Olmi racconta il cardinal Martini

Un documentario dal titolo Vedete sono uno di voi ripercorre la vita e le opere del religioso. L’anteprima a Milano il 10 febbraio.
Da sinistra: Romano Prodi, il cardinal Carlo Maria Martini e Mario Monti al convengo sull'Europa del futuro all'Universita' Bocconi di Milano il 28 gennaio 2002. ANSA / BELTRAMI - GAUTELLI

Ha attraversato il Novecento con una lucidità, profezia e apertura straordinari davanti a temi etici di cui ancora oggi si dibatte: la comunione ai divorziati risposati e il testamento biologico. Davanti alle ingiustizie del mondo, il terrorismo nostrano, la corruzione, ha cercato sempre una risposta nella Bibbia. Ora Ermanno Olmi, l’ultimo grande regista italiano che ha saputo cantare e narrare i valori dell’umanità ha realizzato, prodotto da Rai Cinema e dall’Istituto Luce, un documentario che s’intitola Vedete sono uno di voi che ripercorre il percorso del cardinale Carlo Maria Martini. Sarà il Duomo di Milano a ospitare, in una speciale proiezione evento, l’anteprima assoluta la sera del 10 febbraio, in occasione del 37° anniversario del solenne ingresso in diocesi di Martini da arcivescovo di Milano. Il documentario narra la storia personale di un grande uomo che ha saputo affascinare e influenzare migliaia di uomini con la sua capacità di penetrare in profondità e con un pensiero originale i grandi temi di attualità scavando e attingendo nella grande sapienza e lezione di vita che scaturisce dai racconti biblici.

«Nulla lo spiazzava ‒ ricorda Ermanno Olmi ‒, lo sorprendeva. Immediatamente trovava una risposta nella Bibbia». La sua vicenda è messa in relazione con la grande storia contemporanea perché si sono volute «riannodare ‒ ha dichiarato lo sceneggiatore Marco Garzonio ‒ le fila della sua storia religiosa sul contesto delle mutazioni del Paese e degli avvenimenti cui Martini ha partecipato».

«Con la sue lettere personali ‒ scrive Giangiacomo Schiavi sul Corriere della sera ‒ il cardinale diventa seminatore di speranze, vescovo del dialogo, sollecita l’attenzione verso gli altri, gli umili, le persone dimenticate o ferite nella dignità, invita i giovani a comunicare con il silenzio e spiazza tutti quando chiama chi non crede in Duomo, per interrogare e interrogarsi».

Nei miei ricordi personali la lettera pastorale Il lembo del mantello del 1991 ebbe un impatto decisivo per far maturare la mia scelta di lavorare nel campo della comunicazione. Martini paragona l’episodio evangelico del lembo del mantello di Gesù alla televisione perché scopre tre elementi comuni al mondo dei mass media: la massa, la persona e la comunicazione. La massa è la folla anonima che si stringe attorno a Gesù. «Molti lo toccano, anche fisicamente, ma non succede nulla». Sono i fruitori passivi dei mezzi chiamati, appunto, di massa. Dalla folla, però, emerge una persona con un bisogno, un desiderio. Ha una tale fiducia in Gesù che pensa gli basti toccare il suo lembo del mantello per essere guarita dalla sua malattia. «Vive un processo di forte personalizzazione. Dalla massa emerge una persona».

La comunicazione tra Gesù e la donna guarita non avviene per un contatto diretto, ma attraverso un mezzo, il lembo del mantello. Anche attraverso «gli strumenti della massificazione dei messaggi è possibile una vera comunicazione umanizzante e addirittura salvifica. È necessario ‒ sottolinea il cardinal Martini ‒ favorire il processo di “uscita dalla massa”, perché le persone, dallo stato di fruitori anonimi di messaggi e delle immagini massificate, entrino in un rapporto personale come recettori dialoganti, vigilanti e attivi».

Qualche mese prima della sua morte, il 31 agosto del 2012, chiamai don Gianni Zappa, il fedele responsabile dell’ufficio stampa, per chiedere al cardinal Martini una breve intervista televisiva. Mi rispose che, ormai, non era più in grado di farlo. Gli raccontai, allora, l’episodio de Il lembo del mantello, di quanto fosse stato per me fonte d’ispirazione per una visione positiva per il mio impegno nel mondo della comunicazione e gli dissi di ringraziare il cardinale di quanto, anche personalmente, attraverso il suo esempio e i suoi libri, mi avesse dato. Attesi al telefono. Glielo riferì e mi ringraziò di cuore a nome suo.  Fui colpito da questo gesto di un grande uomo.

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