Olimpiadi: cosa resta di Tokyo 2020 (1)

Prima parte del nostro “alfabeto olimpico”. Per ricordare fatti e personaggi più significativi dei Giochi a cinque cerchi appena terminati.
Fireworks illuminate over National Stadium during the closing ceremony of the 2020 Tokyo Olympics, Sunday, Aug. 8, 2021, in Tokyo. (AP Photo/Kiichiro Sato)

A come Atletica Leggera. Che trionfi per la nostra atletica. 5 ori in una sola edizione, come nessuno alla vigilia avrebbe mai potuto pronosticare. Come mai è successo prima e come probabilmente sarà difficile accadrà di nuovo in futuro. Le due vittorie nella marcia, specialità che non ci tradisce mai. La fantastica volata della staffetta 4×100 maschile. E poi “il giorno dei giorni”, quella domenica che rimarrà per sempre nella nostra memoria con i successi, in poco più di dieci minuti, nei 100 metri e nel salto in alto.

B come Biles. “Devo salvarmi dai miei demoni”. Parole di Simone Biles, la ginnasta statunitense attesa alla vigilia come una delle stelle di questi Giochi. Proprio queste grandi aspettative le hanno fatto fare tilt. “Quando sono sul tappeto ormai mi sento sola con il mondo sulle spalle. A queste Olimpiadi sto partecipando per gli altri e non per me”. Un disagio dapprima “silenzioso”, poi comunicato al mondo intero, che ci mostra come anche gli atleti più forti sono soprattutto essere umani come tutti noi.

C come Caleb Dressel. È lui il personaggio copertina di Tokyo 2020. Cinque medaglie d’oro per questo fenomenale ragazzo americano. Lo chiamano “il nuotatore profeta”, lui che legge la Bibbia e in passato si è fatto scrivere anche alcuni salmi con il pennarello sotto gli occhi. Tipo solitario e grande amante dei tatuaggi, con una straordinaria acquaticità, l’erede di Phelps porta sempre con sé un portafortuna “speciale”: una bandana blu, che apparteneva ad una sua insegnante morta di tumore.

D come Dell’Aquila. La prima volta, non si scorda mai. È stata di Vito Dell’Aquila, un ragazzo ventenne alla sua prima partecipazione ai Giochi, la medaglia d’oro numero uno di questa straordinaria Olimpiade per i colori azzurri. Le immagini delle gare di Vito hanno portato nelle case degli italiani il taekwondo, una di quelle discipline che da noi non godono di grande visibilità mediatica se non ogni quattro anni. Il suo successo, ne siamo certi, spingerà ora tanti bambini, che vedono in lui un idolo, a voler provare ad emularne le gesta.

E come Emozioni. Ne abbiamo vissute tante in queste Olimpiadi. Ci siamo esaltati per la vittoria di una medaglia, abbiamo gioito o siamo rimasti delusi per una sola stoccata o per un solo centesimo di secondo in più o in meno. Dettagli, che nello sport spesso fanno la differenza tra la gioia ed il dolore. Sì, queste Olimpiadi ci hanno emozionato anche perché, simbolicamente, hanno rappresentato il ritrovarsi di nuovo insieme dell’intero pianeta dopo la pandemia che nell’ultimo anno e mezzo ha condizionato le nostre vite.

La fiamma olimpica brucia durante la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi nello stadio olimpico, domenica 8 agosto 2021, Tokyo, Giappone. (AP Photo/Jae C. Hong)

F come Federica Pellegrini. Non ha vinto, ma è come se lo avesse fatto. La “Divina”, ha centrato la quinta finale olimpica nella stessa specialità (i 200 metri stile libero), prima donna nella storia del nuoto a riuscirci. Un lungo percorso, da Atene 2004 a Tokyo 2020, tra successi e qualche delusione, durante il quale Federica ha scritto pagine di storia “indelebili” che ne fanno una delle più forti atlete di sempre del nostro sport. Una ragazza che, come l’Araba fenice, uno dei suoi tatuaggi preferiti, ha saputo più volte risorgere dalle ceneri.

G come Giapponesi. All’inizio erano spaventati, per paura che i Giochi facessero lievitare i casi di Covid che proprio in queste settimane da quelle parti hanno raggiunto il loro picco. Poi, almeno la maggioranza di loro, via via si è “lasciata andare”, appassionandosi sempre di più per le imprese dei propri atleti. Che, alla fine, hanno vinto ben 58 medaglie (di cui 27 d’oro). Anche se non hanno potuto essere fisicamente presenti, i giapponesi si sono incollati alla tv, tifando per i propri beniamini e facendo registrare un vero boom di ascolti.

H come Hongchan Quan. Quattordici anni e un talento infinito. Questa nuotatrice cinese ha vinto, dominandola, la prova dei 10 metri di tuffi dalla piattaforma. Così brava che, in due tuffi della finale, i sette giudici le hanno dato tutti il massimo dei voti: 10. Una cosa che accade molto raramente. Quello della Quan è un successo che nasce da una motivazione fortissima: lei, figlia di contadini, ha cercato di emergere nel suo sport anche per guadagnare i soldi necessari per curare la madre malata.

I come immarcescibile. Fino a quando ci si può allenare per cercare di vincere una medaglia a cinque cerchi? In alcune discipline, come l’equitazione, ci si può provare anche oltre le sessanta primavere. Per informazioni chiedere al cavaliere australiano Andrew Hoy. Che ha disputato la sua prima Olimpiade a Los Angeles nel 1984, praticamente una vita fa, e che a Tokyo, alla “veneranda” età di sessantadue anni, ha vinto a poche ore di distanza l’argento nel concorso completo a squadre ed il bronzo individuale nella stessa specialità.

L come Lamont Marcell Jacobs. Alzi la mano chi solo qualche mese fa pensava che un italiano potesse vincere una medaglia nella gara più attesa delle Olimpiadi: i cento metri maschili. L’oro poi, sembrava solo uno di quei sogni destinati a non avverarsi mai. Invece, il ventiseienne azzurro, di ori ne ha vinti addirittura due. Perché, dopo l’incredibile successo ottenuto nella prova individuale, ha trascinato alla vittoria anche la staffetta 4×100, in quello che rimarrà come uno dei momenti più esaltanti dei nostri Giochi.

M come Mamma “volante”. Allyson Felix ha cominciato a vincere medaglie olimpiche ad Atene, nel 2004. E non si è fermata più. A trentacinque anni, si è presentata a Tokyo per battere un record e divenire l’atleta statunitense più medagliata nella storia olimpica di questo sport. Lei, che tre anni fa dopo essere diventata mamma ha rischiato di perdere la piccola Cammy dopo il parto (la figlia finì per un mese in terapia intensiva), c’è riuscita, arrivando a quota 11 dopo aver conquistato il bronzo nei 400 metri e l’oro nella staffetta 4×400.

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