Paganini rockstar

Un evento da non perdere, al Palazzo Ducale di Genova

Ricordate Il violinista del diavolo, il film del 2013 con David Garrett ad incarnare corpo e musica il diabolico genio genovese? Certo, non un lavoro eccelso (a parte le performance musicali di David), ma dava l’idea del meccanismo messo in atto per ottenere il successo dal violinista e naturalmente dai suoi agenti, gente, ovvio, di non troppi scrupoli.

Messinscene teatrali e diaboliche, vita esagerata, tour internazionali, delirio dei (meglio, delle) fan, funambolismo dell’archetto, estro inventivo eccelso. Soldi, tantissimi, spesi al gioco. Donne, un figlio, una morte per sifilide. Una star dell’Ottocento – muore nel 1840 e non ha pace neanche dopo morto – come altre, forse meno diaboliche, tipo Liszt. Simile a quelle del nostro tempo, come Jimi Hendrix, genio chitarrista afroamericano, scomparso a 28 anni nel 1970. Apparentemente i due sono distanti anni luce, in verità i punti in comune sono parecchi: talento immenso, virtuosismo al grado massimo, culto dell’immagine, il look, il pubblico in estasi, il conflitto tra pubblico e privato, l’eredità.

Nella rassegna allestita a Palazzo Ducale, tutto ciò è visibile grazie a documenti, vestiti, immagini di contemporanei e di successori. In particolare fanno impressione il violino di Paganini, da lui chiamato per la potenza di suono “il cannone”, un Guarnieri del 1743; e la chitarra elettrica Fender Stratocaster di Hendrix.

Strumenti che sono il prolungamento delle loro anime oltre del loro corpo. Il lato umano dei musicisti viene dunque in evidenza in modo eclatante. Insieme alla loro eredità. La performance in video di una star dei nostri giorni come Roberto Bolle interpreta, anche improvvisando, il Capriccio n.24 per violino solo di Niccolò. Un atletismo acrobatico che cerca di pareggiare quello dell’archetto: Bolle tende a far “suonare “il corpo seguendo le follie e la fantasia di una musica che sfiora il surreale. Impresa difficile, che lo vede emergere dal buio, come in uno spettacolo a teatro, e come faceva Paganini.

Il suono del violino è presente in sottofondo in ogni sala, mente scopriamo i manoscritti di Liszt, che trascrisse per pianoforte i temi di Paganini, e le rielaborazioni di un Dallapiccola. Ma pure i taccuini personali di Niccolò che, da buon genovese, teneva nota di incassi, tournée e incontri, da quelli con l’amico Rossini a quelli col principe di Metternich. Come altri colleghi, tipo Rossini e Donizetti, si serviva del potere e lo serviva quando gli interessava.

Cosa resta oggi di Paganini? Oltre la ritrattistica e le caricature – una forma di successo –, la rivoluzione del violino, tale da far pensare che avesse davvero fatto un patto con Dio o col diavolo. Pazzie acrobatiche certo, nuove tecniche e abbandoni del cuore che svelano un Niccolò fortemente emotivo, romantico, gran compositore. Come Hendrix ha sfidato le convenzioni del suo tempo, ha introdotto un linguaggio nuovo, attualissimo ancor oggi, come dimostrano le esibizioni di David Garrett o di un altro interprete di razza, Salvatore Accardo, presente in video nella rassegna.

Hendrix alla fine degli anni Sessanta del ‘900 ha fatto lo stesso, catapultando il rock verso il futuro. I suoi costumi colorati e fantasiosi esposti in vetrina ricordano un talento incandescente. Il legame fra Otto e Novecento in musica non è poi così allentato come sembra, ma stretto, sotterraneamente presente anche oggi. È il mito dell’arte che sempre si rinnova. Questa è una mostra da non perdere. Fa capire e amare molte cose.

 

Genova, Palazzo Ducale. Fino al 10.3 (catalogo Silvana Editoriale).

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