Omaggio a Peter Maag

Il direttore d’orchestra scomparso dieci anni fa, celebrato dalla “sua” Orchestra padovana
peter maag

Dieci anni fa moriva Peter Maag, uno dei più noti ed interessanti direttori d’orchestra del secondo Novecento. L’Orchestra di Padova e del Veneto ha reso omaggio, la scorsa settimana, con una speciale giornata, alla memoria del musicista che dell’orchestra fu direttore principale per quasi vent’anni, contribuendo a definirne il profilo artistico e musicale.

 

Nato in Svizzera, Maag, figlio di un teologo di fama e di una violinista, studiò teologia con Karl Barth e musica con Czeslaw Marek; fu assistente, a vario titolo, di Toscanini, Ansermet, Cortot, Furtwängler.

 

Padova ha affidato il ricordo di Maag a Gioacchino Lanza Tomasi, Mario Messinis, Filippo Juvarra, Jacopo Pellegrini, Francesco Maria Colombo, critici, musicologi e direttori artistici di enti orchestrali che con Maag lavorarono, furono amici e partner professionali nelle stagioni della maturità artistica.

 

Ricordi ammirati affettuosi e pacati, testimonianze dirette della vita di un artista straordinario e di un uomo di grande umanità, capace di astrazioni filosofiche e di divertenti episodi di vita.

 

Come per ogni festa c’era una sorpresa. È stato infatti presentato il nuovo, elegante e documentato sito internet, www.peter-maag.com, nato nell’ambiente padovano dell’orchestra e Marica Franchi Maag, vedova del maestro, ha fatto sapere che renderà disponibile un’incisione su nastro magnetico del secondo concerto di Rachmaninov con Maag al piano, diretto da Alfred Cortot, testimonianza di quegli anni cinquanta in bilico tra le carriere di pianista e di direttore.

 

Sarebbe stato Wilhelm Furtwängler, dopo averlo diretto nel quarto concerto di Beethoven, a consigliare la scelta del podio al musicista incerto tra la carriera di pianista e direttore.

 

La festa continua all’auditorium del Conservatorio col monumentale omaggio musicale al maestro. La “sua” orchestra gli regala l’integrale dei concerti per piano di Beethoven suonati e diretti, tra pomeriggio e sera, da Rudolf Buchbinder.

 

Il Beethoven di Buchbinder è vitale, leggero, se mai l’aggettivo leggero potesse essere attribuito a Beethoven; l’interpretazione è brillante senza i drammatici struggimenti romantici e le retoriche fumose che furono quasi un luogo comune dell’interpretazione romantica di questo compositore.

 

Affascina, è accattivante, in Buchbinder, l’agilità, la pulizia del tocco, il nitore del fraseggio, l’approccio quasi virtuosistico alla tastiera con un suono distinto, puro, agile. Con Buchbinder il pianoforte assume un ruolo di primo piano, ancora più preminente di quel che la partitura beethoveniana già prevede. Quello che risalta è più il Buchbinder pianista che direttore, con una partnership interpretativa fortemente sbilanciata a favore dello strumento solista.

 

L’interpretazione beethoveniana di Buchbinder è l’omaggio ideale a Peter Maag che dell’interpretazione del repertorio classicista fu il grandissimo innovatore, che restituì al repertorio classicista gli organici orchestrali dell’epoca, recuperando sonorità, equilibri e flessibilità del suono, leggerezza e spontaneità che erano andate travisate e perse con il post-romanticismo.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons