Paperone, un duro dal cuore tenero

Il miliardario straricco nato dalla penna di Carl Barks. Burbero e misantropo, ma anche simpatico e dinamico. La proiezione del sogno americano

È come se in lui vivessero, al tempo stesso, l’avaro che non vuole redimersi e detesta sia i poveri che il Natale ma anche l’uomo generoso che invece capisce di doversi redimere, conoscendo finalmente la gioia del dono e contribuendo alla felicità di chi gli sta attorno.

Stiamo parlando di uno dei personaggi più amati nel mondo della fantasia disegnata e colorata: il disneyano zio Paperone, eroe dei fumetti e dei cartoon, che in originale si chiama Scrooge McDuck (con la S scritta come il simbolo del dollaro) ed è di nobili origini scozzesi.

Carl Barks (Wikipedia)

Il suo nome infatti deriva da Ebenezer Scrooge, il protagonista di Canto di Natale, il classico di Charles Dickens datato 1843, per scelta del suo creatore, il formidabile Carl Barks, che lo partorì nel 1947: giusto 75 anni fa, il 15 dicembre.

Non a caso zio Paperone nella sua prima storia a fumetti dice apertamente di odiare il Natale e la mania di fare regali. La figura dello zio ricco (ma non sempre avaro) è già familiare al pubblico americano attraverso cinema e fumetti. Da qui la scelta di Barks, che sarebbe diventato famoso come l’Uomo dei Paperi.

Paperon de’ Paperoni (o Paperone o zio Paperone) è talmente ricco che il suo nome da tempo è diventato sinonimo di miliardario e i suoi soldi e il suo oro – sempre minacciati dalle mire dalla Banda Bassotti – sono ben custoditi in un famoso deposito nella città di Paperopoli, che è anche la casa del riccone e che spesso viene usato dal suo proprietario per farci un bel “bagno”.

Il nipote Paperino lo chiama ziastro (fra i due c’è spesso un rapporto conflittuale), ma i nipotini Qui, Quo e Qua zione (anche perché coprotagonisti di tantissime avventure di Paperone).

Già dal suo esordio in un certo senso Paperone dimostra la sua “doppia personalità”: burbero e misantropo all’inizio, simpatico e dinamico alla fine.

Ma Paperone è anche una proiezione del Sogno americano: la sua fantastica ricchezza deriva solo dal suo duro lavoro, cominciato come cercatore d’oro nel Klondike, in Canada, dove ha lasciato (e avrebbe poi incontrato) una sua vecchia fiamma, Doretta Doremì.

Senza dimenticare la sua mitica Numero Uno, una moneta da 10 centesimi di dollaro, la prima guadagnata a Glasgow come lustrascarpe (aveva solo 10 anni), e i suoi due nemici principali: il miliardario Rockerduck e la strega Amalia.

Negli anni novanta un altro grande autore di fumetti, Don Rosa, ha delineato un vero e proprio albero genealogico del papero, che a differenza di tanti altri personaggi invecchia e muore, anche se la sua vita è lunga un secolo: 1867-1967. Don Rosa infatti è l’autore della celebre Saga di Paperon de’ Paperoni, dimenticando però di citare un antenato italiano realmente esistito: Paparonus de Paparonis, vescovo di Spoleto tra il 1285 e il 1290.

Dai fumetti era inevitabile il suo passaggio al grande e piccolo schermo. Il personaggio appare nel mediometraggio del 1967 Paperone e il denaro, dove insegna ai nipotini i principi della finanza e la virtù del risparmio; nel mediometraggio del 1983 Canto di Natale, dove ovviamente interpreta Ebenezer Scrooge; la serie tv Duck Tales (1987-1990) e il film Zio Paperone alla ricerca della lampada perduta (1991).

Forse è proprio la complessità del personaggio ad averne favorito il successo. Come pure le sue storie originali e avvincenti, l’antagonismo o comunque la “diversità” con Paperino, la magia del disegno e della caratterizzazione.

Paperone sa essere generoso ed è pronto a sacrificarsi per i nipoti, non è solo il prototipo del ricco avaro. Per questo è facile ritrovarsi in lui, nei suoi pregi e nei suoi difetti: è l’essere umano che ogni giorno è chiamato a fare scelte importanti e a trovare il giusto modo di rapportarsi agli altri affrontando la complessità della vita e l’ambiguità delle situazioni. E questo, non te lo insegna nessuno, neppure se hai tutto il denaro del mondo.

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