Pat come Patagonia

Pat Zapata viene dalla Patagonia, da Punta Arenas, una piccola città all’estremo sud del Cile, di fronte alla Terra del Fuoco: una delle regioni più affascinanti e imprevedibili del mondo per la varietà dei suoi paesaggi, ora dolci, ora aspri, popolati da cormorani, pinguini, leoni ed elefanti marini. A dispetto del clima freddo e avverso, la gente che abita in quei luoghi è calda, amante della vita famigliare e delle lunghe conversazioni attorno al camino. Ho un bellissimo e gioioso ricordo della mia infanzia – mi racconta la giovane amica -; con i miei si rideva tanto. Io sono la più piccola di tre sorelle, ma in casa c’erano spesso cuginetti, amici, compagni di scuola. I compleanni erano tutta una festa: la mamma preparava ogni cosa con cura, dai dolci ai cappellini colorati, e tutto si risolveva in un travolgente, festoso, condiviso baccano. I miei non erano particolarmente religiosi anche se, a loro modo, credenti: certamente non praticanti. Papà, profondamente sensibile ai valori dell’uguaglianza, della solidarietà e della giustizia sociale (anche in tempi quanto mai precari per chi non aveva idee livellate su quelle del governo), lavorava come geologo ma aveva una vena assai pronunciata come scrittore, dote che esercita tuttora. E comunque dalla mamma ho imparato alcune preghiere che con lei recitavo ogni sera prima di addormentarmi. Essendo l’oratorio vicino a casa, fin da piccola ho potuto frequentarlo ed il ricordo più bello e l’emozione più forte di quel tempo sono legati senz’altro alla prima Comunione. Da allora il rapporto con Gesù e la Madonna ha preso stanza nel più profondo del mio essere, rifacendosi vivo in momenti decisivi della mia vita. Mamma e papà hanno anche molto stimolato in noi la vena artistica. Per alcuni anni ho frequentato con le mie sorelle un’accademia di danza ed approfondito la conoscenza della musica, particolarmente il suono del flauto dolce e traverso, suonando musica classica in una piccola orchestra da camera. Più tardi ho fatto parte di un complesso scolastico vocale che si è esibito anche in manifestazioni a livello nazionale. Intanto, durante il liceo, Pat rimane colpita dal modo di vivere di alcuni Giovani per un mondo unito appartenenti ai Focolari. Partecipa anche a qualche loro iniziativa, ma la cosa si ferma lì, senza ulteriori approfondimenti. Adesso per lei il problema principale è quello della scelta della facoltà a Santiago, dove già si trovano le sorelle che frequentano l’università. Quando ho scoperto che esisteva la facoltà di pedagogia della musica, l’ho sentita fatta per me. Avrei potuto, pur non abbandonando la musica, essere in contatto con i ragazzi, aiutarli in qualche maniera. Anche i miei erano d’accordo e così mi sono iscritta. Arriva così il momento di lasciare la sua bella Punta Arenas per trasferirsi nella capitale, 3000 chilometri più a nord. L’impatto con la grande città è fortissimo. Fin dal primo giorno sbaglia nel prendere l’autobus, finendo lontano da casa; poi si accorge dell’isolamento nel quale ogni persona vive, sempre frettolosa per le vie, quasi senza guardare in faccia i prossimi. È l’inizio di una nuova tappa, tanto diversa dalla precedente. Sono gli anni Novanta, periodo di transizione dalla dittatura militare ad un sistema più democratico, ma l’università che frequenta, famosa per scioperi e rivolte contro il governo, fatica ad abituarsi ad un clima di minor contestazione; spesso avvengono ancora marce e scioperi in difesa di diritti veri o presunti, con interventi della polizia. Pat fa nuove amicizie, incomincia a frequentare compagni di studio che amano attardarsi sui prati fino a notte inoltrata, chiacchierando, ridendo, suonando la chitarra… e soprattutto bevendo e fumando. Ma ben presto si accorge che girano alcol e marijuana. Tutto era nuovo per me, ed essendo alla ricerca di qualcosa di più volevo provare fino in fondo quella che credevo fosse libertà. Non avevo mai bevuto