Papa Francesco è capito in Asia?

A colloquio con un missionario che ha speso la sua vita in Asia, nelle condizioni più difficili, a contatto con ammalati di HIV: cosa pensa una parte del clero di fronte alla rivoluzione che Bergoglio sta portando nella Chiesa?
thailandia

Oggi appuntamento con Padre Amedeo, membro di un istituto  religioso italiano (preferisco tenere nascoste le vere identità del sacerdote italiano), presente nel Sud est asiatico da circa 50 anni con imponenti strutture, per commentare insieme alcuni fatti della Chiesa e inizia a dirmi subito:  «Non capisco come mai una buona parte del clero non ami Papa Francesco», borbotta il missionario: «Preferiscono il potere, il denaro, la vita facile, le belle macchine: l’onore, che qui in Thailandia è dovuto al solo fatto d’essere un uomo di religione, di portare un vestito, sia da monaco sia una tonaca da prete: che tristezza». Ci conosciamo da 30 anni e più, abbiamo studiato la lingua thai insieme e direi che ci capiamo al volo. «Su, Padre Amedeo, non essere pessimista», gli rispondo.

E lui: «Non ho ancora visto nessun prete vendere la sua bella macchina, o rinunciare a qualche gita all’estero, naturalmente in buoni alberghi e non con voli low cost; ancora non ho visto nessun cambiare i piani pastorali in favore dei poveri; la preferenza per gli ultimi rimane uno slogan. Papa Francesco è amato dalla gente semplice, dai lontani dalla Chiesa, da chi è in errore, ma non è seguito dal clero: perché è scomodo a tanti di loro. Francesco richiama ad una radicalità evangelica sconcertante, che mina i principi stessi della cultura di questi posti, del titolo onorifico dovuto all’autorità, del rispetto, del potere, ed in definitiva, dei privilegi ecclesiastici: vuol togliere la sedia comoda a tanta gente dentro la Chiesa, e questi non vogliono mollarla».

Ci sediamo, e continuiamo la nostra conversazione davanti ad un caffè; qualche risata per smorzare l’atmosfera e continuiamo a parlare dei suoi poveri, degli ammalati con esempi anche sconcertanti. Poi il missionario continua: «E pensare che i buddhisti, intendo i monaci seri, quelli che vogliono arrivare all’illuminazione, lo ammirano tanto e qualcuno cerca anche di capirlo, di imitarlo: certo rimane per loro un mistero, come un uomo di un tale potere possa abbassarsi a lavare e baciare i piedi di una donna musulmana: come possa rinunciare ad una bella macchina per una utilitaria. Uno di loro mi ha chiesto: “Padre, avete un tale esempio nella Chiesa Cattolica con papa Francesco, perché i sacerdoti non lo imitano? Continuate ad avere belle auto, scuole costose, ospedali, dove solo i ricchi possono andare”. La situazione è che siamo, almeno qui, una Chiesa ancora ricca e per i ricchi. I poveri prendono le briciole e sono le pecore da guidare: non ci lasciamo guidare tutti insieme da Cristo».

Ascolto ancora questo sacerdote che mi racconta dell’ultimo suo progetto, per gli anziani abbandonati. È bello sentire di esempi vivi di Vangelo vissuto; certo, nessuno è perfetto ed esente da critiche, lui compreso. Ricordiamo insieme Chiara Lubich, fonte di ispirazione anche per lui, che soleva dire ai sacerdoti e religiosi: «Amate, preoccupatevi solo d’amare il prossimo e troverete la felicità». C’è anche speranza, ed una visione positiva per il futuro. «Ieri come oggi ‒ continua padre Amedeo ‒ la rivoluzione del Vangelo continua, nonostante tutto, in mezzo anche a piccole o grandi difficoltà ed anche approvazioni. Ci sono sacerdoti che continuano il loro impegno nelle baraccopoli di Bangkok a favore dei più poveri e degli ammalati; i seminaristi ed i sacerdoti giovani hanno un differente approccio verso la gente e s’interrogano sempre di più su come sarà il loro ministero: con papa Francesco, c’è un cambiamento inesorabile che sta prendendo forma. E noi dobbiamo favorire questo, con tutte le nostre forze. Ho fiducia nelle nuove generazioni: ho fiducia che il Bene vincerà, anche se “appeso in croce”. Io ho creduto in una Chiesa così e voglio continuare a crederci».

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