Orizzonti larghi e radici profonde

A colloquio con padre Tommaso Bernacchia, dossettiano, che vive nella comunità di Monte Sole, vicino a Bologna. Nell’angusto presente, fa bene guardare al passato per trovare vie di uscita dall’impasse

Padre Tommaso Bernacchia ha lo sguardo mite, che cova però una forza che gli ha permesso di restare 30 anni in Giordania e 7 a Gerico. È stato poi richiamato per dirigere la congregazione dei “dossettiani”, cioè della Piccola famiglia dell’Annunziata fondata da Giuseppe Dossetti, dopo essersi ritirato dalla politica attiva con la Democrazia Cristiana il 25 marzo del 1958. Si ritirò così nella comunità di Monteveglio nel 1968, dopo l’allontanamento del card. Lercaro da Bologna. La Piccola famiglia è una realtà nata poco alla volta, dal 1953 al 1968, dapprima nella mente di Dossetti, poi nella vita comunitaria coi suoi primi compagni e le sue prime compagne. Nel 1968 ha avuto una sede a Monte Sole, nota universalmente perché lì ebbe inizio una delle più tremende stragi della Seconda guerra mondiale, quella di Marzabotto, perpetrata dai nazisti in ritirata con supporto di brigate fasciste. È scritto nella Piccola regola della comunità dossettiana: «La nostra regola va ricavata dall’assidua e amorosa meditazione dell’Evangelo e va attinta dalla fiduciosa predilezione per 4 santi: Ignazio Martire, Benedetto, Francesco e Teresa di Gesù Bambino». Cioè santi “apertissimi” alla novità del Vangelo.

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Dossetti parlava di «orizzonti larghi»…

Lo sguardo in avanti – mi dice padre Bernacchia – è il nostro chiodo fisso. Cerchiamo sempre quel che può provocare un risveglio del cristianesimo e un suo adattamento virtuoso alla realtà dell’oggi. Dossetti è sempre stato dominato da un pensiero: il più deve ancora venire, sia nel bene che nel male. Per andare avanti bisogna avere radici profonde, e quindi vanno rivalorizzate le sorgenti di sempre, la Bibbia, la comunità cristiana autentica. La situazione anche odierna del cristianesimo italiano ha bisogno di orizzonti larghi, mentre la comunità cristiana non ha una preparazione adeguata, culturale e politica, perché non ha radici solide e non vuole scoprirle. All’epoca del Dopoguerra, Dossetti sottolineava come c’erano sì i numeri nel mondo cattolico, ma non la qualità: tolta l’élite, c’era poco, la dimensione spirituale era negletta. Per questo aveva fondato il Centro di documentazione assieme a Lercaro, sognava una comunità di laici attivi, capaci di buttarsi nello studio e nella vita. Finché la vita ha preso il sopravvento sull’aspetto culturale, e la comunità ha preso più spazio nella vita di Dossetti. Quali le radici? La Parola e l’incontro con Dio. Parola che è “inconfrontabile” con qualsiasi altra fonte. Da cui le sue parole forti contro lo “sfilacciamento” e la “dimenticanza” che colpivano la comunità dei cattolici. Non credo che le cose siano molto cambiate dai tempi di Dossetti.

Sconfitta del cristianesimo?

Dossetti con dolore sarebbe indotto a dire: quel che veniva proposto non è stato adottato. Il Concilio è stato tradito. Il Concilio è stato celebrato, ma tradito il più delle volte. Che ne è della riforma liturgica? Che ne è della riscoperta della battesimo? E la Bibbia?

Il male fa capolino di nuovo, le stragi di Marzabotto si ripetono nella strage di Kigali, di Qaraqosh, di Christchurch e di Colombo…

La Bestia del potere c’è sempre. Domanda difficile quella della violenza che sposa i credo religiosi. Qui a Marzabotto erano battezzati sia coloro che sono morti che coloro che sparavano. Come ci si può professare credenti e usare violenza anche ideologica, fino al cinismo e alla barbarie? Da dove viene? Qual è questo Dio che predica violenza? I fraintendimenti della Bibbia e del Corano, e degli altri libri sacri, sono drammatici. Bisogna rispondere al tema della violenza associando ad essa la mitezza, l’umiltà che stravolge le basi stesse della violenza. Così possiamo presentarci gli uni di fronte agli altri in forma disarmata, spoglia di definizioni e di certezze.

Come leggere l’oggi della politica europea?

Da una parte siamo impotenti. Dall’altra possiamo molto. Prendiamo la nostra comunità, siamo un centinaio appena, compresi gli sposati. La scelta del Medio Oriente, cioè le radici, e la scelta del sud, cioè i poveri, sono pungolo per le nostre comunità ma anche riconquista delle nostre radici. Teniamo presente la realtà italiana come delle sentinelle nella notte, ma avendo sempre nello spirito le grandi moltitudini non cristiane. Non possiamo ripiegarci sui nostri piccoli confort o sulle nostre miserie culturali. Bisogna sempre avere lo sguardo di Cristo sulla folla.

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