Padre Evangelista: vivere amando nella Chiesa

Giovanni Grando, ofm, ci racconta il suo primo incontro con Chiara Lubich.
Padre Evangelista
Ho da poco ultimato la lettura del n. 1-2/2009 di Unità e Carismi dal titolo «Chiara e i Carismi». Nello scorrere delle pagine in cuore rimane un senso di immensa gratitudine a Dio Amore e poi a Chiara e alla Redazione vostra. Per questo sento il dovere di comunicare la mia piccola testimonianza, dall’incontro con l’Ideale (era il 1948) fino ad oggi. Dico piccola, perché non ho di più, non furono né frequenze né titoli universitari che mi diedero l’occasione di incontrare l’Ideale, «Dio Amore» come sempre si chiamava nei primi tempi.

 

Era il 1948, anno della mia ordinazione sacerdotale e avevo nell’anima il desiderio di una vita missionaria tra gli infedeli. Per questo scrissi a don Giovanni Calabria (ora Santo) che mi rispose tra l’altro: «Io pregherò per lei, che possa essere disposto a tutto; carta bianca in mano ai superiori…».

 

Mi venne proposto l’incarico di aiuto al procuratore locale delle missioni. Durante questo servizio a Venezia ebbi l’occasione di un incontro con delle focolarine che mi donarono la loro esperienza con «Erano i tempi di guerra e tutto crollava…». Il fatto mi coinvolse direttamente in particolare per l’esortazione finale della focolarina (seppi che era Ida Vettori, conosciuta come Libe): «Cosa buona – mi disse – è vivere amando», ma con una certa prudenza essendo il Movimento ancora in osservazione da parte della Chiesa. Capii che l’importante era proprio «vivere amando, essendo nella Chiesa». Fu proprio questo fatto finale che diede in me il “via” all’accoglienza entusiasta di questo nuovo carisma.

 

Inizialmente era però ancora realtà individuale, non erano ancora nate relazioni con religiosi. Seguirono però incontri nel tempo con le focolarine che seguivano l’accoglienza della nuova esperienza di vita. Era uno scambio di vita che si affermava per la comunione, passando dalla conoscenza personale alla condivisione: rimaneva nel cuore il senso di appartenere alla famiglia di Chiara. Fu così  per qualche anno.

 

Un momento determinante per me è stato l’incontro, sempre a Venezia, con Graziella [De Luca] con la quale ci incontrammo per la prima volta presso una famiglia che ci ospitò; era il giorno precedente la festa della SS. Trinità. Un sabato del maggio 1951. parlandomi, mi portò a fare il vuoto dentro la mia anima e mi parlo di Gesù Abbandonato. Ne fui coinvolto. Il mattino seguente, nella chiesa vicina, facemmo il patto di unità. Anche se non capivo tuta la portata del gesto, ne condividevo l’ideale: amare sempre Gesù Abbandonato. Incominciò allora la mia partecipazione al Movimento, e la compresi come precisa volontà di Dio per me. Quasi balbettando, comunicai ad alcuni confratelli la mia nuova esperienza.

 

Nell’estate del 1951, poi, ebbi dai superiori l’incarico di assistente religioso a dei giovani in montagna. Finito il corso, sapendo che in quel periodo il Movimento si incontrava a Tonadico, chiesi al mio superiore di poter trascorrere una settimana di riposo spirituale tra il verde del creato. Andai così a Tonadico, dove conobbi alcune delle prime focolarine, rividi Graziella e conobbi anche Chiara. non ricordi altri particolari… mi sentii coinvolto dal fascino che traspariva dalla sua persona. Conobbi anche altri sacerdoti e religiosi. Sentivo che quella esperienza nutriva la mia vita.

 

Rientrato in comunità, poco tempo dopo il mio superiore provinciale mi propose l’incarico di cappellano dell’Ospedale di Vicenza, con relativo trasferimento. Prima di iniziare la nuova esperienza chiesi al superiore di poter fare un viaggio a Roma, per visitare San Pietro, San Sebastiano, le catacombe e, con qualche confratello al quale avevo donato la mia esperienza del Movimento, anche qualche focolare di Roma. Fu così che a San Giovanni in Laterano incontrammo Giulia Folonari (Eli) e Gaia… Ricordo questi particolari in quanto per me sono stati importanti per sintonizzare la mia vita cristiana sulla nuova lunghezza d’onda alla quale l’Ideale ci riportava: quella dell’essere sempre famiglia, per realizzare il disegno di Dio.

 

Ritornai da Roma ricco di luce e disponibilità nel nuovo servizio affidatomi. Non avevo mai incontrato difficoltà da parte dei superiori o impedimenti alla mia partecipazione agli incontri del Movimento. Conoscevano la mia disponibilità alla vita missionaria. Nell’attesa intanto mi ero diplomato in elettro-radiotecnica (erano gli anni 1949-1951). Per me l’importante era amare e vivere la volontà di Dio. Il servizio a contatto con gli ammalati e il personale dell’Ospedale mi offriva le più positive occasioni. Non avevo difficoltà ad esprimere i miei valori e i miei carismi: di Francesco e dell’Ideale. Vidi così  fiorire adesioni al nuovo carisma. Sentii per questo l’opportunità di comunicare con l’arcivescovo di Trento, mons. Carlo De Ferrari, che mi rispose personalmente su come comportarmi in merito al Movimento con il vescovo di Vicenza.

 

Il cammino proseguiva positivamente, con esperienze di vita e la possibilità di partecipare a tutte le mariapoli fino al 1959 (a Fiera di Primiero). Di quegli anni, ricordo in particolare le mariapoli del ‘52 e del ’53 che mi diedero il dono di celebrare la santa Messa per Chiara e le focolarine a lei più vicine, tutti i giorni nella chiesa di San Vittore. Sento ancora l’aria di Paradiso vissuta in quelle esperienze e nel colloqui personale con Chiara. Sempre sentivo il richiamo alla fedeltà a Francesco e alla Chiesa… Amare, essendo nella Chiesa. Il cammino dunque proseguiva in me in piena armonia tra i due carismi, quello francescano e quello dell’Opera di Maria.

 

Iniziai così il cammino con gli altri religiosi che vivevano l’Ideale, partecipando alle scuole e agli incontri: dai primi tempi con p. Lombardi, dal Mondragone al Centro Mistici Corporis, fino al Centro dell’Opera, Castel Gandolfo, Cadine ecc. E poi gli incontri con Valentino Vadagnini, ad Asolo, e al Bondone nel 1967. Sempre in compatibilità con gli incarichi ufficiali che avevo con la famiglia francescana e sempre in obbedienza ai miei superiori.

 

Non posso tralasciare di ricordare l’incontro personale con Chiara nel 1995 a Riva del Garda. salutandoci mi disse: «Ma sei diventato più giovane!». E la mia risposta: «Tutta la mia unità».

 

Dopo sessant’anni di vita nell’Opera – e alla non trascurabile età di 87 anni – ascoltando l’eco di questi ricordi nella mia anima risuona forte la Parola che ha guidato tutta la mia vita: «Tutti siano uno».

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