Onu 60 anni per crscere e migliorare

L’organizzazione delle Nazioni unite ha compiuto in questi giorni i suoi primi sessant’anni. Quel primi, pronunciato proprio mentre da più parti ci si interroga sull’opportunità di tenere in vita una struttura così costosa, controversa e chiacchierata, è volutamente provocatorio. Non siamo mai stati teneri, anche su queste pagine, nei confronti dell’Onu, forse in proporzione alle nostre attese che, per chi ha come ideale il mondo unito, non potevano che essere grandi. Grandi come le molte delusioni provate a partire da quell’anno cruciale in cui la fine della guerra apriva gli orizzonti alle più rosee speranze. Per me, studentello ancora alle prese con il greco e il latino del ginnasio, ma con la testa affollata dalle più velleitarie vocazioni, l’Onu in quegli anni era soprattutto il Palazzo di Vetro. Fra i pur bellissimi grattacieli di New York, quel parallelepipedo così pulito, complice Le Corbusier, era il più bello. Non ricordo quando incominciai a interessarmi di cosa stava avvenendo dentro quelle stanze. Certo fu più tardi, quando mi accorsi che al di là delle armonie delle forme, altre tensioni che non fossero quelle della statica, si confrontavano e confliggevano dentro quegli edifici trasparenti. Uomini importanti, che rappresentavano quasi tutti i popoli del pianeta, là si davano convegno per misurarsi sui problemi, dirimere controversie, scongiurare conflitti, pianificare interventi di aiuto nelle emergenze umanitarie, o di dissuasione quando non era più sufficiente ammonire. Dalle ceneri del Secondo conflitto mondiale fermatosi, dopo lo shock delle prime esplosioni nucleari, sull’orlo di una possibile estinzione della specie umana provocata dall’uomo stesso, era partita una lenta ma costante rimonta per scongiurare quell’evento e porre le basi di una durevole convivenza pacifica fra tutti gli abitanti del pianeta Noi, popoli delle Nazioni unite – esordiva lo statuto dell’Onu -, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra, a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, a creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale possono essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale, abbiamo deciso di unire i nostri sforzi. Una dichiarazione d’intenti, già ripetuta in forme diverse nei secoli passati da uomini ambiziosi che volevano unificare il mondo sotto il proprio potere, veniva qui ribaltata nella sostanza, perché la risoluzione presa dai primi 51 membri fondatori delle Nazioni unite era di farsi carico dei bisogni degli altri per realizzare quegli intenti, unificando gli sforzi di tutto il pianeta. I fatti hanno contraddetto in parte questi princìpi. Da allora più volte l’umanità si è affacciata sull’orlo del baratro, ma è sempre stato possibile ripartire prima che avvenisse l’irreparabile. Certo, anche all’ombra delle bandiere dell’Onu sono avvenute cose atroci. Enormi peccati di omissione hanno impedito interventi di dissuasione che pure sarebbero stati praticabili relativamente a molti conflitti. Si pensi soltanto alla guerra di Bosnia e a quella sui Grandi Laghi africani e alle stragi compiute sotto gli occhi dei caschi blu. In quei momenti, davanti al fallimento dell’Onu, è parso che il mondo avesse bisogno di un nuovo tutore; ed in quel vuoto si sono inseriti gli Stati Uniti, perché anche l’Unione europea, che nel frattempo si era data una struttura rispettabile, era paralizzata, lacerata com’era al suo interno da contrastanti interessi nazionali. Quando, dopo l’11 settembre, la tentazione di usare il loro immenso potere indusse gli Stati Uniti a rispondere con la forza a quell’offesa, l’Onu si è trovata davvero fuori gioco. La guerra in Iraq ne ha dimostrato infatti tutta l’impotenza. Non restava più spazio per la mediazione. Anche l’uso della forza, però, ha conosciuto in Iraq i suoi fallimenti. E tuttavia, come non ha potuto l’Unione sovietica esercitare indefinitamente l’arbitrio dentro i confini del suo immenso impero, non potrà un’altra grande potenza, in questo caso gli Stati Uniti, illudersi di esportare la democrazia, imponendola con la forza. Dunque, anche l’esercizio della libertà va scelto liberamente. E ciò rimette in corsa l’Onu. Si dirà che l’Onu è imperfetta, è corrotta, non è per nulla strutturata su princìpi democratici seri. Ed è vero. Troppe volte ne abbiamo denunciato le contraddizioni. Ma per potere essere corretta, l’Onu deve esserci. E già il poter parlare di queste sue contraddizioni, discutere dei suoi peccati originali, è una promessa di cambiamento. Lo dimostrano i progressi fatti sulla strada di quei diritti umani per il conseguimento e la difesa dei quali l’Onu è sorta sessant’anni fa.

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