Partiti sull’orlo di una crisi di nervi/2: Scelta civica

L’equilibrio interno alla formazione, fra le sue diverse anime, dura meno di un anno. Nel  novembre del 2013, il senatore Mario Mauro (già europarlamentare del PdL, eletto a Palazzo Madama con Scelta civica e ministro della Difesa nel governo Letta) lascia Scelta Civica assieme ai parlamentari della corrente cattolico-popolaree comincia la débâcle
Mario Monti e il simbolo della sua coalizione

Scelta civica.  Alle elezioni politiche del 2013, i “governisti di centro” in cerca di stabilità che si erano affidati a Mario Monti, partecipano, per la Camera, con una coalizione di cui fanno parte l’Unione di Centro e Futuro e libertà per l’Italia, denominata Scelta Civica; per il Senato, la coalizione partecipa con una lista unica denominata Con Monti per l’Italia. La coalizione ottiene, complessivamente, 47 deputati e 19 senatori. Entra nella maggioranza dei governi Letta e Renzi.

L’equilibrio interno al partito, fra le sue diverse anime, dura meno di un anno. Nel  novembre del 2013, il senatore Mario Mauro (già europarlamentare del PdL, eletto a Palazzo Madama con Scelta civica e ministro della Difesa nel governo Letta) lascia Scelta Civica assieme ai parlamentari della corrente cattolico-popolare (da Lorenzo Dellai ad Andrea Olivero a Mario Giro) e fonda il nuovo partito Popolari per l’Italia. Assieme all’Udc costituisce, sia alla Camera che al Senato, gruppi parlamentari denominati Per l’Italia. Il partito di Mauro vota la fiducia al governo Renzi ed entra a farne parte con un vice-ministro e tre sottosegretari.

Nel marzo 2014 anche il senatore Gabriele Albertini (già PdL ed ex sindaco di Milano), abbandona Scelta civica, ma non segue Mauro ed aderisce al Nuovo Centrodestra.

Il 10 aprile scorso lascia la presidenza del partito, a cinque mesi dalla sua nomina, Alberto Bombassei (ruolo che aveva assunto dopo la scelta traumatica di Mario Monti di fare un passo indietro), spiegandone le ragioni in una lettera polemica, nella quale, fra il resto, dichiara di non condividere le scelte inerenti la nuova legge elettorale che non consentirà più ad un piccolo partito come SC di difendere un ruolo di “terzietà” rispetto alle coalizioni di destra e di sinistra. A differenza di  Albertini e di Mauro, Bombassei ha affermato di voler continuare ad onorare l’impegno di parlamentare rimanendo all’interno di SC.

Alle elezioni europee dello scorso 25 maggio, la coalizione delle politiche si scompone. L’Udc si presenta assieme al Nuovo Centrodestra, superando la soglia di sbarramento (4,38 per cento) e ottenendo 3 seggi al Parlamento europeo. I montiani, invece, decidono di correre da soli con la lista Scelta europea, con cui ottengono appena lo 0,7 percento: una vera débacle, che l’Istituto Cattaneo attribuisce sia all’astensionismo che al risultato del Pd di Renzi che avrebbe prosciugato di fatto il suo residuo elettorato.

Nei giorni scorsi anche il senatore Gianpiero Dalla Zuanna ha abbandonato Scelta civica entrando nel Pd, così motivando la sua decisione:«Il progetto politico di Scelta civica è stato per l’Italia di questi anni, provata da una grave crisi economica, politica e civile, un progetto importante e utile. Il quadro politico attuale ci dice tuttavia che la capacità espansiva del progetto di SC si va esaurendo e il risultato elettorale delle elezioni europee conferma questo dato. Ritengo che il Pd sia il luogo giusto per portare avanti le mie istanze e spero che questa mia scelta venga compresa».

Non solo Sel e SC. Fibrillazioni sono presenti anche nelle forze politiche non rappresentate in Parlamento. Un segnale arriva infatti da Italia dei Valori che, dopo il risultato deludente ottenuto alle elezioni europee (0,6 percento), si trova di fronte al bivio di trasformare il partito in movimento e trovare ospitalità per l’azione politica all’interno del Pd. D’altronde, prima delle consultazioni politiche di cinque anni fa, era questa l’idea di Antonio Di Pietro, fondatore e padre storico di IdV, e chissà che non venga raccolta dai suoi eredi.

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