alcolici: ho incominciato. Non avevo mai fumato in vita mia: ho provato a fumare, anche marijuana naturalmente. Si rimaneva sul prato inebriati, sotto l’effetto magnifico di un mondo visto alla rovescia… finché durava! Poi di colpo questa sensazione di benessere sfumava e rimaneva dentro solo un immenso incolmabile vuoto. Sentivo che tutto questo era falso, che la vita e la felicità erano un’altra cosa, ma non sapevo decidermi. Dentro di me era tutta una contraddizione! Per fortuna non ho mai trascurato lo studio ed anche se non mi impegnavo più come prima, tutto procedeva abbastanza bene. Finché una notte è successo un episodio molto triste. Un’amica a me molto cara, in preda ad un forte turbamento, è venuta a confidarmi di essere stata violentata. Sconvolta, ho chiesto a Dio, col quale non avevo allentato del tutto, un aiuto speciale perché lei riuscisse a superare questo trauma. Sono stata ascoltata. Non solo: ho visto con una chiarezza del tutto nuova che la vita è una cosa seria, della quale ognuno deve essere responsabile sempre e fino in fondo. Quasi a sostegno del mio nuovo impegno, pochi giorni dopo alcuni giovani dei Focolari (il movimento era presente anche a Santiago) mi hanno cercata per chiedermi se volevo suonare nel loro complesso. Mi è sembrata una risposta alla mia preghiera, e ho aderito. Da allora la vita di Pat incomincia a correre su un altro binario. Immergendosi sempre più nella vita di un cristianesimo coerente e spesso controcorrente, gradatamente si impegna con i nuovi amici a testimoniarlo all’università, nei vari lavori che via via trova per mantenersi, con le sorelle, nel rapporto col fidanzato. Conclusi gli studi con una laurea a pieni voti, a casa per le vacanze, si trova ad affrontare i familiari con un atteggiamento nuovo: li ama come sempre e forse più di sempre, ma ciò nonostante intuisce che Dio la chiama a fare un passo importante e irrevocabile. Non può più nascondersi, anche se ancora non lo rivela a nessuno, che da qualche tempo avverte forte, perentorio ma dolcissimo, il vieni e seguimi di Gesù. A tale invito non saprà più resistere dopo l’opportunità in Italia, nella cittadella del movimento, di un’esperienza di vita in comune con altre ragazze provenienti dai vari continenti. E sarà un sì per sempre. È di questo periodo un fatterello forse banale, che però per lei dice tanto: aveva sempre desiderato che il suo ragazzo fosse un po’ più romantico e le regalasse ogni tanto magari un fiore, un pupazzetto, ma non era mai successo. Il giorno stesso della sua decisione di donarsi tutta a Gesù, rincasando trova appoggiato sul letto, messo non si sa bene da chi, uno spiritoso pupazzo che l’accoglie con le braccia aperte! Tornata in Cile, Pat è pronta perciò a seguire la sua vocazione al focolare. Ma quando arriva il momento di parlarne in casa coi suoi, non è subito capita. Lo dice al suo ragazzo, che scuote la testa. Si avvera anche per lei Non sono venuto a portare la pace ma la spada…. Trascorrono giorni di perplessità e di domande sulla propria capacità di rimanere fedele fino alla fine, ma più forte è il richiamo a spendere la propria vita perché si realizzi l’anelito di Gesù ad un mondo unito nel quale tutti si sentano fratelli. A Pat si spezza il cuore al pensiero di dover lasciare, forse per sempre, coloro che più ama al mondo, ma la voce interiore è perentoria e la giovane – come sa chi è chiamato – si sente ormai pronta a superare per Dio ogni ostacolo. Poi l’imprevedibile. Un giorno la mamma la chiama, la guarda in modo tutto particolare e le dice: Quando vuoi partire puoi farlo; io e tuo padre abbiamo accettato la tua decisione. Conclude Pat il suo racconto: Sono felice. Nella via del focolare mi sento ogni giorno di più immersa in una vita vera, impegnata, totalitaria, rivolta a costruire ponti fra tutti gli uomini. Non pensavo di potercela fare; quel sogno sta diventando realtà!

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