Il papa al Congresso Eucaristico di Budapest

L’invito di Francesco a lavorare in positivo insieme, per costruire ponti ed educarci alla fraternità. L’incontro con Orban.
(AP Photo/Gregorio Borgia)

Il 52° Congresso Eucaristico non poteva sperare migliore conclusione della messa celebrata da papa Francesco a piazza degli eroi, una delle piazze più importanti della capitale magiara. Le sue statue commemorano i leader delle tribù fondatrici dell’Ungheria e, in un architettonico abbraccio semicircolare, ecco le statue dei personaggi che hanno intessuto la travagliata storia di una nazione che nel suo inno canta che i magiari “hanno scontato il passato ed il futuro”.

Qui è stato innalzato un palco che nell’apparente semplicità, esprime il carattere degli ungheresi, nobile ed ingegnoso. All’apertura del Congresso su quel palco si era presentata l’Ungheria, con danze che nei suoi costumi tradizionali, famosi in tutto il mondo, parlano oggi della fedeltà del popolo ad un passato che non è mai trascorso e che, per i cercatori di notizie provocatorie, diventa accusa di chiusura e nazionalismo.

Il congresso ha avuto protagonisti provenienti da vari paesi che si sono avvicendati con lo sfondo dei posti più belli di Budapest. Per chi ha seguito le fasi del congresso l’immagine ricorrente è stata “armonia, serenità, gioia”. Mentre il sensazionalismo giornalistico veniva deluso dalla bellezza dei volti dei partecipanti di ogni età, per i cattolici che da qualche anno hanno pregato alla fine di ogni messa per il congresso, l’evento si è compiuto con le indicazioni del Pontefice.

(AP Photo/Gregorio Borgia)

Francesco nella sua omelia, prendendo come simbolo il Ponte delle Catene, il primo ponte stabile sul Danubio, ha detto: «Collega le due parti di questa città: non le fonde insieme, ma le tiene unite. Così devono essere i legami tra di noi. Ogni volta che c’è stata la tentazione di assorbire l’altro non si è costruito, ma si è distrutto; così pure quando si è voluto ghettizzarlo, anziché integrarlo. Quante volte nella storia è accaduto! Dobbiamo vigilare e pregare perché non accada più. E impegnarci a promuovere insieme un’educazione alla fraternità, così che i rigurgiti di odio che vogliono distruggerla non prevalgano».

Che il Papa sia un costruttore di ponti si è visto anche negli incontri che hanno preceduto la messa. Questi sono avvenuti nel Museo delle Belle Arti che sta su un lato della Piazza, con i politici e poi coi rappresentanti di varie chiese e comunità ebraiche.

Il primo ministro, Viktor Orbán, ha dichiarato poi su Facebook: «Ho chiesto a papa Francesco di non lasciare che l’Ungheria cristiana perisca». Il pontefice, nel suo incontro con autorità civili e religiose, ha espresso il mandato di costruire il futuro insieme e, consapevole che in Ungheria viveva la più grande comunità ebraica d’Europa, di cui più di 430.000 deportati nel 1944 dai nazisti e sterminati nei campi di sterminio, il suo pensiero espresso nell’omelia della messa ha avuto un peso che gli storici hanno sottolineato: «Penso alla minaccia dell’antisemitismo, che ancora serpeggia in Europa e altrove. È una miccia che va spenta. Ma il miglior modo per disinnescarla è lavorare in positivo insieme, è promuovere la fraternità».

Lavorare in positivo insieme. Uno slogan che la gente che aveva ascoltato il Papa ha portato con sé come un mandato, un programma.

Il viale che conduce a Piazza degli eroi, la sera di sabato 11 settembre, triste ricorrenza del crollo delle torri gemelle, era stato percorso da una commovente interminabile fiaccolata con Gesù Eucaristia. Una vecchietta aveva espresso la sua gioia: «Questo viale non è più lo stesso… passa Gesù». Dalla saggia semplicità di una donna si potrebbe desumere il titolo per il Congresso: Gesù si è fatto nostro compagno di strada.

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