Pagine a coprire il mondo

Sono 100 minuti di spettacolo che lasciano il segno; Al di là della bravura, vorrei approfondire il messaggio che ne è alla base; Mi ha fatto pensare: impressioni colte al volo al termine dello spettacolo di Genzano. Le componenti del Gen Verde sono ai piedi del palcoscenico, risucchiate da piccoli capannelli di gente. Come a Como, Brescia e Milano… per migliaia di spettatori, in show e scuole, in circoli ricreativi e su Internet. Il Gen Verde, appunto: 24 artiste di 14 nazionalità, che suonano, danzano, recitano compongono, incontrano giovani e adulti. Da quasi quarant’anni. Dopo Prime pagine, ecco dunque lecate in profondità. Una donna a Brescia ci ha detto: In quella rappresentazione del dolore ho visto trasfigurato il mio. Il nostro impegno trova lì il suo senso. Uno spettacolo fortemente voluto… Un progetto – interviene Paola Stradi – che ha preso forma in una paziente tessitura di parole, immagini, musiche, passi di danza e gesti. Riannodare e comporre insieme in armonia i fili di culture ed esperienze musicali diverse, che rispecchiano, appunto, la nostra realtà multiculturale, rappresentano gran parte del nostro lavoro. Sono la nostra fucina o piuttosto il nostro telaio: non proponiamo nulla di diverso rispetto a ciò che ci sforziamo di vivere ogni giorno. Il fatto è che l’intera costruzione dello spettacolo rispecchia questa dimensione di un’esperienza musicale unica nel suo genere – aggiunge ancora la Henderson -, dove i vari stili non soffocando le personalità, alla fine le valorizzano, e conferiscono al complesso una sua tipica fisionomia. LO SPETTACOLO La complessità d’un ambizioso progetto. Uno spettacolo atipico, un musical a 360 gradi. Diciamolo subito: era un progetto ambizioso e arduo quello di dare forma teatrale, in senso lato, a vicende di persone che hanno segnato lo sviluppo di un’avventura evangelica iniziata più di sessant’anni fa. Il Gen Verde ci prova con La coperta del mondo, volendo così proseguire un racconto musicale e scenico iniziato con Prime pagine. Queste seconde si riallacciano alle immagini di distruzione del Secondo conflitto mondiale, l’epoca in cui s’innesta la storia degli inizi del focolare. Proiettate su pannelli mobili che riempiono il palcoscenico scorrono veloci insieme a inserti video di altri avvenimenti che hanno segnato il secolo appena trascorso, fino a dissolversi sulla immagine del germogliare di una verde pianta, simbolo eloquente della nascita – nel dramma della distruzione – di una nuova vita, di un nuovo popolo. Da qui, con musiche, canti, danze, proiezioni e brani recitati, parte lo spettacolo, che fa perno sul dialogo – spesso filosofico, a tratti didascalico – tra due persone di diverso credo: una credente e l’altra agnostica. I due personaggi indugiano su riflessioni riguardanti la fede, l’amore, il bene e il male, a voler cercare, nel rispetto della diversità, un unico credo che dia senso e valore all’esistenza, e trovare ciò che accomuna e non ciò che divide. Nell’esporre le proprie convinzioni e nel manifestare domande, certezze, dubbi e interrogativi insiti nell’uomo, si alternano flash danzati o recitati che vogliono illuminare di vita vissuta le parole. Ed ecco tre don ne raccontare e cantare, alternandosi e riprendendo l’una il ritmo dell’altra, episodi del vivere quotidiano impregnato di vangelo. Il linguaggio dell’insieme, che ovviamente è alla ricerca di un sempre maggior amalgama drammaturgico, trova così sprazzi di narrazione ripresi in vari momenti dello spettacolo. E diventa corale quando, nel voler spiegare il concetto di unità, mette in campo una schiera di talenti musicali di inguaribili solisti dove ciascuno col suo strumento afferma la propria individualità. Fino a comprendere, dopo aver cercato di emergere l’una sull’altra, l’importanza di collaborare scoprendo la forza e la bellezza di comporre insieme un’unica armonia. Perché tutti, di qualsiasi razza, credo, cultura, siamo accomunati da una fratellanza che ci lega, viviamo sotto un invisibile, unico manto – la coperta del titolo – che ci avvolge. Sulle note finali della canzone che dà il titolo allo spettacolo, ciascuna delle componenti porta un brandello di stoffa di colore e foggia diversa, che formerà, sollevato in una danza festosa, un unico grande manto che vorrebbe arrivare alla platea. IL DISCO Il nuovo disco nelle parole di Enrico Sabena, noto musicista, arrangiatore e creatore di sound. Una collaborazione già collaudata da anni, quella con il Gen Verde, ed ora – con La coperta del mondo – la sintesi di un percorso musicale avviato per valorizzare il gruppo, preservandone l’anima. Sound attuale, canzoni fresche, l’ascolto del respiro della gente: un disco come espressione di un corpo . Ho messo a disposizione la mia esperienza e il mio studio di produzione musicale, arricchendo il Gen Verde di quell’oggettività che una visione esterna può dare. Ho aiutato a rielaborare i loro provini e gli arrangiamenti in maniera compiuta, in ogni tipologia di stile: rock, dance, two-step e così via. Una particolare attenzione è stata prestata per i pezzi meditativi (per esempio, L’attimo che va e Your image), ossia quelle canzoni che ti devono condurre immediatamente alla contemplazione. In questo caso, normalmente mi comporto come per le colonne sonore cinematografiche, ossia faccio in modo che già la sola base musicale, senza testo, crei il clima adatto. Così poi, quando le voci del Gen Verde cantano le parole, il tutto diventa una vera bomba. Gli intrecci vocali del Gen Verde sono davvero unici e costituiscono la peculiare personalità musicale del gruppo: sono l’elemento di unitarietà nella varietà di stili musicali che compongono La coperta del mondo.

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