Organizzazione di Shangai: cos’è e cosa non è

L’Organizzazione di Shanghai ha un punto focale, che è proporsi come altro dall’Occidente, ma non sembra dotata di un progetto condiviso fino in fondo. 
(Alexandr Demyanchuk, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)

A Samarcanda, lo scorso 15-16 settembre, non è andato in scena il “mondo nuovo”. Il vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco), che include Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan, Uzbekistan, India, Pakistan e Iran, non ha inaugurato un nuovo fronte pro-russo mondiale, semmai ha confermato la presenza di un mondo anti-occidentale.

Se la partita fosse consistita nel segnare punti a favore della Russia o dell’Occidente, potremmo dire che la contesa si è risolta con un pareggio. L’organizzazione di Shanghai (2001), che in principio non intende essere un’alleanza vera e propria, tuttavia nel corso degli anni si è trasformata in un’area geo-strategica che ambisce a giocare un ruolo non solo in Asia, ma negli equilibri globali.

Frenata per lungo tempo dalla contrapposizione tra Cina e India, l’organizzazione ha riacquistato forza e sostanza negli ultimi anni. L’adesione formale dell’Iran segna, da ultimo, la tendenza a costituire un polo alternativo e oppositivo all’Occidente, con l’obiettivo di porsi come riferimento nel sistema di sicurezza (o di insicurezza) regionale.

L’aggressione russa all’Ucraina, da un lato, e le recenti tensioni nello Stretto di Taiwan, dall’altro, hanno fatto da collante alla Sco, ma questo non si è tradotto in un sostegno incondizionato a Mosca. I Paesi centro-asiatici che ne fanno parte tentano, da anni, un delicato gioco di equilibri, tra la dipendenza da Mosca e la volontà di rafforzare la loro indipendenza e autonomia.

A ciò si aggiungano i crescenti attriti nell’indo-pacifico, che hanno subito un’impennata dopo la creazione di Aukus, l’intesa sui sommergibili nucleari tra Australia, Gran Bretagna e Stati Uniti (che ha lasciato a piedi la Francia, che pure aveva preso accordi con l’Australia) e che soprattutto la Cina tende ad interpretare come un’alleanza militare di nuovo conio.

Da parte sua, l’India resiste all’abbraccio russo, soprattutto perché ritiene di avere ormai uno statuto di potenza regionale, ma non intende lasciarsi “arruolare” da Mosca nella grande contesa politica contro gli Stati Uniti, né intende lasciare campo libero alla Cina nell’Organizzazione.

Insomma,l’Organizzazione di Shanghai ha un punto focale, che è proporsi come altro dall’Occidente, ma non sembra dotata di un progetto condiviso fino in fondo. Le organizzazioni internazionali a carattere regionale sono in genere una buona cosa, ma bisogna capire l’uso che ne viene fatto. Certamente è un bene che l’Organizzazione riunisca sotto uno stesso tetto Paesi di forte rivalità, come India e Pakistan, Cina e India, oltre all’Iran (un “sorvegliato speciale” nella non-proliferazione nucleare). Ma se l’unione fa la forza, non è secondario stabilire in che direzione viene diretta tale forza. Per ora essa si limita a dire un no all’Occidente, senza però dire un sì alla politica distruttiva di Mosca.

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