Parola di vita – Febbraio

«Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito  nuovo» (Ez 36, 26)

Il cuore fa pensare agli affetti, ai sentimenti, alle passioni. Per l’autore biblico però è molto di più: assieme allo spirito è il centro della vita e della persona, il luogo delle decisioni, dell’interiorità, della vita spirituale. Il cuore di carne è docile alla parola di Dio, si lascia guidare da essa e formula “pensieri di pace” verso i fratelli. Il cuore di pietra è chiuso in sé stesso, incapace di ascolto e di misericordia. Abbiamo bisogno di un cuore nuovo e di uno spirito nuovo? Basta guardarci attorno. Le violenze, le corruzioni, le guerre nascono da cuori di pietra che si sono chiusi al progetto di Dio sulla sua creazione. Anche se ci guardiamo dentro con sincerità, non ci sentiamo mossi tante volte da desideri egoistici? È proprio l’amore a guidare le nostre decisioni, è il bene dell’altro?

Osservando questa nostra povera umanità, Dio si muove a compassione. Egli che ci conosce meglio di noi stessi, sa che abbiamo bisogno di un cuore nuovo. Lo promette al profeta Ezechiele, pensando non soltanto a singole persone, ma a tutto il suo popolo. Il sogno di Dio è ricreare una grande famiglia di popoli, come l’ha pensata dalle origini, informata dalla legge dell’amore reciproco.

La nostra storia ha più volte mostrato che da un lato, da soli, siamo incapaci di adempiere il suo progetto, dall’altro Dio non si è mai stancato di rimettersi in gioco, fino a prometterci di darci egli stesso un cuore e uno spirito nuovi.

Adempie in pienezza la sua promessa quando manda il suo Figlio sulla terra e infonde il suo Spirito nel giorno di Pentecoste. Ne nasce una comunità – quella dei primi cristiani di Gerusalemme – icona di un’umanità caratterizzata da «un cuore solo e un’anima sola»”1.

Anch’io che scrivo questo breve commento, anche tu che lo leggi o lo ascolti, siamo chiamati a far parte di questa nuova umanità. Più ancora, siamo chiamati a costruirla attorno a noi, a renderla presente nel nostro ambiente di vita e di lavoro. Pensa quale missione grande ci viene affidata e quanta fiducia Dio ripone in noi. Invece di deprimerci davanti a una società che tante volte ci appare corrotta, invece di rassegnarci davanti a mali più grandi di noi e chiuderci nell’indifferenza, dilatiamo il cuore «sulla misura del Cuore di Gesù. Quanto lavoro! Ma è l’unico necessario. Fatto questo, tutto è fatto». Era un invito di Chiara Lubich, che continuava: «Si tratta di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo ama. E dato che siamo nel tempo, amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener nel cuore rimasugli d’affetto per il fratello incontrato un minuto prima»2.

Non confidiamo nelle nostre forze e capacità, inadeguate, ma nel dono che Dio ci fa: «Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo».

Se rimaniamo docili all’invito ad amare ognuno, se ci lasciamo guidare dalla voce dello Spirito in noi, diventiamo cellule di una umanità nuova, artigiani di un mondo nuovo, nella grande varietà di popoli e culture.

 

Vivremo questa parola – scelta da un gruppo ecumenico in Germania – assieme a tanti fratelli e sorelle di varie Chiese, per lasciarci accompagnare da questa promessa di Dio, lungo tutto l’anno in cui si ricordano i 500 anni della Riforma.

 

1 Cf. Atti 4, 32.

2 C. Lubich, La dottrina spirituale, Città nuova 2002, p. 135.

 

testimoni del Vangelo

Santa Giuseppina Bakhita conobbe le angosce del rapimento e della schiavitù in Sudan. Venne però comprata da un console italiano,  Callisto Legnani, presso cui lavorò come domestica senza essere più schiava. Passò poi in casa di un amico di Legnani dove si prese cura della figlia e infine dimorò presso le Canossiane di Venezia, dove decise di rimanere per ricevere i sacramenti e prendere  i voti. Trascorse il resto della sua vita in un convento a Schio, dove lavorò come portinaia e venne ribattezzata “Madre moreta”. Da lì si sparse il suo carisma e la fama di santità, grazie al suo volto sempre sorridente e i modi gentili. Morì l’8 febbraio 1947 dopo una lunga e dolorosa malattia.

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