Omaggio a Billie Holiday

Lo spot Martini, firmato negli anni '90 da Moshe Brakha, è un omaggio a Billie Holiday e al ricordo della sua persona che combatte per i diritti civili negli Usa, dei neri come dei bianchi che rischiano la vita per sostenere la presenza della cantante afro-americana nei loro concerti.

Lo spot Martini, firmato negli anni ’90 da Moshe Brakha, è un omaggio a Billie Holiday e al ricordo della sua persona che combatte per i diritti civili negli Usa, dei neri come dei bianchi che rischiano la vita per sostenere la presenza della cantante afro-americana nei loro concerti. Il cast selezionato dal regista e fotografo Moshe, gira lo spot in Liguria tra Santa Margherita e Portofino. Come modella devo interpretare il ruolo della cantante in un elegante stile anni ’30-’40. Nell’ immaginario onirico del Woody Allen degli spot, Moshe Brakha, Billie Holiday trasmette ancora il ricordo di “Strange Fruit”, quel “Bitter Fruit” del poeta Abel Meeropol, divenuto l’ inno di protesta per i diritti civili negli Usa, sostenitrice dell’ integrazione fra razze, donna dalle grandi battaglie per la libertà.

«Ascoltando Billie, si ha davvero l’impressione di stare ai piedi dell’ albero», dove è avvenuto il linciaggio di un nero. Billie, prima di cantare, chiude gli occhi, come in preghiera, contro l’apartheid e l’orrore del razzismo, unica vocalist afro-americana ad esibirsi insieme ai musicisti bianchi di Artie Show nei locali degli Stati del Sud, dove suscita opposizioni e minacce da parte di tutti. Non fa differenza per Billie l’essere bianca o l’essere nera: «Questa canzone – dice Billie – aiuta a distinguere le persone “a posto” dagli idioti e dai cretini», sia che siano bianchi, sia che siano neri. Billie, voce intensamente drammatica, elegante jazz, espressiva interprete di blues, che  sceglie di chiamarsi “Billie”, in omaggio all’ attrice bianca “Billie Dove”, leggendaria bellezza e diva anni ’30 del film The American Beauty, deve usare l’ingresso riservato ai neri e rimanere lì, fino all’ entrata in scena. Gli U2 le dedicano Angel of Harlem. Lady Day dagli occhi di diamante, vede la verità oltre le bugie”, in ricordo degli inizi della carriera nei club di Harlem, quando la chiamano “La Signora” perchè rifiuta di ricevere mance. Negli anni ’90, Moshe reinventa tutto questo, rievocando con me, come nuova interprete, per brevi istanti, questa leggenda, che vive con “bitter taste” il superare ogni confine di pregiudizi di razza.

 

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