammettiamo pure che tutte le opinioni siano uguali, ma questa benedetta firma ha o no un valore sociale oggettivo?. Giuseppe – Firenze ¦ Sotto il rifiuto di un impegno ci sono a volte esigenze comprensibili: voglia di sincerità, senso del limite, constatazione delle difficoltà concrete che i due potrebbero incontrare se si avventurassero in relazioni stabili, magari con figli: problemi economici, di salute, di relazione. C’è l’attrattiva per un viaggio insieme, che promette panorami e lidi sconosciuti e favolo- si, ma il pedalò biposto non dà molta sicurezza in mare aperto. D’altra parte sembra riemergere un certo desiderio di impegno, di un legame significativo e riconoscibile. Il patrimonio di pensiero e di esperienza sul patto coniugale, che come cristiani abbiamo ereditato, affonda le sue radici nella più alta valorizzazione del rapporto stabile tra uomo e donna, della loro fecondità fisica e spirituale, della loro testimonianza di unità nella diversità. Abbiamo il dovere di continuare ad arricchirlo e svilupparlo sempre, cogliendo i segni dei tempi e la voce dello Spirito che continua a dirci cose nuove. Certamente, la prima firma è da mettere ciascuno sul cuore dell’altro, a suggello di quel noi che è la struttura portante del nostro vascello incantato; allora il patto sotto gli occhi della società sarà sì un’assunzione di responsabilità consapevole, ma anche una sfida alla società stessa perché accolga con rispetto quello che vogliamo costruire anche a suo vantaggio. Quando ci sono le condizioni di stabilità e solidarietà la firma sia matrimoniale che nelle unioni di fatto ha un certo valore sociale. La sfiducia che respiriamo oggi nelle nostre strade è il prodotto di una pseudo cultura che ci ricaccia nell’isolamento, nella paura di incontrarci da persona a persona, forse per poter meglio seminare il seme striminzito del consumismo, dell’edonismo, dell’individualismo. Proponiamo ai giovani, prima ancora di sposarsi, di condividere un frammento della loro vita con altri giovani magari privati delle aspettative più elementari, con famiglie in difficoltà, con popoli schiantati dalla guerra o dalla povertà endemica. Troveranno risposte a domande che spesso ancora non si sono fatti, e tra queste anche la risposta al senso di un amore che si dona fino in fondo. spaziofamiglia@cittanuova.it

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons