Oltre la disabilità per riconoscere e valorizzare i talenti

Un incontro a Palazzo Borromeo a Roma, sede dell'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede, è servito a fare il punto sulla situazione, mettendo a confronto storie diverse, urgenze, problemi da cambiare e progetti da condividere.
Disabili

Interessante la tavola rotonda che si è svolta a Palazzo Borromeo, sede dell’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, in occasione delle Giornate internazionali delle persone con disabilità e del volontariato. «Una globalizzazione dell’etica e non solo dei mercati» è stato l’auspicio dell’ambasciatore Pietro Sebastiani nel discorso introduttivo intessuto di riferimenti a quanto di più profondo costituisce la nostra storia, cultura e ad alcune recenti parole di papa Francesco sul tema della disabilità. Lucido e appassionato, ha fatto prendere coscienza – tra l’altro – di come il volontariato sia uno straordinario patrimonio italiano per il presente e per la costruzione di un futuro che abbia l’uomo al centro.

Monsignor Stefano Russo, segretario  generale della CEI, ci ha fatti entrare entrare nel cammino della Chiesa verso un’attenzione sempre più vigile alla disabilità. Con la consapevolezza che «resta tanta strada da fare, la costituzione di un ufficio apposta è segno di questa attenzione… Lo stile di questo servizio? Comunione e sinodalità». Fermo l’invito a «contrastare la logica dello scarto».

La responsabile dell’apposito ufficio della CEI, suor Veronica Donatello, ha ripreso l’espressione dell’ambasciatore “tutti abitanti di questo giardino” collegandola a quella di papa Francesco “o tutti o nessuno”. In una società in cui il 6% della popolazione è costituita da disabili e di questi il 26% vive in totale solitudine «è un obbligo di civiltà prendersi cura di chi è più vulnerabile, permettere loro di partecipare, narrarsi, accedere alla Parola di Dio attraverso molteplici linguaggi. Tutto questo esige lavorare in sinergia». E già si stanno aprendo spazi e realizzando attività concrete.

Sono seguiti alcuni stralci della puntata dedicata alla fede di “O anche no”, programma televisivo divertente e innovativo come pochi eppure confinato in un orario quasi impossibile: le 9 della domenica mattina, e il dono di un lavoro eseguito da alcuni ragazzi con disabilità offerto da due di loro all’ambasciatore e al vescovo.

Presente anche Giorgio Novello, diplomatico di vasta esperienza internazionale, attualmente top manager di Avio. «Voglio trasmettervi – ha affermato – un messaggio molto positivo ma realistico». La dottoressa che anni fa gli aveva diagnosticato la sclerosi multipla gli aveva detto: «Giungerà ad amare la sua malattia». Pura retorica, pensò lui allora, «Eppure – ha confessato – si sta realizzando. La malattia mi ha colpito, ma mi ha dato…». Allora tutto bene? Novello esplode con un “No”, ripetuto con forza 3 volte. «La malattia è una prova molto dura per chi la subisce e per chi sta accanto».

Quindi la narrazione chiara e sofferta di un episodio avvenuto a Padova. Entrato in un bar sul suo scooter elettrico con un amico giornalista, ne era stato allontanato in malo modo, perfino aggredito, nell’indifferenza di alcuni passanti. In un attimo da ambasciatore con un’esperienza ricca e gratificante e da brillante manager si sente precipitare nel niente. «Mi sono sentito uno scarto», ha confessato. Qualche dubbio, poi la denuncia, per proteggere chi non ha la sua forza d’animo, per dimostrare che un disabile non è necessariamente un debole e che tutti hanno una parte di responsabilità. In questa sofferenza, la scoperta di forti segnali positivi: il sostegno delle istituzioni – da una poliziotta alla dottoressa del pronto soccorso – il ruolo del volontariato, dei media, il lavoro della ricerca e il contributo delle aziende. «C’è moltissimo su cui possiamo costruire».

Ne dà conferma G. Paolo Ramonda, responsabile dell’associazione Papa Giovanni XXIII. A don Oreste Benzi, dopo una vacanza in montagna, uno dei ragazzi aveva chiesto: «perché non ci portate a casa vostra?», cioè in famiglia, il luogo dove vivere, crescere, morire amati. Sono nate così le case famiglia come quella raccontata nel film “Solo cose belle”. Anche la famiglia di G. Paolo e Tiziana è una di queste, con i suoi 3 figli naturali e i 9 adottati, «tutti con  gravi disabilità e con talenti unici… Il problema più grosso è nostro, saper decodificare il loro linguaggio».

Guido Zovico, del Centro servizio volontariato di Padova ha invece annunciato che proprio la sua città sarà Capitale del volontariato 2020. Ecco il vero volto della città, dell’Italia, che deve emergere con maggior consapevolezza e incidenza. “La comunità che verrà” non è uno slogan, ma un impegno a una crescente valorizzazione del positivo, del bello.

Paola Severini Melograni, direttrice di Angeli Press, ha dato uno sguardo alla complessità del momento attuale, in particolare al mondo dei media. Possono informare o disinformare, aprire o chiudere uno spazio al mistero, che della vita reale è parte. Uno sguardo venato di amarezza per la constatazione che alcuni tentativi di rappresentazione autentica e inclusiva siano trattati essi stessi come “scarto”.

Restano tante le criticità. Eppure, dopo una mattinata così, si rafforza l’impegno a vivere la sfida. E la speranza di vincerla.

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