Parole come punti luminosi

Importante è mettere in pratica la verità contemplata.
Ragazzi nella folla

Studiavo medicina quando a Roma, nel febbraio del 1949, sentii Chiara raccontare la sua esperienza spirituale e quella del primo gruppo sorto attorno a lei. Era la semplice esposizione di fatti meravigliosi eppure “normali”, come sempre accade quando Dio interviene nella storia degli uomini. Si trattava di accettare o no quel racconto. Ma se uno lo accettava, non c’era altra strada per saperne di più che seguire quella giovane donna che – lo si vedeva – “era” quella stessa esperienza viva, impersonava in modo genuino l’annuncio che portava; un annuncio fatto di Vangelo vissuto senza commenti.
Ciò che segnava allora tutta la vita del movimento nascente era la Parola di vita e la prima cosa che veniva richiesta anche a chi, come me, l’aveva appena conosciuto, era: racconta le tue esperienze sulla Parola. Era importante non solo contemplare questa luce, questa verità, ma metterla in pratica e poi comunicarne i frutti. Non bei pensieri, riflessioni, ma esperienze, cioè fatti magari apparentemente banali della vita quotidiana, ma illuminati dalla Parola.
Ricordo che, mesi dopo quel primo incontro, alla vigilia della laurea, ormai per me contava solo seguire Gesù. Ero pronto a lasciare famiglia, amici, studio pur di convivere con lui assieme ad altri chiamati nello stesso modo. Ma non esisteva ancora un “focolare” di cui entrare a far parte. Chiara stessa era ospite in quel periodo di una famiglia di Roma. Si viveva come agli inizi della predicazione di Gesù, quando i suoi primi discepoli gli chiesero: «Maestro, dove abiti?». Attirato a stare con Gesù, che per me significava stare con colei che me l’aveva rivelato così vicino e così affascinante, non mi preoccupavo minimamente di sapere cosa avrei fatto in un domani. Anche perché mi dava pace la parola «A chi mi ama mi manifesterò». Finché nel maggio di quel fatidico 1949 mi decisi a domandare direttamente a Chiara cosa le sembrava dovessi fare della mia vita. Anche la sua risposta fu a base di Vangelo: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che hai, dallo ai poveri e poi vieni e seguimi». E aggiunse, fra l’altro: «E chi non lascia padre, madre, figli, campi, per amor mio non può essere mio discepolo».
Le dissi sì, anche se in seguito fu tutt’altro che facile, perché significava tagliare sul vivo con tutto ciò che costituiva il mio mondo. Poi naturalmente arrivò il centuplo. Se tu dai tutto a Dio, ricevi anche tutto.
Queste, alcune delle frasi evangeliche che si vivevano in quei primi tempi, Parole diventate per me punti luminosi, tappe della mia vita spirituale.

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